È possibile che una grande industria allevi polli eliminando quasi completamente gli antibiotici? Secondo Mother Jones, rivista on line americana che si occupa di ambiente e diritti, sembra proprio di sì. L’industria è la Perdue, un gigante del settore, quarto produttore di pollame degli Stati Uniti e leader incontrastato nel Delmarva, la penisola nella costa Orientale che garantisce da sola il 10% della produzione nazionale. A stimolare l’attenzione di Tom Philpott, reporter specializzato in alimentazione e agricoltura è stato un report del Movimento consumatori che segnalava come nel pollame proveniente dagli allevamenti intensivi della Perdue si trovassero meno batteri antibiotico resistenti rispetto a quelli presenti sui prodotti della concorrenza.
Oggi Perdue ha due linee di produzione: due terzi dei polli venduti sono etichettati come “no antibiotics ever“, mai trattati con antibiotici. «Costano circa il 20% in più – l’azienda spende tre o quattro dollari in più per ogni dollaro risparmiato con la riduzione in vaccini», spiega Bruce Stewart-Brown, vicepresidente di Perdue, ma l’anno scorso l’azienda, a fronte di una crisi del settore, ha visto aumentare le vendite rispetto ai propri concorrenti. L’azienda ha cominciato a sospendere i trattamenti routinari di antibiotici nel 2012, e nel 2014 ha annunciato di aver eliminato la gentamicina, uno degli antibiotici più efficaci contro infezioni che colpiscono gli umani. È stato cancellato perfino il trattamento previsto negli incubatoi, la fase più difficile dell’allevamento. Quando il pulcino è ancora nell’uovo viene somministrato il vaccino per la malattia di Marek attraverso aghi sottilissimi sterilizzati che penetrano nel guscio, mentre negli incubatori vengono poi aggiunte piccole dosi di gentamicina per evitare contaminazioni batteriche durante la vaccinazione. Il problema della contaminazione è stato risolto, spiega il giornalista americano, imponendo ai produttori di consegnare le uova pulite e preparando i vaccini in condizioni sterili.
Cosa ha spinto la Perdue ad andare controcorrente? Il presidente dell’azienda John Perdue sostiene di aver voluto rispondere alle preoccupazioni dei consumatori, allarmati per il diffondersi dell’antibiotico resistenza, ma anche anticipare l’atteso divieto di usare gli antibiotici come promotori di crescita, arrivato negli Usa solo nel 2011, ma con una proroga fino al 2016 per le aziende. In realtà già da decenni la comunità scientifica manifestava preoccupazioni per la crescente antibiotico resistenza: il primo articolo sul tema è apparso sul New England Journal of Medicine nel 1969. Risale invece al 1950 la scoperta quasi casuale che gli antibiotici potevano servire a incrementare il peso degli animali (la vitamina B12 usata negli allevamenti era un sottoprodotto della produzione di un antibiotico, l’aureomicina, e ne conteneva tracce) e da allora il consumo negli allevamenti è aumentato moltissimo, più di sei volte tra il 1960 e il 1970. Una vera e propria rivoluzione antibiotica, così la definisce Philpott, che ha permesso lo sviluppo dei grandi allevamenti: se nel 1950, in Usa circa 1.600.00 fattorie producevano circa 560 milioni di capi, nel 1978 gli allevamenti erano scesi a 31.000, prevalentemente di gradi dimensioni, con una produzione complessiva di oltre tre miliardi di animali.
In passato, pur con i problemi legati all’antibiotico resistenza ben noti agli allevatori, gli antibiotici come promotori di crescita erano un vantaggio. Oggi, grazie a migliori condizioni negli allevamenti a metodi di selezione delle razze più efficiente, i benefici sono modesti se messi a confronto con le esigenze dei consumatori. Un esperimento avviato da Stewart Brown nel 1998, con sette milioni di capi e diciannove allevamenti, mostra che in termini di peso il vantaggio dell’uso degli antibiotici non supera i 10/15 grammi a capo. Risultato: dall’inizio del 2016, due terzi dei 676 milioni di animali macellati ogni anno da Perdue non sono trattati con antibiotici. Per i restanti si usa mangime addizionato con nicarbazina, appartenente a una classe di antibiotici non utilizzati per gli umani, per prevenire la coccidiosi: una procedura comunque in via di dismissione grazie all’introduzione di un vaccino. A parte questo, gli antibiotici sono usati solo per trattare gli animali malati, circa il 4% dell’intera produzione. Come sia possibile lo spiegano le condizioni dei capannoni, un ambiente che il giornalista descrive come ventilato e pulito, senza l’odore acido e insopportabile caratteristico di questo tipo di allevamento. Inoltre l’azienda utilizza probiotici – in una combinazione tenuta segreta per ragioni di concorrenza – per migliorare la composizione del microbioma degli animali rafforzandone il sistema immunitario insieme a una terapia naturale a base di origano per prevenire alcune infezioni, presa in prestito da un’azienda biologica acquisita nel 2011, la Coleman Natural Foods. «Rinunciare agli antibiotici – spiega Stewart Brown -, ci ha costretti a preoccuparci del benessere del pollame: mentre in passato le luci restavano accese perennemente nei capannoni, oggi sono spente quattro ore a notte per permettere agli animali di riposare».
Altri produttori stanno cercando di seguire l’esempio di Perdue, grazie a Mc Donald che ha fatto sapere di voler rinunciare a carni di animali trattati con antibiotici: Tyson, il maggior produttore americano di pollami, ha annunciato di voler eliminare tutti gli antibiotici importanti per la salute umana entro il settembre 2017. Per gli allevatori di bovini e maiali, ricorda Philpott, i tempi somo più lunghi: nel settore del pollame è il rapido accrescimento dei volatili – poco più di un mese dalla schiusa alla macellazione – permette di valutare costi e benefici in tempi rapidi. Ma il problema maggiore è un altro, conclude il giornalista americano: «Il mercato globale ci ha reso più vulnerabili ai superbatteri. Mentre noi abbiamo esportato la nostra passione per gli antibiotici verso paesi come la Cina, che difficilmente adotteranno un atteggiamento prudente».
giornalista scientifica
Captatio benevolentie in attesa del TTIP si rifà la verginità. Da che pulpito viene la predica… bravi ragazzi!
dalla foto non mi sembrano molto comodi però!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
Non credo la ragione sia questa, Perdue vende soprattutto negli Usa. E trovo comunque apprezzabile che un’azienda migliori le proprie pratiche anche se non costretta dalla legge, quando troppo spesso si vedono aziende ( e paesi) che faticano ad adeguar si a normative già in vigore..
Buongiorno
Io vorrei fare un’osservazione semplice ma che riguarda tutti i consumatori
Leggiamo e riceviamo tantissime informazioni ma raramente abbiamo quelle necessarie alla soluzione del problema
Va bene dire che i polli hanno gli antibiotici e che questi fanno male ma se non ci dite quali prodotti comprare e DOVE
IL PROBLEMA RIMANE
Grazie
Manilla Calabretta
Beh, se vai da un contadino che ha i polli che gironzolano nel suo prato, mangiando solo cibo naturale e impiegando 5/6 mesi per crescere, hai la risposta migliore (e la tenacità e il sapore delle carni non ha nulla a che vedere coi polli industriali, nemmeno quelli “migliori”).
A livello intensivo industriale, i più economici sono ormai arrivati a crescere i polli in soli 23/25 giorni! A quell’età un pollo vero è praticamente ancora un pulcino…fai tu cosa gli danno….
chi può avere un contadino a portata di mano, senza dover far chilometri di autostrada?
Certo, in città non è semplice (magari si può cercare qualche mercato Bio, con piccoli allevatori che vengono a vendere i loro prodotti), ma in Italia la popolazione urbana è circa il 50%, quindi un 30 milioni circa di italiani potrebbero farlo più o meno agevolmente, sempre se lo vogliono.
visto che i polli contengono antibiotici, non sarebbe il caso di venderli solo in farmacia ? etichettandoli comunque …pollo per ml di gola……pollo per tonsillite……pollo per ecc ecc uno risparmirebbe sulle medicine e mangerebbe un prodotto pù salubre in condizione di curare anche il suo malanno !!!
…e magari con la prescrizione del proprio medico!
per coloro che vorrebbero mettersi alla ricerca di contadini, allevatori di polli, non lontani dalle città, se non sanno dove andare, consiglierei di informarsi se esistono i GAS (gruppi di acquisto solidale) nel proprio centro abitato (oramai sono molto diffusi dappertutto), coi quali assumere le giuste dritte in materia.
nell’articolo non c’è scritto ne che i polli contengono antibiotici, ne che i polli hanno obbligatoriamente bisogno di farmaci per crescere.
l’utilizzo dei farmaci veterinari avviene su prescrizione di un veterinario, il quale li prescrive a seguito della supervisione dello stato sanitario dell’allevamento e il controllo autoptico del pollame.
Per quanto riguarda il contadino, tenete presente che questi normalmente non sono sotto controllo da parte delle autorità pubbliche ne eseguono analisi di autocontrollo … e se i polli che hanno presentano qualche segno di malessere, mica li abbattono … acquistano prodotti sul libero mercato e li somministrano, tempi si sospensione? boooo!? i miei nonno hanno fatto questo mestiere per anni, e i nonni degli amici facevano la stessa cosa.
Lodevole il progetto di produrre limitando o eliminando l’utilizzo dei farmaci
Basta comprare carne biologica, oggi la vendono in tutti i supermarcati. O non mangiare carne del tutto, per il benessere vero sia nostro che degli animali:-)