Carne di maiale
Le carni lavorate sono state inserite nella lista dei cancerogeni di gruppo 1. Ma sappiamo cosa significa?

Le carni  rosse e i salumi che hanno subito processi di lavorazione mirati ad aumentarne la conservabilità  fanno  parte della lista dei cancerogeni del gruppo 1. È quanto detto  dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul cancro (Iarc) sulle carni processate e rosse una settimana fa. Il che non equivale, come ha precisato con qualche giorno di ritardo anche la stessa Organizzazione Mondiale della Sanità, «alla richiesta di non mangiare più carni processate». L’elenco annovera 117 sostanze, tra cui il fumo, il benzene, l’amianto, l’alcol e l’arsenico. Tutte sono sicuramente cancerogene. Ma cosa vuol dire questa parola?

alcol sigaretta
Le interpretazioni scorrette sono nate dall’associazione erronea tra carne e fumo di sigaretta

«Cancerogena è una sostanza in grado di favorire l’insorgenza del cancro – chiarisce Umberto Agrimi, direttore del dipartimento di sanità pubblica veterinaria e sicurezza alimentare dell’Istituto Superiore di Sanità -. Nel caso delle carni trasformate è stata documenta una associazione con il cancro del colon-retto. Questo non significa che chi mangia due fette di salame svilupperà per forza un tumore. Un cancerogeno  aumenta il rischio di ammalarsi di un determinato tipo di cancro nel corso della vita. Se ciò accadrà e quando, è impossibile dirlo. Si parla di una probabilità che cresce, non di una certezza. E comunque è lo stile di vita nel suo complesso – compreso quello alimentare – a fare la differenza. Nel carcinoma del colon-retto sono molti i fattori di rischio in causa, compreso lo scarso consumo di fibre e l’eccesso di calorie nella dieta. Il consumo dello stesso quantitativo di carne ha un effetto diverso su un normopeso con uno stile alimentare e di vita sano e su un individuo in sovrappeso e sedentario. Una dieta sbagliata non sarà l’unica causa di un tumore del colon, ma certamente può dare una mano, in senso negativo, ad altri fattori di rischio».

La lunga premessa è utile a evitare che alcuni prodotti tipici della cucina italiana vengano messi sullo stesso piano di inquinanti ambientali che nascondono un rischio cancerogeno più alto. Come spiega l’agenzia di Lione, «l’appartenenza al medesimo gruppo non vuol dire che si tratti di sostanze ugualmente pericolose. La classificazione descrive la forza di un’evidenza scientifica riguardante un agente riconosciuto come causa di cancro, ma non assegna a questo un livello di rischio». L’istituzione effettua studi di associazione tra l’esposizione a un fattore di rischio e una malattia: nel caso dei salumi è il tumore al colon-retto (si cita anche quello allo stomaco, ma le evidenze non sono complete), che – come tutte le neoplasie – rimane una malattia multifattoriale, innescata dall’interazione tra ambiente, stile di vita e genetica. Ma non valuta l’entità del rischio, che in epidemiologia equivale alla probabilità che un evento avverso si concretizzi. A complicare la comunicazione è pure la suddivisione degli agenti in diverse classi: dal gruppo 1 (sostanze cancerogene per l’uomo) al gruppo 4 (probabilmente non cancerogeno). Nel mezzo i probabili (2A, in cui è stata inserita la carne rossa) e possibili (2B) cancerogeni. Ciò non vuol dire che quelle dell’ultimo gruppo siano sicuramente meno dannose rispetto alle prime, ma che lo Iarc dispone di informazioni di livello differente. Una sostanza probabilmente non cancerogena potrebbe divenire tale negli anni, alla luce di nuove evidenze, o scomparire dall’elenco: in assenza di prove che ne attestino la nocività.

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La carne rossa non lavorata non rientra nel gruppo 1: bisogna stare attenti ai metodi di cottura e allo stile di vita generale

Appurato che due sostanze possano essere entrambe causa di uno o più tumori, l’eventualità non è sempre la stessa. «Ogni anno nel mondo circa 34mila morti di cancro sono attribuibili a una dieta ricca di carni lavorate. Cinquantamila sarebbero quelle dovute a un eccessivo consumo di carne rossa. Il tabacco è, invece, responsabile certo di circa un milione di morti ogni anno nel mondo», fanno sapere dal quartier generale francese. È tutta qui la discrepanza tra le carni lavorate e il fumo di sigaretta. I rischi sono completamente diversi. Una sigaretta contiene 62 sostanze cancerogene certe. E il fumo è responsabile dell’86% dei tumori al polmone e del 19% di tutti i tumori. Differente è il discorso relativo alla dieta.

«Difficile considerare la carne tout court come un  cancerogeno   – prosegue Agrimi – certamente lo sono alcuni composti che l’accompagnano in fase di conservazione o di cottura. Ma un conto è abusare ripetutamente  di salumi, un altro è mangiare una fettina di vitello accompagnata da un contorno di verdure». La cui presenza nel piatto, come ribadito nei giorni scorsi da diversi nutrizionisti, apporta antiossidanti che riducono la  formazione dei radicali liberi e contrastano l’azione delle molecole cancerogene assunte attraverso la carne. Proprietà che rendono fuorviante anche la considerazione che i nitrati utilizzati dall’industria salumiera (entro limiti di sicurezza per il consumatore) per ridurre le contaminazioni da clostridium botulinum, che nell’ambiente dello stomaco reagiscono con gli amminoacidi e si trasformano nelle nitrosammine, cancerogene, si trovano pure nei vegetali. «Frutta e verdura contengono vitamine e antiossidanti che inibiscono la formazione delle nitrosammine».

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Mileno SPINADIN
12 Novembre 2015 22:59

Seguo sempre tutto sull’alimentazione. Io uso da tanti anni un’alimentazione molto varia,limitando al massimo i grassi saturi,assumendo molte verdure e frutta con impatto glicemico basso per diabete. Il mio HDL sta intorno a 150. Sono c.30 anni che non fumo,ho 92 anni e sono ancora in verticale).Moltissimi cibi li abbino al limone per evitare la combinazione dei nitriti con le proteine; a parte degli acciacchi della perduta gioventù sto abbastanza bene. Occorre nutrirsi di un po’ di tutto equilibrando gli alimenti. Cordialità M.S.