Nei mesi estivi i sequestri di pesce azzurro infestato Anisakis si sono intensificati. Il problema riguarda le larve di questo parassita visibili ad occhio nudo (misurano da 0,4 a 20 millimetri) localizzate nelle viscere di molte delle specie ittiche, come dimostra uno studio condotto dall’Istituto di Ispezione degli Alimenti dell’Università di Milano e pubblicato su Food Control. Nel 2008, su 561 spigole fresche pescate nel mare del Nord-Est Atlantico, è stata evidenziata la presenza del parassita nel 65-85 % dei pesci in relazione al peso. In Italia si trova soprattutto nel pesce azzurro, ma anche nel pesce di allevamento cresciuto nelle vasche situate in mare aperto. Un’altra ricerca firmata dalla facoltà di Medicina Veterinaria di Bari nel 2005 e pubblicata sul mensile Industrie Alimentari, su 60 campioni di pesce pescato nei mari prospicienti la Puglia, ha evidenziato nel 60 % dei casi la presenza di larve di Anisakis.
«La questione è delicata – spiega Aniello Anastasio docente di Igiene e tecnologia degli alimenti presso la facoltà di Veterinaria dell’Università Federico II di Napoli – perché l’abitudine di consumare pesce crudo a tavola è in crescita. Nei supermercati e nei menù dei ristoranti si trovano proposte di “carpaccio crudo” a base di pesce di acqua dolce come il pesce persico, la trota e la carpa che possono trasmettere all’uomo parassitosi». Il problema Anisakis riguarda anche il pesce di allevamento cresciuto in vasche situate in mare aperto». Un test condotto nel 2009 da Altroconsumo sul sushi servito in 19 ristoranti giapponesi di Milano e Roma, non ha riscontrato la presenza di larve nei piatti serviti ma evidenziava che solo tre locali congelano la materia prima come prevede il regolamento CE 853/04. Sui menù dei ristoranti deve essere indicato sempre l’uso di prodotto congelato per piatti di pescato crudo. Paradossalmente questa legge non piace ai consumatori che considerano il pesce congelato un prodotto di seconda qualità rispetto al fresco. I ristoranti non indicano facilmente sui menù che il sushi è fatto con pesce congelato, anche se è un obbligo di legge.
La questione non riguarda solo il sushi, ma anche alici, aringhe e sgombri serviti crudi marinati con limone e/o aceto e pure il pesce affumicato a freddo. «Individuare il parassita è semplice – precisa Valentina Tepedino medico veterinario direttore della rivista Eurofishmarket che ha dedicato un dossier su questo argomento nell’ultimo numero – perché le larve sono visibili ad occhio nudo. Se il pesce destinato ad essere mangiato crudo non viene cotto o congelato, e la pulizia delle interiora è fatta male, le larve possono migrare nella carne, essere ingerite e provocare fastidiosi disturbi gastro-enterici». In Italia i casi di anisakidosi registrati ogni anno sono 20-30 (1000 in Giappone). Il dato è approssimativo perché spesso la patologia si risolve con un mal di pancia dopo poche ore dall’ingestione.
«Il problema va risolto – continua Anastasio – spiegando agli amanti del pesce crudo o marinato che la congelazione è necessaria. L’altro aspetto importante riguarda la norma di legge nazionale che necessita un approccio diverso considerando i principi generali della legge alimentare. Il problema Anisakis esiste, ma bisogna fare una corretta analisi del rischio sapendo che la questione si risolve con la cottura e la congelazione. Oggi per tutti gli alimenti il legislatore accetta livelli minimi di contaminazione chimica e microbiologica. Il consumatore deve rendersi conto che il rischio zero nel settore alimentare non esiste, e occorre adottare alcune precauzioni per ridurlo a livelli accettabili». Come sulle etichette delle uova si consiglia la conservazione in frigorifero, sulle confezioni di wurstel si dice di cuocere il prodotto prima di servire a tavola, così sulle vaschette di pesce da mangiare crudo si può scrivere che va congelato per almeno 24 ore a – 20° C oppure congelarlo nei frigoriferi di casa per 3 giorni a -18°C.
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