Negli ultimi anni si sente spesso parlare di nanomateriali e nanotecnologie. In diversi ambiti, tra cui quello alimentare, la messa a punto di molecole trasformate fino ad avere diametro medio di pochi nanometri, e la scoperta delle loro caratteristiche chimico-fisiche (a volte significativamente diverse da quelle dei prodotti di partenza), le ha rese protagoniste di una sorta di rivoluzione industriale. Nel settore alimentare le nanoparticelle, quasi sempre d’argento, vengono impiegate negli imballaggi e in alcuni additivi. In Europa non è permesso utilizzarle tra gli ingredienti e, in ogni caso, nelle nuove etichette (che diventeranno obbligatorie dal 14 dicembre 2014 ), la loro presenza dovrà essere segnalata.
Ma cosa hanno stabilito gli studi scientifici sulle caratteristiche e sulla tossicità e cosa viene detto nelle campagne di marketing dove il prefisso “nano” diventa quasi un sinonimo di modernità, tecnologia e salute? La risposta è semplice: molto poco. Per quanto riguarda la sicurezza, si sta cercando di comprendere se e che cosa possa provocare un accumulo nei tessuti del corpo umano, per esempio nel cervello, e nei polmoni, e quali siano le conseguenze di una dispersione di quantità massicce di nanoparticelle nell’ambiente. Fino a ora i risultati sono ancora pochi e mai risolutivi, perché non è passato un numero sufficiente di anni dall’introduzione su larga scala.
Per quanto concerne la loro efficacia, e le presunte qualità rispetto a materiali di dimensioni classiche, la risposta non è molto diversa. Per esempio, non è stato dimostrato in modo chiaro e inequivocabile che le nanoparticelle d’argento svolgano un’azione antibatterica più efficace rispetto ad altri prodotti. Per iniziare a rispondere a queste domande, i ricercatori dell’Istituto zooprofilattico sperimentale delle Venezie, insieme con quelli dello European Center for the Sustainable Impact of Nanotechnology di Veneto Nanotech, hanno condotto uno studio sull’effetto delle nanoparticelle d’argento a contatto con tre ceppi diversi di Salmonelle: la Enteritidis, la Hadar e la Senftenberg, e pubblicato i risultati su Frontiers in Microbiology.
Antonia Ricci, dell’Istituto zooprofilattico Sperimentale delle Venezie, commenta: «Le domande principali dello studio erano due: verificare l’efficacia antibatterica delle nanoparticelle d’argento, e controllare se inducano o meno resistenza. Per analizzare questi aspetti abbiamo compiuto test biologici e genetici e rilevato che i tre ceppi si comportano in modo molto diverso. All’inizio la carica batterica di tutti i ceppi diminuisce, ma in seguito la reazione e il recupero delle tre salmonelle differiscono. La Enteriditis è la più sensibile, e non mostra segni significativi di ripresa. Quando viene eliminata, oppure la presenza risulta molto diminuita, non riesce a riprendere il processo di crescita. All’estremo opposto c’è la Senftenberg, che riesce a recuperare in fretta e quando cresce sviluppa resistenza. A un livello intermedio si pone la Hadar, che torna a proliferare, ma in modo non così efficiente come la Seftenberg».
Ecco dunque una prima risposta sull’efficacia delle nanoparticelle di argento contro alcuni batteri patogeni. Si tratta di un contributo importante perché le salmonelle, sono una famiglia molto diffusa e temuta essendo sovente poco sensibili agli antibiotici. La seconda questione da valutare riguarda proprio la resistenza agli antibiotici, e anche in questo caso, il comportamento varia.
Sottolinea Antonia Ricci: «La resistenza si instaura perché sulla superficie delle cellule batteriche si formano proteine in grado di agire come una pompa e respingere l’ingresso degli ioni di argento veicolati liberati dalle nanoparticelle. Questa caratteristica in alcune specie come la Seftenberg è molto evidente, e si trasmette tra microrganismi, facendo aumentare l’insensibilità anche ad altri agenti antibatterici usati. In questo caso è necessario affrontare un altro aspetto importante: quello della co-resistenza».
La co-resistenza è la resistenza a più classi di sostanze quali, appunto, le nanoparticelle d’argento e certi disinfettanti o antibiotici. Si tratta di un fenomeno ancora poco studiato e conosciuto, che rende sempre più inefficaci le armi a disposizione per contrastare le infezioni generate da alcuni germi come le salmonelle. «Per questo – conclude Ricci – è necessario conoscere meglio le proprietà delle nanoparticelle d’argento a contatto con le diverse specie batteriche, e stabilire quali sono le loro caratteristiche prima di promuovere il loro impiego su larga scala sui prodotti. In questo senso non si possono avvallare certe pubblicità che tendono a diffondere notizie sull’efficacia delle nanoparticelle non comprovate.In seconda battuta sarà necessario informare in modo corretto i consumatori sull’effettiva efficacia».
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Giornalista scientifica
Ottimo articolo, complimenti. Il quadro normativo oggi com’è? Le nanoparticelle oggi possono essere utilizzate sugli alimenti o no? Grazie per la risposta.
Gentile Peppe, grazie per il commento.
Per quanto riguarda la sua domanda qui potrà trovare altre informazioni, anche se non esiste un quadro normativo ben definito: http://www.europarl.europa.eu/news/it/news-room/content/20140313STO38801/html/I-nano-alimenti-un-grande-problema-di-piccolissime-dimensioni.
Sul libro di Dario Dongo potrà invece trovare la normativa in materia di etichettatura: http://www.ilfattoalimentare.it/scarica-il-libro-etichetta-di-dario-dongo
Grazie