Dopo qualche mese dall’annuncio riportato nel Corporate Sustainibility Report (CSR) del 2011, la Ferrero ha deciso di utilizzare solo cacao certificato al 100% non proveniente da piantagioni e aziende che utilizzano il lavoro minorile. La certificazione avverrà sotto il controllo di organizzazioni che si occupano di sostenibilità ambientale e sfruttamento quali UTZ Certified, Rainforest Alliance e Source Trust.

 

Il programma è basato su una serie di tappe intermedie che si dovranno concludere nel 2020, perché la conversione richiede tempo e un rinnovo del sistema e dei canali di approvvigionamento non sempre banale. Per questo motivo fino al 2013 il cacao certificato sarà solo il 20%, poi si raddoppia entro il 2015, si arriva al 60% nel 2017, l’80% nel 2019 sino a completare il progetto nel 2020. Foodnavigator, nel riportare la notizia, ricorda che la Tropical Commodity Coalition, che valuta quanto sia sostenibile l’approvvigionamento di tè, caffè e cacao, nel rapporto del 2010 Cocoa Barometer, sottolineava come nessuna delle 135.000 tonnellate di cacao utilizzate ogni anno da Ferrero era certificata (vedi allegato), anche se l’azienda di Alba nel documento sul CSR relativo al biennio 2009/2010, affermava che il 10% del cacao totale lo era.

 

Per rispondere alla critica Ferrero aveva dichiarato a ConfictioneryNews.com: “Purtroppo al giorno d’oggi nessuno può garantire che non vi sia alcuna forma di sfruttamento del lavoro minorile dietro questo tipo di merce. Abbiamo però avviato verifiche per assicurare a noi e ai nostri clienti che lo sfruttamento dei bambini e degli adulti siano bandite dalle coltivazioni dalle quali ci riforniamo”. Ferrero precisa che in molti paesi produttori la situazione politica è spesso a rischio di instabilità, ma si è impegnata a fornire ulteriori dettagli sulla road map della certificazione nel prossimo CSR, atteso per maggio.

 

Le reazioni all’annuncio sono state positive, anche se non mancano le critiche per via dei tempi di realizzazione molto lunghi. Tra gli altri Antonie Fountain, direttore dell’ente no profit olandese Stop the Traffik, ha commentato: «Mi sarebbe piaciuto che tutto il processo fosse più veloce, ma si tratta comunque di un significativo passo in avanti, anche perché la Ferrero è la prima grande azienda che si impegna a certificare tutto il cacao entro il 2020, dopo la Mars. Entrambe possono essere prese a esempio dagli altri grandi colossi che non hanno ancora fatto nulla come Nestlé e Kraft/Cadbury». Fountain ha però anche sottolineato il suo disappunto per la decisione presa dalla Ferrero di non apporre alcuna etichetta specifica nei prodotti certificati, almeno per ora, perché il marchio aiuta i consumatori più consapevoli a scegliere e, indirettamente favorisce e accelera i processi di certificazione.

 

L’iniziativa della Ferrero è comunque in linea con gli impegni sottoscritti dai maggiori produttori mondiali nel 2001, con la firma dello Harkin Engel Protocol. Il documento prevedeva di eliminare del tutto la piaga del lavoro minorile entro il 2005: se tutto procede per il meglio, l’azienda italiana ci arriverà nel 2020, con 15 anni di ritardo. Va poi ricordato che la decisione della Ferrero giunge dopo che il Parlamento Europeo ha sottoscritto il 2010 il Cocoa Agreement, e approvato una risoluzione volta a combattere il lavoro minorile. L’Agreement impegna gli stati, ma anche le aziende, ad assumersi responsabilità e a fare tutto il possibile per ottenere filiere del cacao sostenibili e prive di sfruttamento. Un aggiornamento costante delle iniziative collegate all’Agreement si può consultare su sito.

 

Agnese Codignola

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