Grani antichiEnzo Spisni ha pubblicato tempo fa un articolo sui grani antichi e sulla possibilità di utilizzare la loro semola per fare pasta. Raimondo Cubadda, già professore ordinario di Tecnologie Alimentari, in questa nota solleva alcune perplessità sulla tesi sostenuta da Spisni di realizzare pasta di qualità utilizzando quel tipo di grano povero di glutine ed essiccato a basse temperature.

Relativamente all’articolo apparso su Il Fatto Alimentare dell’11 agosto 2017, si legge la seguente affermazione da parte del prof. Enzo Spini “In conclusione ciò che ho cercato di chiarire nel mio articolo è che per il consumatore i grani non sono tutti uguali. E questo è ancora più evidente se si osserva l’intera filiera produttiva: i grani antichi si coltivano esclusivamente in regime di agricoltura biologica o biodinamica, non vengono miscelati con grani nordamericani o dell’est-Europa, vengono macinati esclusivamente a pietra e, nel caso della produzione della pasta, vengono essiccati a bassa temperatura”.

Bene, l’affermazione non lascia dubbi, pertanto è coerente chiedere al prof. Spini se è certo che le paste ottenute dalle semole dei grani antichi, macinate a pietra o non ed essiccate a basse temperature, consentano di ottenere un prodotto finito che per qualità organolettica possa essere accettato dal consumatore italiano. È noto che i cosiddetti grani antichi hanno una scadente qualità (forza) del glutine e una quantità modesta di proteine.

La pasta ottenuta da grani duri con tali caratteristiche, essiccata a bassa temperatura, diventa con la cottura collosa, ammassata e di scarsa consistenza. D’altro canto, le alte temperature nate con l’intento di ridurre i tempi di lavorazione, hanno anche la capacità di indurre profonde modificazioni sui componenti della semola, in particolare sulle proteine, con conseguenti miglioramenti della qualità di cottura del prodotto finito. In merito esiste un’ampia letteratura e una nostra ricerca, pubblicata su una delle più prestigiose riviste di scienza dei cereali che ha avuto ben 75 citazioni, porta nuove, importanti evidenze e conferme (vedi Cubadda R. et al 2007. Influence of gluten protein and drying temperature on the coking quality durum wheat pasta. Cereal Chemetry 84:48-55).

Infatti, i risultati ottenuti indicano in maniera inequivocabile che nel caso di glutine debole le alte temperature inducono significativi miglioramenti della qualità di cottura mentre nel caso di glutine forte e buon tenore proteico (come si riscontra in molte varietà moderne) non c’è bisogno di forzare le temperature e si può conseguire una buon prodotto anche a temperature medio basse. Esattamente il contrario di quanto dichiarato nell’articolo. Infine due conclusive considerazioni. La prima. Crea perplessità che pur in mancanza di certezze scientifiche ci siano delle persone che si agitano tanto per decantare supposte virtù dei grani antichi fornendo, fra l’altro, elementi incerti di cui la speculazione si avvale per intorbidire le acque. La seconda. Quando acquistiamo a caro prezzo pane, pasta o qualsiasi altro prodotto confezionato con grani antichi, chi garantisce che lo siano veramente? Esiste per i grani antichi un disciplinare di produzione e un soggetto terzo indipendente che certifichi l’intera filiera dal campo alla tavola? No. Allora di cosa stiamo parlando?

Raimondo Cubadda, presidente onorario dell’Associazione italiana di scienza e tecnologia dei cereali

Pubblichiamo di seguito la replica di Enzo Spisni

Rispondo alla prima domanda iniziando con un aneddoto. I miei nonni (classe 1903 e 1907) cuocevano la pasta per 20-25 minuti, e la mangiavano soltanto così. Altrimenti la consideravano cruda. Lo stesso fa attualmente la bisnonna di mio figlio (classe 1920) ancora in perfetta forma, nonostante l’età. Questo per dire che i gusti dei consumatori cambiano. Per fare un altro esempio, sappiamo bene che un cibo fritto in olio di palma è più croccante di uno fritto in olio di semi. Però i consumatori hanno deciso, anche dopo motivato parere dell’EFSA, che l’olio di palma non lo vogliono più. E le industrie si sono adeguate.

Personalmente consumo quasi quotidianamente pasta di grani antichi macinati a pietra ed essiccata a basse temperature. Ci sono intere linee di prodotti di questo tipo che sono in commercio da anni (a base di timilia o di senatore cappelli, solo per fare due esempi). Certo, tengono un po’ meno la cottura, bisogna abituarsi a cuocerle con il cronometro in mano e raramente si superano i 5 minuti di bollitura. Ma il sapore ed i profumi che hanno questi prodotti fa sì che, una volta provati, non si torni più indietro. E questo è capitato a diversi miei amici che si sono convertiti definitivamente a questo tipo di pasta.

Per quanto riguarda la qualità, dobbiamo capire se stiamo parlando di qualità industriali oppure nutrizionali, perché sono piani molto diversi. Non è vero che i grani antichi hanno quantità modeste di proteine. È vero il contrario. Pur in assenza di forti concimazioni azotate (che fanno crescere il tenore proteico) alcuni grani antichi raggiungono facilmente il 14% di proteine (es: senatore cappelli e khorasan), valore che molti grani moderni faticano a raggiungere. È vero che i grani antichi (o tradizionali) hanno una minore forza del glutine, ma questa caratteristica, negativa per l’industria, non è certo negativa per la salute. Anzi, diversi studi in vitro mostrano che il glutine a elevata forza è molto meno digeribile. Anche per l’essicazione ad alte temperature della pasta vale la stessa considerazione: i miglioramenti in qualità dovuti alle alte temperature, e riportati nell’articolo del dott. Cubadda, sono intesi esclusivamente sul piano delle qualità industriali.

Per quanto riguarda le qualità nutrizionali invece, sappiamo molto bene che le alte temperature influiscono negativamente sulle proteine e sulle vitamine presenti nella pasta. Per quanto riguarda le proteine, esse subiscono certamente danni termici con perdita del loro valore nutrizionale (misurabile in termine di perdita di aminoacidi essenziali e aumento della furosina). E lo stesso accade per le vitamine e i polifenoli che sono presenti nel grano e che, ad alte temperature, subiscono certamente alterazioni negative.

Per quanto riguarda le certezze scientifiche, ci sono decine e decine di articoli pubblicati su riviste scientifiche internazionali che vantano centinaia di citazioni e dimostrano che i grani antichi o tradizionali hanno un impatto positivo sulla salute sia di animali modello che dell’uomo (cito per esempio Thorup et al. Ancient Wheat Diet Delays Diabetes Development in a Type 2 Diabetes Animal Model. Rev Diabet Stud. 2014;11:245-57 ed anche. Dinu et al., Ancient wheat species and human health: Biochemical and clinical implications. J Nutr Biochem. 2018 Feb;52:1-9).

Infine, quali sono le garanzie di acquistare veramente grani antichi? Il senatore cappelli è passato alla Società Italiana Sementi nel 2017, quindi tutta la filiera di questo grano è controllata e garantita. Visto il successo commerciale di questi grani, c’è da attendersi che altri presto passeranno in “filiera controllata”. Al momento, per tutti gli altri grani antichi, occorre certamente scegliere aziende produttrici serie, che effettuino controlli della filiera. E il prezzo più alto di molti di questi prodotti è certamente giustificabile sia da un punto di vista produttivo sia da quello – secondo me più importante – nutrizionale.

Enzo Spisni , docente di Fisiologia della nutrizione, Università di Bologna e responsabile scientifico del
master in Alimentazione ed educazione alla salute, Università di Bologna

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ezio
ezio
13 Aprile 2018 18:44

Il confronto tra due eminenti esperti chiarisce a mio parere, il vero problema di tutto il discutere intorno alla qualità della pasta e che vado anch’io ripetendo da tempo.
Il primo, tecnologo specialista (Cubadda) sottolinea le qualità organolettiche dell’alimento, cioè l’aspetto estetico e formale del prodotto, sia nel processo produttivo, sia nella cottura ante consumo.
Il secondo, nutrizionista (Spisni) analizza gli effetti nutrizionali dell’alimento tenendo in primo piano lo scopo per cui ci alimentiamo attraverso il processo digestivo.
Ritengo entrambi esperti di alto livello esperenziale nei loro rispettivi ruoli e competenze, ma dovendo scegliere un alimento e non un oggetto d’arte contemporanea, mi sento allineato alle ragioni preminenti del nutrizionista, in quanto trattasi di cibo e non di perfetti oggetti simbolici.
Personalmente cucino molto spesso e da moltissimi anni pasta di grani tradizionali (khorasan, cappelli, farro) e non ricordo di aver mai mangiato pasta scotta o collosa, anche con cotture non brevi, mentre ricordo di aver cotto una pasta tradizionale di nota marca nazionale per 20 minuti, risultando ancora decisamente al dente.

francesca
francesca
Reply to  ezio
19 Aprile 2018 15:01

Signor Ezio, però la scienza delle tecnologie alimentari non è stata studiata per creare alimenti belli, ma per permettere la produzione di alimenti con continuità, igienicamente sicuri e garantiti anche nutrizionalmente. Poi ovviamente si possono fare considerazioni e distinguo ma gli studi del Prof. Cubadda e di altri esperti non meritano di essere liquidati come “cosmetici” e sganciare l’alimento – qualsiasi alimento – dal processo – qualsiasi processo – che lo ottiene non è proprio possibile, non trova?

ezio
ezio
Reply to  ezio
19 Aprile 2018 18:20

Sono teoricamente d’accordo con lei, ma in tema di tecnologia di pastificazione si parla solamente di tenuta della medesima alla cottura.
E non regge il principio che la ricerca di una semola maggiormente proteica sia finalizzata all’apporto nutrizionale, ma solamente alla maggior resilienza negli impianti di produzione ed in cottura.
Tutto legittimo ma parziale, perché a moltissimi consumatori odierni interessano maggiormente altri aspetti di cui poco si parla, almeno dal versante produttori che magnificano una generica qualità legata solamente alla tenuta e non collosità in cottura.
Anche i più classici dei nostri dietologi di grido, si stanno convertendo alla pasta integrale, quando per decenni hanno raccomandato la dieta Mediterranea, nascondendo che la medesima prescrive proprio i cereali integrali a partire dalla nostra famosissima pasta.
Non ho ancora registrato posizioni dei tecnologi in tema nutrizionale della vera dieta Mediterranea, ma solamente di trasformazioni industriali altamente produttive, performanti, esteticamente e strutturalmente perfette ed indistruttibili.

amedeo CATTANEO
amedeo CATTANEO
14 Aprile 2018 13:44

Ritengo molto interessante tutto quanto è stato scritto,dal momento che qualità e sicurezza alimentare, sono i punti cardine di una politica agricola rivolta al benessere dei cittadini. Tuttavia ricordo che per fare la pasta bisogna prima avere la materia prima cioè il grano. Sebbene i principi di una sana alimentazione discendono da produzioni agricole certificate e controllate rimane il fatto che i grani antichi hanno una resa ad ettaro molto discutibile ovvero meno di 1,5 tonn. e del tutto insufficiente a coprire i fabbisogni industriali Non solo oltre ad impiegare il doppio della terra che servirebbe per coltivare un ettaro di grano diciamo moderno,con costi per l ambiente insostenibili, né va anche della sopravvivenza del coltivatore perché incapace di sostenete i costi di produzione che sono maggiori del guadagno effettivo.

Angelo Rossi
Angelo Rossi
14 Aprile 2018 15:24

La contraddizione è nei termini: il Senatore Cappelli è uno dei primi grani moderni al mondo: cioè ottenuto con nuovi schemi di miglioramento genetico,vedi incroci ed ibridazioni,ed è semplicemente uno speculazione commerciale. Detto questo i gusti sono gusti e ognuno può scegliere di spendere i propri soldi come meglio crede.

Valter Carraro
Valter Carraro
16 Aprile 2018 12:51

Risulta difficile definire grano antico il “Senatore Capelli” varietà selezionata negli anni ’30 da un agronomo “ultramoderno”. Il destino è bizzarro; al tempo dell’affermarsi di tale grano, che soppiantò e fece sparire altre varietà “tradizionali” Nazareno Strampelli riceveva dai colleghi la critica di essere la causa della scomparsa di tante varietà “storiche” (se non antiche). In Scienze dell’Alimentazione la diversità delle proprietà nutrizionali dei grani andrebbe documentata con le relative tabelle nutrizionali, mettendo a confronto per esempio contenuto di proteine e di glutine.
La “digeribilità” di un grano è molto soggettiva e poco misurabile (l’autosuggestione in questi casi gioca un ruolo importante…)

ezio
ezio
Reply to  Valter Carraro
17 Aprile 2018 11:19

Non credo come lei afferma, che sia autosuggestione il fatto che minor forza del glutine permetta di scuocere la pasta in pochi minuti, mentre con molta forza riesca quasi impossibile scuocerla.
La capacità digestiva dello stomaco non è un’opinione ma un dato oggettivo, anche se fisiologicamente soggettivo.

fabrizio_caiofabricius
fabrizio_caiofabricius
Reply to  Valter Carraro
18 Aprile 2018 16:12

…in altre parole, forse la sensibilità al glutine esiste, ma riguarda una piccola percentuale di persone, mentre il 95% dei soggetti che sostengono di essere sensibili sono probabilmente vittime dell’effetto nocebo.
La maggior parte dei pazienti, infatti, mostra gli stessi sintomi sia assumendo il glutine sia il placebo, che nel caso specifico era amido di riso…

…molte delle persone che sostengono di avere problemi con il glutine e di trarre sollievo dalle diete senza ¬– che se fatte in modo casereccio e senza una guida medica possono portare a carenze nutrizionali – non hanno alcun problema reale con il glutine: gli esperimenti in doppio cieco non mentono…

Biesiekierski JR., Peters SL., Newnham ED., Rosella O., Muir JG., Gibson PR., 2013. No effects of gluten in patients with self-reported non-celiac gluten sensitivity after dietary reduction of fermentable, poorly absorbed, short-chain carbohydrates. Gastroenterology, 145 (2): 320-328.
Bouziat R., Hinterleitner R., Brown JJ., Stencel-Baerenwald JE., Ikizler M., Mayassi T., Meisel M., Kim SM., Discepolo V., Pruijssers AJ., Ernest JD., Iskarpatyoti J., Costes LM., Lawrence I., Palanski BA., Varma M., Zurenski MA., Khomandiak S., McAllister N., Aravamudhan P., Boehme KW., Hu F., Samsom JN., Reinecker HC., Kupfer SS., Guandalini S., Semrad CE., Abadie V., Khosla C., Barreiro LB., Xavier RJ., Ng A., Dermody TS., Jabri B., 2017. Reovirus infection triggers inflammatory responses to dietary antigens and development of celiac disease. Science, 356 (6333): 44-50.
De Santis MA., Giuliani MM., Giuzio L., De Vita P., Lovegrove A., Shewry PR., Flagella Z., 2017. Differences in gluten protein composition between old and modern durum wheat genotypes in relation to 20th century breeding in Italy. Europ. Journal of Agronomy, 87:19-29.
Di Sabatino A, Volta U, Salvatore C, Biancheri P., 2015. Small amounts of gluten in subjects with suspected nonceliac gluten sensitivity: a randomized, double-blind, placebo-controlled, cross-over trial. Clinical gastroenterology and hepatology, 13 (9):1604-1612.

Guandalini S., Polanco I., 2015. Nonceliac gluten sensitivity or wheat intolerance syndrome? The Journal of pediatrics,166 (4): 805–811.

Prandi B, Tedeschi T., Folloni S., Galaverna G., Sforza S., 2017. Peptides from gluten digestion: A comparison between old and modern varieties. Food Research International, 91: 92-102

Ribeiro M., Rodriguez-Quijano M., Nunes FM., Carrillo JM., Branlard G., Igrejas G., 2016. New insights into wheat toxicity: Breeding did not seem to contribute to a prevalence of potential celiac disease’s immunostimulatory epitopes. Food Chemistry, 213: 8-18.
Zanini B., Baschè R., Ferraresi A., Ricci C., Lanzarotto F., Marullo M., Villanacci V., Hidalgo A., Lanzini A., 2015. Randomised clinical study: gluten challenge induces symptom recurrence in only a minority of patients who meet clinical criteria for non‐coeliac gluten sensitivity. Alimentary Parmacology and Therapeutics, 42 (8):968-976.

fabrizio_caiofabricius
fabrizio_caiofabricius
18 Aprile 2018 15:26

QUALI SONO, POI, UNA BUON VOLTA, QUESTI GRANI DURI ANTICHI?
Strampelli creando nel 1915 il venerato Cappelli (considerato erroneamente e strumentalizzato ogni dove come un grano antico, ma ha solo 100 anni, al massimo “vintage”) ci andò giù con la selezione molto più dei cd grani moderni che sono semplici miglioramenti da incrocio proprio partendo da quel Cappelli. Ma agronomicamente e qualitativamente direi di stendere un velo pietoso…
(oltretutto Simeto, da 30 anni il grano più diffuso in Italia è nipote proprio del Cappelli)

Qualche sopravvissuto grano siciliano o sardo o la Saragolla lucana, ma si tratta appunto di “sopravvivenze” storiche locali , forse nemmeno così “antiche”, certamente ottime per valorizzare finalmente le agricolture e le tipicità locali, ma assolutamente inadatte alla trasformazione di prodotti di larghissimo consumo su scala nazionale come la pasta di uso quotidiano.

Farro piccolo monococco; medio Dicocco o farro grande Spelta
Questi sì, sono FINALMENTE antichi Triticum progenitori dei grani duri e teneri attuali , sostituzione avvenuta già DAI TEMPI DELL’IMPERO ROMANO (siligo di grano duro sostituì il puls di farro) Grazie alla loro rusticità e minori esigenze, farro medio e grande hanno però continuato ad essere estesamente coltivati in Italia almeno fino al Medio Evo, quando grazie al ritrovato controllo del territorio e alla ripresa di tecniche colturali abbandonate e per i sopravvenuti, crescenti fabbisogni alimentari delle popolazioni urbane e del bestiame da lavoro la loro sostituzione da parte di frumenti nudi e orzo divenne sempre più massiccia. . Dalle “Giornate” (1579) di Agostino Gallo risulta che in pianura padana nel XVI secolo i farri erano di fatto scomparsi e sostituiti dal grano tenero.
– La Pasta è un alimento di grande ed equilibrata valenza nutrizionale e salutistica, passaporto del made in Italy e perno della dieta mediterranea. Priva di grassi saturi, fonte di carboidrati a basso indice glicemico; di proteine, soprattutto glutine, a basso costo e altamente digeribili a parte una ridottissima fascia di popolazione (celiachia, max 1%) che nessuna fumosa campagna diffamatoria potrà estendere per fini commerciali al resto della popolazione, blandendola subdolamente come sussurato rimedio di “malattie” inesistenti

– Il grano duro (evoluzione naturale già di alcuni millenni dei farri che hanno caratterizzato la domesticazione delle specie selvatiche sin dai tempi della fine della glaciazione di Wurm nella cd. mezzaluna Fertile) ne è ingrediente unico. Coltura principe e identitaria dei migliori territori della Penisola dove occupa circa 1 milione e 300 000 ha (ma ne ha persi almeno 400 000 negli ultimi anni, alla faccia dell”incolmabile” deficit di produzione nazionale) e assolutamente priva di alternative colturali negli ambienti caldo-aridi del Sud-Isole.

• La celiachia un tempo era “sconosciuta”, come le micotossine del resto, non perché non esistessero ma proprio perché non conosciute dal punto di vista scientifico. Di micotossine sono morte milioni di persone nel Medio-Evo con sintomi che inducevano ad accusare di stregoneria e relative condanne al rogo e pur attenuandosi si è continuato a morire fino agli anni ’50 in Europa e in Occidente, oggi non più per fortuna e si cavilla su poche parti per miliardo di nessun effetto tossico. In Africa però si continua ad avere un’alta mortalità per epatocarinoma da aflatossine soprattutto su arachidi.

• Aver finalmente affinato i mezzi di indagine e quindi la casistica non vuol dire che una patologia sia “aumentata”. Serie e importanti indagini epidemiologiche svolte su decine di migliaia di individui in particolare negli USA, ma anche in Europa non evidenziano nessun aumento tanto meno legato alla fantasiosa ma suadente teoria post-verità della diffusione delle varietà cd moderne con glutine più tenace.

• I celiaci ufficiali in Italia rimangono sotto i 200.000, anche se chi se ne occupa seriamente parla dell’1%, quindi molti non sono ancora diagnosticati, diciamo che dovremmo essere sui 600.000 che cmq meritano massimo rispetto e attenzione, ma di certo non STRUMENTALIZZAZIONI per vendere a prezzi decuplicati prodotti meno salutari e più elaborati rispetto alla pasta e al pane ai restante 59.400.000 italiani (per non parlare del resto del mondo, USA in primis dove è nata la Moda-Fobia al glutine)
• I molti VERI celiaci che conosco concordano che questa campagna pubblicitaria martellante non è certo per venire incontro alle loro sacrosante esigenze, ma per “allargare” furbescamente i potenziali clienti a milioni di persone (non ci vuole molto a fare due conti relativi agli investimenti pubblicitari e possibili ritorni economici in termini numerici) per cui il glutine non è certo un veleno insinuandone invece il dubbio e meri scopi commerciali , ma danneggiando sia la loro salute sia l’enorme filiera che parte dal grano e che è alla base della sopravvivenza dell’agricoltura centromeridionale e della sostenibilità dei suoi territori nonché dell’agroalimentare italiano e relativi milioni di posti di lavoro.

• La tanto sbandierata “gluten sensitivity” o meglio NCGS (sensibilità al glutine non celiaca) è argomento assolutamente non definito in ambito scientifico internazionale…. ( Gibson et al 2012, Biesiekierski et al. 2011). Da studi recenti inoltre emerge che ad incidere in maniera importante sullo sviluppo dei sintomi sembrano essere anche i conservanti e gli addittivi alimentari com glutammato, benzoato, solfiti, nitrati e i coloranti.

• Capitolo a parte, ma di analoga pericolosa e sfruttabile indeterminatezza, e come tale fonte di fantasie del web, sfruttate da laboratori diagnostici a dir poco “faciloni” è LA CERTEZZA DELLA DIAGNOSI DI NCGS o GLUTEN SENSITIVITY, a meno di un challenge con il glutine in doppio cieco con placebo. Dal 15° simposio internazionale sulla celiachia (Chicago , 2013) è emerso che NON ESISTONO MARKER DIAGNOSTICI che consentano di identificare con certezza questa condizione( anche l’Ordine dei Medici italiani ha recentemente fatta propria questa conclusione), che preoccupa più per le crescenti AUTODIAGNOSI e relative conseguenze di cattiva alimentazione in larga fetta della popolazione giovane adulta occidentale affetta soprattutto da insicurezze e paure esistenziali che nessun modaiolo FREE-FROM pseudo-salutistico potrà risolvere veramente.

E per finire….Non basta più “Antichi”,
adesso coniamo il suadente ma intraducibile termine di “Tradizionali”
COSA SONO E, soprattutto, DOVE SONO I GRANI “TRADIZIONALI” ?

Vorrei aggiungere che i grani antichi oltre che facilmente ALLETTABILI, non è vero nemmeno che fossero anche più competitivi contro le INFESTANTI grazie alla loro taglia alta perché diventano alti dopo la levata quando ormai l’infestazione è già in gran parte diffusa. Mentre molto importante è la velocità di copertura del suolo con nascite fitte e rapide e soprattutto un buon accestimento. E di questo eccellono le varietà recenti. Mi ricordo prova sperimentale di qualche anno fa con Cappelli, Simeto e Dylan se non ricordo male in tre ambienti di coltivazione italiani che arrivava a queste stesse conclusioni.
I grani antico-VINTAGE sono alti da 120 a 150 cm e non hanno la germinabilità delle sementi selezionate e quindi sono meno fitti, inoltre l’accestimento è inferiore e pertanto nella fase erbacea le erbe crescono ugualmente ed è in questo periodo che competono con il frumento, altro aspetto è che le erbe infestanti hanno un ciclo vitale molto più corto ed arrivano a dare seme presto. Cosa me ne importa che poi vengano soffocate se hanno fatto il danno ed hanno disseminato?

fabrizio_caiofabricius
fabrizio_caiofabricius
18 Aprile 2018 16:06

Sul significato di “antico”
nel malcelato tentativo di nobilitare una violenta operazione di marketing, si scempia anche l’Italiano
“Antico” è qualcosa ante 1950??

Accaduto o attuato in un’età remota (per lo più oggetto di sottinteso apprezzamento), e per questo qualitativamente dissimile rispetto alla corrispondente realtà moderna o contemporanea
agg.
1 Di epoca remota (per l’Occidente, convenzionalmente, ca. dal 2000 a.C. al 476 d.C.): storia, età a.; gli a. popoli, Romani, Greci mmmmm SIAMO UN PO’ LONTANUCCI
2 Di un passato lontano inteso genericamente
del lontano passato, risalente a tempi remoti: leggi, scritture antiche |storia, età, arte antica, per consuetudine, dalle origini della civiltà greca e romana fino alla caduta dell’impero romano d’Occidente
Di età passata da gran tempo;

Antico vs Vecchio – E’ degno che qui si riporti tutto il bell’articolo del Grassi.

«Queste due voci ritengono ancora nell’italiano quella stessa differenza che le partiva nella lingua loro originale, perchè i Latini adoperavano antiquus in stile nobile e vetulus (1) in istil familiare: antiquus era sempre presso di essi in senso di rispetto, e vetulus veniva per lo più usato a disprezzo. Urbs antiqua fuit, cantava Virgilio della prima Cartagine; Orazio chiamava vetula la cornacchia. Non isfuggì questa distinzione al gusto
Venendo ai particolari, antico è propriamente ciò che è passato da più secoli; vecchio è pur ciò che è passato, ma in tempi più vicini a noi; con questo vocabolo si determina la età; con quello si cessa dal misurarla; antico si oppone a Moderno; vecchio a Giovane; il primo è sempre posto ad onore, onde un uomo di austeri costumi è chiamato antico, una buona scrittura si paragona colle antiche, i grandi artisti studiano l’antico, e diciamo antica repubblica, antico Stato, famiglia antica; così l’Alfieri salutava Asti sua patria col nome di antica città. Per lo contrario chiamiamo vecchio uno Stato prossimo alla sua rovina; vecchie quelle leggi che più non si convengono colla presente civiltà; vecchie le istituzioni tarlate dalle male usanze; mentre quelle che il tempo conferma, sono chiamate antiche. Vecchio si adopera poi con maggior proprietà parlando di cose materiali, come vecchi cenci, casa vecchia, vestito vecchio, vino vecchio e simili, dove sarebbe grande improprietà il porre antico.

«Dicasi lo stesso d’antichità e di vecchiezza; questa concerne più particolarmente all’età delle persone, quella sale all’origine delle famiglie. La vecchiezza scema la forza dei corpi; l’antichità accresce il lustro delle cose e le fa venerande; quindi si apprende ai giovani a rispettar la vecchiezza, perchè il debole sta sotto l’ombra del forte; ma l’antichità è raccomandata all’universale cittadinanza delle genti e si chiamano barbare quelle nazioni che non l’hanno in grandissima venerazione.»

Ma se vecchio oggi più che mai suona come insulto allora il termine esatto per definire le varietà di 50-100 anni fa è
VINTAGE
si dice di capo di vestiario, accessorio, mobile ecc. di moda nel passato, che viene recuperato o imitato nella moda moderna
Possono essere vintage abiti, accessori, bijoux, mobili, dischi, chitarre, computer, videogiochi; ma anche biciclette, automobili (Fiat 500, Renault 4), motociclette (Vespa, Lambretta) generalmente prodotti tra il 1920 e il 1980.
Sarà la nostalgia verso il passato, un passato recente, in cui eravamo “un po’ più giovani”, sarà la voglia di rivivere certe situazioni, il desiderio di ritornare a momenti che non torneranno più…Sarà perchè sarà, ma che il vintage sia “la moda delle mode“, è un dato di fatto

Nella moda, nel costume, nel gusto, oggetto che appartiene a un’epoca andata, d’altri tempi, con un particolare sapore evocativo di un’atmosfera vissuta con nostalgia.

Per la precisione

VARIETA’ VINTAGE TAUMATURGICHE

ANTICO è termine carico di aspettative forti e nobili, ma se il termine corretto, VECCHIO, oggi più che mai suona come insulto allora il termine esatto per definire le varietà di 50-100 anni fa è
VINTAGE
Tanto meno AUTOCTONO, perchè sia il supervintage Cappelli che il citato DAUNO III sono selezioni del grande miglioratore genetico STRAMPELLI che selezionò popolazioni provenienti da tutto il mondo nella prima metà del ‘900…appunto VINTAGE

Il grano duro è ampiamente usato da secoli al SUD anche per fare pane. Il prestigioso Pane di Altamura prevede nel disciplinare l’uso di 4 varietà di duro, migliorate fra il 1950 e il 1980 ..aiuto come le chiamiamo ? Antiche? Moderne? Splendide cinquantenni?

Luca
Luca
Reply to  fabrizio_caiofabricius
24 Aprile 2018 12:10

Ci tengo a fare un paio di precisazioni, perchè sono state dette cose imprecise:
1) Il Grano Senatore Cappelli fu si ottenuto da Strampelli, ma non con i metodi poi utilizzati per altre varietà di Grano Tenero divenute famose nel periodo fascista e nel dopoguerra, metodi “modernissimi” per il tempo che prevedevano incroci varietali e ibridazioni (“miglioramento genetico”). Invece il Senatore Cappelli fu ottenuto ancora con i vecchi metodi, ossia perlopiù selezione massale, metodi che in realtà lo Strampelli trascese e contestò pure alla sua controparte prof. Todaro, che li difendeva. Ed è proprio questo lo spartiacque per cui si intende distinguere, a torto o a ragione, tra “grani antichi” e “grani moderni”: i primi con un patrimonio genetico relativamente poco differente da quelli dei secoli scorsi, in quanto ottenuti con semplice selezione massale all’interno di popolazioni locali; i secondi con patrimonio genetico molto “migliorato” tramite incroci/ibridazioni dapprima, poi con mutazioni indotte (colchicina, radiazioni, elettrogenetica, ecc…), il che ne ha mutato abbastanza sostanzialmente anche il contenuto nutrizionale (ad esempio a favore del glutine). Quindi l’anno di costituzione non è tutto, secondo questo concetto: si intende un’antichità genetica, non anagrafica. Che i grani moderni derivino dal cappelli o da altri grani antichi significa poco, perchè da quella base i mutamenti introdotti sono stati sostanziali…
2) Che nel Medioevo siano morte migliaia o milioni (?) di persone per le micotossine è una semplice supposizione logica niente affatto dimostrata (ovviamente), così come l’incidenza di celiachia: non si possono dare delle supposizioni per fatti veri e accertati. Per le micotossine, bisogna tener conto che i cambiamenti climatici fanno si che attualmente l’incidenza sia in crescita: per questo tipo di fenomeni già un paio di gradi in più sono fondamentali, quindi non è detto che anticamente o nel Medioevo avessero questa gran diffusione, anche perchè altrimenti una immunità o resistenza (o sfiducia verso certi cibi) si sarebbero sviluppate. L’evidenza (non so a quali studi si riferisce il signor caiofabricius, ma l’evidenza dell’aumento è davvero enorme e confermata da più parti) mostra inoltre che la celiachia è aumentata enormemente negli ultimi 40/50 anni nel mondo occidentale, anni in cui si conosceva bene e si diagnosticava. Guarda caso questo periodo di crescita coincide abbastanza precisamente con l’introduzione di modifiche genetiche “spinte” come quelle con le radiazioni, da cui derivano moltissimi grani moderni. Poi, per carità, potrebbe pure essere un caso. Non è stato chiaramente dimostrato che questo nesso non ci sia, comunque, mentre di studi che dimostrano una migliore digeribilità dei grani a basso contenuto di glutine ce ne sono molti.

Aggiungo che sinceramente se dobbiamo mettere a confronto una parte di popolazione che compra ciecamente quello che gli offre l’industria (che, ricordo, si basa su una “qualità” merceologica e non salutistica/nutrizionale) perchè è bello e non scuoce e un’altra parte che cerca di informarsi sugli ultimi studi nutrizionali indipendenti (che diventeranno universalmente accettati magari tra 20 o 30 anni) per scegliere un prodotto più costoso ma – almeno apparentemente – più sano, non so a quale delle due parti affibbiare l’appellativo di “credulone” o “manipolato”…
Anche riguardo a pubblicità e manipolazione del consumatore, mi pare che tra industria/Grande Distribuzione e produttori di grani antichi la lotta sia un po’ impari…

fabrizio_caiofabricius
fabrizio_caiofabricius
Reply to  fabrizio_caiofabricius
28 Aprile 2018 00:47

“Cose imprecise” =bufale, sono il principale strumento perché l’attesa e calda post-verità che ci si vuol sentir dire soppianti e demonizzi la verità scientifica cosicché trionfino ( e stanno trionfando) politiche e movimenti neomedievali fideistico-ignoranti con a capo pochi guru-santoni che blaterano contro gli establishment cui invece vogliono sostituirsi.

“Che nel Medioevo siano morte migliaia o milioni (?) di persone per le micotossine è una semplice supposizione logica niente affatto dimostrata (ovviamente), così come l’incidenza di celiachia: non si possono dare delle supposizioni per fatti veri e accertati. Per le micotossine, bisogna tener conto che i cambiamenti climatici fanno si che attualmente l’incidenza sia in crescita: per questo tipo di fenomeni già un paio di gradi in più sono fondamentali, quindi non è detto che anticamente o nel Medioevo avessero questa gran diffusione, anche perchè altrimenti una immunità o resistenza (o sfiducia verso certi cibi) si sarebbero sviluppate.”

E INVECE E’ PROPRIO ANDATA COSI’

Numerosi sono stati i casi di micotossicosi acute verificatesi in diverse epoche storiche in varie parti del mondo e riconducibili al consumo di alimenti fortemente contaminati.
ffetti gravemente patologici e socialmente rilevanti su intere popolazioni si sono avuti soprattutto dopo periodi estivi caratterizzati da elevata ed anomala piovosità che interferiva soprattutto sui regolari fenomeni di maturazione ed asciugamento delle granelle e loro stoccaggio
A PROPOSITO DEI BEI TEMPI ANDATI, l’ergotismo viene descritto già nel Vecchio Testamento. Lo studio scientifico delle intossicazioni da micotossine è iniziato nel 1850 quando è stata dimostrata l’associazione fra ingestione di segale contaminata da sclerozi di Claviceps purpurea (Segale cornuta) e insorgenza di ergotismo
Ergot è il nome comune dato all’ascomiceta denominato Claviceps purpurea, parassita delle graminacee che forma degli sclerozi simili a cornetti che conferiscono alla pianta infetta – spesso la Segale – il nome comune di “segale cornuta” I cornetti che spuntano dalle spighe infestate sono costituiti dai corpi fruttiferi (sclerozi) del fungo che contengono alcaloidi velenosi del gruppo delle ergotine (tra cui LSD). Questi alcaloidi, essendo dei vaso-costrittori, compromettono la circolazione; inoltre interagiscono con il sistema nervoso centrale,
agendo in particolare sui recettori della serotonina.
L’Ergotismo era conosciuto nel medioevo con il nome di fuoco di Sant’Antonio, fuoco sacro o male degli ardenti. L’ergotismo era spesso fatale, ed aveva sempre effetti devastanti sulle comunità che ne erano colpite. Poteva presentarsi in due forme: “E. convulsivus” con sintomi neuroconvulsivi di natura epilettica, o “E. gangraenosus” con cancrena alle estremità fino alla mummificazione. Tra gli effetti di questa intossicazione vi erano anche le allucinazioni. Questo portava la gente a mettere in relazione la malattia con il demonio o con forze maligne e conseguenti fenomeni di “caccia alle streghe”.
Il nome “Fuoco di Sant’Antonio” deriva dal fatto che nel Nord Europa il pane veniva fatto anche con la segale, spesso contaminata dal fungo che resisteva anche alla cottura. I malati, recandosi in pellegrinaggio verso i santuari di Sant’Antonio in Italia, scendendo verso Sud cambiavano alimentazione mangiando pane di grano, e ciò attenuava i sintomi dell’intossicazione. Tale effetto veniva attribuito ad un miracolo ad opera di sant’Antonio.
Casi di ergotismo sono documentati a Milano nel 1795 a Torino nel 1798; l’ultimo caso documentato in Europa risale al 1951 nella città francese di Pont-Saint-Espirit, dove più di duecento persone furono affette da allucinazioni e altri disturbi per aver mangiato pane contaminato, e cinque di esse morirono.
Le prime notizie sulla malattia si hanno in Francia (nazione preferita dalla malattia) intorno al 590. Da allora le intossicazioni a carattere epidemico si susseguirono numerosissime in Francia, in Germania, in Russia, in Inghilterra, ed in altri paesi del Nord Europa fino a tutto l’800.
L’incidenza delle epidemie aumentò nei tempi di carestia e di piogge copiose a seguito di inverni particolarmente rigidi. In tali condizioni la segala diventava particolarmente infetta di ergot. L’undicesimo secolo fu funestato da ben quattro terribili epidemie, rispettivamente nel 1042, 1066, 1089 e 1094.
La più terribile fu quella del 1089, quando, come riferisce il Sigiberto di Genbloux:
A molti le carni cadevano a brani, come li bruciasse un fuoco sacro che divorava loro le viscere; le membra, a poco a poco rose dal male, diventavano nere come carbone. Morivano rapidamente tra atroci sofferenze oppure continuavano, privi dei piedi e delle mani, un’esistenza peggiore della morte; molti altri si contorcevano in convulsioni».
Oggi i raccolti sono ben controllati e i limiti delle contaminazioni, comunque non azzerabili, sono però studiati a lungo da staff di ricercatori internazionali. Si tratta ovviamente di stabilirne LIMITI PRUDENZIALI, altamente prudenziali, tramite lunghi studi seri e validati con metodo scientifico internazionale dai più preparati conoscitori della materia. Ebbene il DON, la micotossina da Fusarium più frequente nei cereali vernini (ma ce ne sono decine di altre) ESISTE DA SEMPRE (e in quantità mostruosamente superiori , veramente causa di epidemie con migliaia di morti e caccia alle streghe nel “bel tempo antico”). Seppur non fortemente cancerogeno come le aflatossine del mais, è comunque da tenere sotto controllo anche oggi per i suoi gravi e pericolosi effetti immunosoppressivi.
Nei bei tempi andati non c’erano conoscenza, consapevolezza e, soprattutto, metodi d’indagine incisivi per rilevarne la presenza già a pochissimi, irrisorie PPB = Parti per Bilione = miliardo.
DON<100 PPB ma anche 200 (il limite altamente prudenziale è 1750 per il grano e 750 per la pasta) è sicuramente un campione “positivo” ma non per questo c’è “contaminazione” (la finissima rilevazione con HPLC o ELISA avviene già a 18 PPB) ma è di assoluta tranquillità COME QUANDO SI HA UN'ARIA CON PM10 < 5 (i blocchi del traffico si fanno con continui superamenti di 50, e a Pechino si arriva a 1000) Ma è impossibile arrivare a 0! Semplicissimo, funghi e particelle micropolverose ci sono e ci saranno sempre.
Le micotossine (DON) certo sono un veleno…peccato che le producano dei naturalissimi funghi (FUSARIUM) e si trovino anche nei più seri e attenti prodotti biologici. Ma è la quantità che crea problemi e questa dipende SOPRATTUTTO dall’andamento climatico stagionale, in particolare dall’umidità e dalla temperatura durante la spigatura-fioritura del grano ( e le Marche e l’Emilia purtroppo non sono troppo
ifferenti dal Canada in quella fase fenologica, ma senza nessuna fregatura, il fenomeno è ben conosciuto e sotto controllo) .
Per fortuna e almeno fino ad oggi il grano duro si coltiva soprattutto negli ambienti semi-aridi del sud italia quando la tarda primavera è generalmente siccitosa e QUINDI LA PASTA ne ha in genere quantità infinitesimali ma quasi mai ZERO perchè è impossibile sterilizzare e uccidere tutti i microrganismi ( si troverebbero ben altri contaminanti)!
SOPRATTUTTO perchè sono aumentate le capacità di indagine diagnostica che permettono di rilevarne la positività già a PPB (parti per miliardo). Ma avere <200 ppb di DON è come dire di avere la febbre con 36.51 solo perchè quel termometro è così sensibile che legge (gli inutili) centesimi di grado.
E una cosa è certa: la presenza di DON non evidenzia nessuna provenienza "Estera=truffaldina" del grano perché valori simili e ANCHE PIU' ALTI possono essere trovati in partite nazionali….perfino nei "grani traditional-vintage-antichi-parautoctoni-de'noantri

fabrizio_caiofabricius
fabrizio_caiofabricius
Reply to  fabrizio_caiofabricius
28 Aprile 2018 01:15

…”con patrimonio genetico molto “migliorato” tramite incroci/ibridazioni dapprima, poi con mutazioni indotte (colchicina, radiazioni, elettrogenetica, ecc…), il che ne ha mutato abbastanza sostanzialmente anche il contenuto nutrizionale (ad esempio a favore del glutine)…”

Meno male che forse in un attimo di tardivo pudore non cita il comodo e abusato slogan-spauracchio simbolo di ogni male IL CRESO!!! del dott. Frankenestein, per colpa del quale miliardi di bimbi nel mondo si vedono brillare di luce radioattiva propria nella ormai perenne notte oscura di Armagheddon condottiero capo delle multinazionali del male.

E invece da sempre sono proprio le mutazioni la chiave di volta della sopravvivenza delle specie , vegetali e animali, ai mutamenti altrimenti esiziali del clima e dell’ambiente. E non tanto e non solo quelle puntiformi, geniche, cercate e trovate nei laboratori della Casaccia negli allegri anni’70 ma di fatto episodiche e ormai praticamente scomparse (malgrado le balle allarmistiche) nel patrimonio genetico della stragrande percentuale delle varietà di grano, quanto quelle spaventevolmente monstre di interi raddoppiamenti del corredo cromosomico che dal farro monococco ha portato prima alla nascita del dicocco (e al turanico e al duro) e poi al triplicamento con lo spelta e quindi il grano tenero. Però, tuuutto “naturale” e quindi buono e giusto come vari Libri sacri di antica o recentissima edizione ammoniscono e spaventano e sottomettono in un delizioso ritorno al medioevo dove, come si sa, senza scienza blasfema si stava tutti meglio come predicava Fra’ Savonarola

fabrizio_caiofabricius
fabrizio_caiofabricius
Reply to  fabrizio_caiofabricius
28 Aprile 2018 02:06

…”non so a quali studi si riferisce il signor caiofabricius, ma l’evidenza dell’aumento è davvero enorme e confermata da più parti) mostra inoltre che la celiachia è aumentata enormemente negli ultimi 40/50 anni nel mondo occidentale, anni in cui si conosceva bene e si diagnosticava. Guarda caso questo periodo di crescita coincide abbastanza precisamente con l’introduzione di modifiche genetiche “spinte” come quelle con le radiazioni, da cui derivano moltissimi grani moderni.”

Un’ottima macedonia di luoghi comuni caldi e attesi di rassicurante post-verità ma senza nessuna referenza scientifica (se ancora valesse).
I grani “radioattivi” sono una delle balle più grosse cavalcate dal web allarmistico-spaventevole. Il pur ottimo Creso, migliorato con mutagenesi indotta da radiazioni negli anni 70 alla Casaccia è praticamente scomparso e oltre il 99% delle varietà di grani duri attualmente coltivati è frutto di miglioramento genetico tradizionale da incrocio tra materiali preesistenti e fissazione di caratteri desiderati in linee pure. Simeto, leader per quasi trent’anni deriva da semplice miglioramento di Capeiti e quindi di Cappelli e di Eiti, popolazioni rispettivamente di “tipo” e origine tunisina e siriana senza radiazioni, colchicina, elettroschok o dott Mengele.

La celiachia non sta aumentando: lo certificano serie indagini epidemiologiche su migliaia di pazienti negli Stati Uniti (l’unica cosa che aumenta sono i pastrocchi insalubri costosi modaioli gluten-free) –

50 anni fa la celiachia era ancora diagnosticata come “sindrome da malassorbimento”. Il crescente aumento delle DIAGNOSI è merito dell’aumentata conoscenza del problema e soprattutto dei più accurati e standardizzati protocolli diagnostici.

Due nazioni vicine geograficamente, climaticamente, culturalmente e per abitudini alimentari come Tunisia e Algeria vedono invece la prima ai minimi (vado a memoria , mi sembra lo 0,3%) e l’altra ai massimi ( addirittura il 5% se non ricordo male) i livelli riscontrati di celiachia nelle rispettive popolazioni. Analoghe forti discrepanze nella Carelia Finlandese da una parte e Russa dall’altra, popolazioni di uguale provenienza, divise solo da un artificiale confine politico.

Forse si tratta degli effetti collaterali di infezioni neonatali da virus (Bouziat R., Hinterleitner R., Brown JJ., Stencel-Baerenwald JE., Ikizler M., Mayassi T., Meisel M., Kim SM., Discepolo V., Pruijssers AJ., Ernest JD., Iskarpatyoti J., Costes LM., Lawrence I., Palanski BA., Varma M., Zurenski MA., Khomandiak S., McAllister N., Aravamudhan P., Boehme KW., Hu F., Samsom JN., Reinecker HC., Kupfer SS., Guandalini S., Semrad CE., Abadie V., Khosla C., Barreiro LB., Xavier RJ., Ng A., Dermody TS., Jabri B., 2017. Reovirus infection triggers inflammatory responses to dietary antigens and development of celiac disease. Science, 356 (6333): 44-50.)

SICURAMENTE I GRANI MODERNI NON HANNO MAI EVIDENZIATO in NESSUNO STUDIO SCIENTIFICO SERIO E REFERATO PARTICOLARI CAUSE SCATENANTI O FACILITANTI

SOLO CONGETTURE E SLOGAN DI POST-VERITA’ indimostrata e indimostrabile.

Quindi nessuna criminalizzazione di chi ha dedicato una vita a migliorare la vita degli altri.

“Poi, per carità, potrebbe pure essere un caso. Non è stato chiaramente dimostrato che questo nesso non ci sia, comunque,

AH BEH allora, meno male….

..”mentre di studi che dimostrano una migliore digeribilità…”

ma nemmeno per sogno!

studi seri IN DOPPIO CIECO nei migliori reparti di Gastroenterologia clinica italiani (UNIPavia, UNIParma) ed esteri dimostrano proprio il contrario, l’assoluta indistinguibilità fra i diversi tipi di varietà di grano sulle sintomatologie patologiche:

Di Sabatino A, Volta U, Salvatore C, Biancheri P., 2015. Small amounts of gluten in subjects with suspected nonceliac gluten sensitivity: a randomized, double-blind, placebo-controlled, cross-over trial. Clinical gastroenterology and hepatology, 13 (9):1604-1612.

Prandi B, Tedeschi T., Folloni S., Galaverna G., Sforza S., 2017. Peptides from gluten digestion: A comparison between old and modern varieties. Food Research International, 91: 92-102

Ribeiro M., Rodriguez-Quijano M., Nunes FM., Carrillo JM., Branlard G., Igrejas G., 2016. New insights into wheat toxicity: Breeding did not seem to contribute to a prevalence of potential celiac disease’s immunostimulatory epitopes. Food Chemistry, 213: 8-18.

Zanini B., Baschè R., Ferraresi A., Ricci C., Lanzarotto F., Marullo M., Villanacci V., Hidalgo A., Lanzini A., 2015. Randomised clinical study: gluten challenge induces symptom recurrence in only a minority of patients who meet clinical criteria for non‐coeliac gluten sensitivity. Alimentary Parmacology and Therapeutics, 42 (8):968-976.

Bernardo
Bernardo
24 Aprile 2018 14:56

Certo che sentire, come è capitato a me al supermercato, gente che discute di glutine e poi nel carrello aggiunge hamburger di seitan a pasta e pane senza glutine, è molto più divertente di qualunque barzelletta.

Luca
Luca
Reply to  Bernardo
24 Aprile 2018 15:53

Non se il Seitan è fatto con quegli stessi grani che hanno – appunto – un glutine con struttura più digeribile.
Poi che nel settore dell’alimentazione alternativa molti (ma non tutti!) vanno “a tentoni” e prendono dei granchi non ci piove. Ma non mi sembra che in quella convenzionale sia molto diverso, anzi non ci si pone nemmeno minimamente il problema… le contraddizioni sono molto ma molto più grandi e più divertenti!

Mario
Mario
24 Aprile 2018 19:45

Bella discussione, proprio per addetti ai lavori.
Nelle nostre famiglie la pasta rappresenta uno dei piatti principali, così per i miei genitori ed i miei suoceri.

Sta di fatto che mia figlia di 36 anni è risultata intollerante al glutine da esami medici effettuati presso il reparto di Allergologia di un Ospedale. Evidentemente noi genitori (io sono nell’anno dei 70) ci siamo man mano abituati al glutine sempre più forte presente nei grani adattati alla lavorazione industriale, mentre il fisico di mia figlia purtroppo ha reagito male.

Fortunatamente non è celiaca, ma siamo costretti ad acquistare di tasca nostra pasta di riso che costa molto di più. In aggiunta mia moglie è costretta sempre a cucinare due tipi di pasta stando bene attenta a non inquinare con il glutine quella della figlia.

Questo per dire che l’intolleranza al glutine non è solo una moda, ma per qualcuno è un problema sia di salute che anche economico.

ezio
ezio
Reply to  Mario
25 Aprile 2018 12:25

Gent.mo Mario, le sarei molto grato se volesse informarci su che tipo di test d’intolleranza al glutine hanno fatto a sua figlia in ospedale.
Così che molti di quelli che non credono all’esistenza dell’intolleranza (diversa dalla celiachia) ed anche per tutti quelli che sospettano di avere difficoltà digestive ed assimilatorie di questa proteina, possano verificare che questo problema esiste veramente e come verificarlo analiticamente. Grazie

Luca
Luca
28 Aprile 2018 20:55

Signor Caiofabricius, vedo che lei si anima molto nella discussione e mi chiedo come mai si schieri così apertamente, accoratamente e con certezze assolute (che in realtà non ci sono, come dimostrano i numerosi studi scientifici che si continuano a svolgere sull’argomento) dalla parte dei Grani Moderni. Forse lei è in qualche modo legato alla parte della pastificazione industriale o della ricerca genetica moderna?
Ad ogni modo, se vede le ricerche svolte dal CRA di Foggia sul DNA dei grani moderni vedrà che tracce di DNA di Creso sono quasi onnipresenti nei grani successivi, anche in quelli che apparentemente non dovrebbero essere coinvolti geneticamente. Semplici incroci con metodi “tradizionali”? Può darsi, ma se uno incrocia con un “pronipote” del Creso si porta dietro la sua genetica, almeno in parte (finora non si sa nemmeno bene quanto, perchè contrariamente a quanto sottintende lei il metodo di ottenimento delle varietà è soltanto parzialmente dichiarato e non certo dimostrato, perchè ci sono dietro interessi commerciali – e ci sono pure le linee pure, di cui si sa relativamente poco): infatti il “materiale preesistente” che dice lei viene scelto, ovviamente, tra grani con ottime qualità “tecnologiche”, tra cui guarda caso molti figli e nipoti di quelli mutati con radiazioni. E che i grani ottenuti con mutagenesi indotta da radiazioni non sono una balla glielo posso assicurare, avendo avuto a che fare con scienziati che furono coinvolti in quelle attività. Il suo, come tanti altri che riporta tipo gli studi svolti negli USA (notorio paese di mangiatori di pasta!) mi sembra un po’ un tentativo disperato di arrampicarsi sugli specchi per cercare di dare una certezza scientifica a posizioni che, invece, questa certezza non l’hanno affatto. Anzi, ci sono molti studi contrastanti – ma ripeto che al momento le evidenze statistiche sono notevoli, finchè qualcuno non spara argomentazioni studiate ad arte come la mancata diagnosi di 50 anni fa (l’aumento c’è stato anche rispetto a 20 anni fa, anche a 10!). Il tutto condito da luoghi comuni indimostrabili e indimostrati come la diffusione della celiachia nel passato, per non parlare di insulti di vario tipo verso intere categorie di persone che hanno diritto quanto lei di avere una loro opinione e di valutare a quali studi dare più peso.
Chi è che fa un calderone?

fabrizio_caiofabricius
fabrizio_caiofabricius
30 Aprile 2018 01:34

Siamo alle solite…difendi il “metodo scientifico moderno” e allora, ecco la facile accusa gombloddista del web: Ki ti paaka?? Ci sarebbe da ridere, ma purtroppo invece l’atmosfera si fa pesante.

Nessuno si sogna di non riconoscere gli aspetti positivi dei materiali genetici veramente antichi (farri, spelta, turanici) o anche solo di varietà vecchio-modaiole-vintage (Cappelli, Verna) legati soprattutto alla loro potenziale enorme riserva di biodiversità genetica proprio per fronteggiare, GRAZIE AL MIGLIORAMENTO GENETICO e all’introduzione di geni o sequenze, cambiamenti climatici e possibili recrudescenze di vecchi e nuovi flagelli crittogamici o entomologici.

Farri e vecchie varietà sicuramente di grande valenza territoriale negli struggenti ambienti marginali, altrimenti economicamente tagliati fuori nel mondo globalizzato, e quindi la loro valorizzazione e finalmente una relativa discreta redditività per i produttori locali e l’indotto dei diversi servizi turistico-gastronomici. Ma questa pregevole opportunità non può giustificare il violento, strumentale e generalizzato attacco alle centinaia di pastifici e molini nazionali che grazie ad un prodotto di altissima qualità e sicurezza igienico-sanitaria affinato in secoli di esperienza hanno portato l’eccellenza del made in Italy nel mondo e migliaia di posti lavoro diretti ed indiretti soprattutto nel problematico Sud , che nessuno dovrebbe azzardarsi di mettere in pericolo con irresponsabile leggerezza, superficialità e qualunquismo.

Nessuno ha negato che le mutazioni positive che 50 anni fa hanno permesso al Creso di essere una varietà di straordinario successo siano state indotte da radiazioni, ma è semplicemente ridicolo (e oscurantista-intimorente il plagiabile peccatore) sottintendere che queste radiazioni siano ancor oggi ereditate come marchio indelebile del maligno.
Ribadisco, e so cosa dico, il Creso è oggi praticamente scomparso e pochi sono i suoi nipotini perché già negli anni ’80 furono intrapresi programmi di miglioramento che partivano da ben altri materiali (ottima la sintesi contenuta nel libro di Oriana Porfiri).
In ogni caso l’evoluzione di tutte le specie è da sempre legata a mutazioni più o meno grandi ed ereditabili che ne hanno permesso la sopravvivenza nei millenni proprio perché in grado di superare o aggirare improvvisi mutamenti climatici, trofici, parassitari, competitivi.
Oppure anche l’immutabile divino “CREAZIONISMO” gode di nuovi adepti ?

E se anche lei come me stima il lavoro dei ricercatori del CREA (non più CRA da alcuni anni…) di Foggia non le sarà certo sfuggito questo:
[De Santis, M. A., Giuliani, M. M., Giuzio, L., De Vita, P., Lovegrove, A., Shewry, P. R., & Flagella, Z. (2017). Differences in gluten protein composition between old and modern durum wheat genotypes in relation to 20th century breeding in Italy. European Journal of Agronomy, 87, 19-29.]
In questo studio emerge come siano principalmente le gliadine le proteine a dare problemi sia per gli allergici che per i celiaci, e queste oltre a non essere state modificate dal miglioramento genetico, nei grani moderni sono presenti in una proporzione minore.
“è noto come le gliadine alpha e gamma contengano molti epitopi tossici per i celiaci. In questo studio non si è trovato un effetto significativo del miglioramento genetico sull’espressione di queste proteine […]In più la gliadina omega-5, che dà particolari problemi agli allergici, è particolarmente presente nei grani antichi.”
Concludono dicendo che “non sono state trovate differenze significative tra varietà vecchie e nuove per quel che riguarda le alpha e gamma gliadine, considerate le maggiori responsabili della tossicità per i celiaci. In più nei grani moderni si è assistito a una riduzione della gliadina omega-5, un allergene importante.”
Quindi, non solo i grani antichi non sono “meglio” di quelli moderni da questo punto di vista, ma rischiano anche di essere più allergenici. È interessante che alcune delle varietà antiche studiate sono proprio quelle che ora vanno per la maggiore: Cappelli, Timilia, Russello, Saragolla. Queste di sicuro non sono meglio.

Che gli “americani mangino poca pasta” è solo parzialmente vero e comunque l’ilarità è un po’ scadente e non mi arrampico su nessuno specchio ricordando che la demonizzazione del glutine (che esiste in tutti i derivati del frumento tenero e dell’orzo e che sono milioni di tonnellate più diffusi del duro e della pasta) viene proprio da lì, soprattutto dalle mode lanciate dalle Star Hollywoodiane noti modelli mediatico-comportamentali. Ma, fortunatamente in quel grande Paese esistono anche istituti di ricerca di grandissimo valore e servizi sanitari di straordinaria efficienza che hanno più volte dimostrato che la CELIACHIA NON E’ IN AUMENTO come questo enorme studio epidemiologico su 22000 pazienti:
http://jamanetwork.com/journals/jamainternalmedicine/fullarticle/2547202
(Time Trends in the Prevalence of Celiac Disease and Gluten-Free Diet in the US Population: Results From the National Health and Nutrition Examination Surveys 2009-2014
JAMA Internal Medicine Published online September 6, 2016).

D’altronde le ho già fatto gli esempi della Carelia dove popolazioni geneticamente molto simili ma divise solo da un artificiale confine politico hanno percentuali di celiachia completamente diverse: il classico 1% nella parte “ricca” europea finlandese, ma solo lo 0.2% nella limitrofa russa dove il tenore di vita è decisamente inferiore e paradossalmente la dieta è molto più ricca di frumento.
E analogamente in Tunisia la percentuale è bassissima (0.3%) mentre è tra le più alte nella confinante Algeria (5% !) a parità di stili alimentari con abbondanza di grano duro (anzi la Tunisia è quella che mangia più pasta in Africa…)

La celiachia non è certo in aumento, fortunatamente lo sono invece i raffinati sistemi di indagine diagnostica che infatti prevedono per l’Italia di raggiungere i 600 000 casi (il ben noto 1%) rispetto ai 250 000 finora diagnosticati senza che nessuno cavalchi l’atteso fenomeno con savonarolesche crociate colpevolizzanti i grani moderni.
Dagli studi più recenti, sembra infatti che sia innescata da un reovirus: quando il glutine viene introdotto per la prima volta nella dieta dei bambini con un sistema immunitario ancora immaturo proprio mentre è in atto un’infezione da questo tipo di virus, considerati fino ad oggi innocui, questi ultimi in qualche modo potrebbero ‘confondere’ l’organismo. La traccia che lascia il virus è permanente e in seguito il sistema immunitario tratterà il glutine non come una comune proteina alimentare, ma come se fosse un pericoloso patogeno (Bouziat et al., 2017). È quindi maggiormente improbabile che le varietà moderne di grano possano essere ritenute responsabili del presunto aumento della celiachia, anzi, in recenti studi clinici le vecchie varietà hanno prodotto una quantità più elevata di peptidi (frammenti di proteine) con sequenze immunotossiche dopo la digestione (Prandi et al. 2017 Clinica Gastroenterologia, UNIParma).
E se proprio un vaccino antiReoVirus fosse la soluzione….?

In ogni caso rimane inaccettabile questo clima fanatico che instilla paure e crea nemici, questa recrudescenza di fideismo antiscientifico superstizioso e, soprattutto, lascia perplessi che ci sia chi se ne giovi politicamente ed economicamente, strumentalizzandolo. Non a caso a Occidente e Oriente trionfano movimenti più o meno “militarizzati” che negano, pro domo loro, le grandi conquiste sociali, scientifiche e mediche degli ultimi due secoli di illuminismo laico libero razionale e democratico che grazie alla diffusa conoscenza acquisita col metodo scientifico hanno innalzato esponenzialmente il benessere e la qualità della vita di miliardi di individui e non solo di pochi eletti della nobiltà e del clero. La “decrescita” sarà felice solo per chi la manovrerà, infelice per tutti gli altri.

Un esempio per tutti è l’incredibile esistenza e addirittura la crescita di chi, obnubilato da questo fanatismo Cirilliano, nega ai propri figli i vaccini e quindi la straordinaria garanzia di salute legata alla prevenzione di terribili patologie come la poliomelite , che per la mia età ho dovuto sconsolatamente conoscere con il relativo bagaglio di terribili e perenni mutilazioni su decine di allora bimbetti come me (io fortunato appena in tempo per il Sabin) e solo alcuni oggi anziani sopravvissuti tra handicap e sofferenze. Ma ,si sa, chi non prova non sa e si fa presto a dimenticare, soprattutto quando non si conosce….come, appunto, la tragica, oscena e diffusa, anzi capillare, miseria prima della “rivoluzione industriale”.

Le “perfide” industrie e multinazionali additate come il male assoluto fanno semplicemente business e non a caso avendo fiutato questo cambiamento involutivo si stanno lanciando senza tanti problemi sull’antico e sul “naturale”, accodandosi senza scrupoli alle fake news di postverità che ormai gratificano la pancia di crescenti masse di individui che hanno rinunciato a tenere vivo invece l’altro organo più nobile , la testa.

Last but not least, la pregherei di rimanere nei confini civili di un dibattito serrato, anche aspro ma senza volgari insinuazioni personali. Rimanere sull'”oggetto e non scivolare sul “soggetto” con subdole e fantasiose trame e complicità presuntuosamente anche un po’ irriguardose (Ki ti paaka? Appunto). Si fidi comunque che non sono al servizio di nessuna perfida multinazionale, lavoro onestamente e seriamente sul grano da molti anni e, pur cosciente dei miei limiti, cerco con umiltà conoscenza, verità scientifica e benessere per tutti gli operatori della filiera. Demonizzare e cercare di isolare socialmente colpendo il singolo individuo con noto “metodo Boffo” è tecnica tra le più usate per screditare, intimorire e tacitare gli avversari. Ma sarebbe tempo perso, non ci sono scheletri nel mio armadio che è privo di chiave, lindo e profumato di lavanda (moderna però…ahiaiaiiaii)

Luca
Luca
1 Maggio 2018 20:06

Attacco violento? Demonizzazione? Clima fanatico? Ma guardi che sta facendo di nuovo confusione (a parte le imprecisioni capziose di cui continua a infarcire i suoi commenti e che sono troppe per rispondere una per una)… Gli unici attacchi vengono dalla vostra parte…
Dall’altra parte c’è solo gente che non crede alle vostre argomentazioni e zitta zitta si viene comprando pasta fatta di grani antichi, senza rompere a nessuno. Siete voi che non sopportate la loro autonomia di giudizio e dovete per forza convincerli con valanghe di interventi pseudo scientifici di parte perchè non ci potete passare che qualcuno la pensi diversamente da voi (e vi tolga guadagni). Esattamente come per i vaccini.
La principale “truffa” in queste vostre argomentazioni è l’immagine di una comunità scientifica rigorosamente concorde su tutto, con una rigida ortodossia, da cui deriva ciò che dice “La Scienza”. Ma non è così. Ci sono pareri contrastanti quasi su tutto e studi che vanno in direzioni diverse anche come risultati. A meno che non si decida di zittire ogni voce discordante dimenticandosi che l’inquisizione è finita alcuni secoli fa… e la criticate tanto…