TTIP: a rischio la sicurezza alimentare dei cittadini europei. Intervista a Alberto Mantovani tossicologo dell’ISS su ormoni, pesticidi e controlli di filiera
TTIP: a rischio la sicurezza alimentare dei cittadini europei. Intervista a Alberto Mantovani tossicologo dell’ISS su ormoni, pesticidi e controlli di filiera
Roberto La Pira 13 Marzo 2015I negoziati sul Trattato commerciale di libero scambio tra Unione europea e Stati Uniti (Transatlantic Trade and Investment Partnership – TTIP), sono circondati ancora da troppi segreti e stanno sollevando timori per la possibile riduzione degli standard di sicurezza europei nel campo alimentare e ambientale. Per capire meglio abbiamo intervistato Alberto Mantovani, direttore del reparto di tossicologia alimentare e veterinaria dell’Istituto Superiore di Sanità ed esperto dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa).
Ci sono punti non negoziabili all’interno del negoziato ?
Quel che posso dire è che il quadro in cui si muove l’Unione europea, stabilito dal Libro bianco del 2000 non mi risulta essere mai stato messo in discussione, è che la sicurezza alimentare, intesa come protezione della salute dei cittadini e come fiducia dei cittadini nel sistema di protezione, è uno dei valori fondamentali che informano tutta l’azione dell’Unione europea. Mi sembrerebbe quindi strano e contraddittorio che fossero intraprese azioni apertamente in contrasto con questa posizione di fondo.
Le negoziazioni sul TTIP riguardano l’eliminazione delle barriere tariffarie e di quelle non tariffarie, prevedendo un’armonizzazione dei due sistemi, europeo e statunitense. Cosa potrebbe significare la nuova situazione nel campo dei pesticidi, dei materiali a contatto con gli alimenti e dei mangimi?
Un’armonizzazione può voler dire molte cose. Dal punto di vista degli esperti scientifici, un’armonizzazione può anche essere auspicabile, se la parte che ha un approccio meno aggiornato e meno solido si conforma a standard più alti (in genere più protettivi nei confronti dei consumatori e dell’ambiente). In genere la posizione europea risulta più cautelativa, rispetto a quella statunitense: questo è vero nella maggioranza dei casi ma non sempre. Su argomenti come gli interferenti endocrini, alcune authority statunitensi, come l’Environmental Protection Agengy (EPA), hanno avuto un ruolo di avanguardia a livello mondiale e hanno svolto certamente da stimolo anche nei confronti delle istituzioni europee. In sintesi un’eventuale armonizzazione non può che basarsi sui principi fondanti della tutela del cittadino e dell’ambiente.
Si tende a dire che la posizione europea è più avanzata di quella statunitense, perché si basa sul principio di precauzione, secondo cui un prodotto non viene autorizzato sino a che non è dimostrato che è sicuro, mentre gli Stati Uniti lo vietano se viene dimostrato che è pericoloso. Secondo lei è vero?
In molti casi, questo è profondamente corretto; infatti, l’Europa vuole un’evidente assenza di rischio, non semplicemente l’assenza dell’evidenza di un rischio. Da noi l’identificazione di incertezze scientifiche serie giustifica l’adozione di misure basate sul principio di precauzione. Questo aspetto può essere declinato in molti modi ma comunque, tra le varie scelte possibili, prevede che si faccia quella più protettiva per il consumatore. L’esempio più noto è il divieto nel 2011 della presenza del Bisfenolo A nei biberon prodotti e commercializzati in Europa, deciso sulla base di un parere dell’Efsa, che lasciava adito ad alcune incertezze sulla sicurezza della sostanza alle dosi che potevano essere assunte dai bambini. Questi elementi hanno fatto scattare in maniera assolutamente corretta il principio di precauzione. Un altro aspetto meno noto in cui l’Europa è più avanzata da un punto di vista scientifico, è quello sulla strategia relativa alla sicurezza alimentare. In linea di principio, la strategia “dai campi alla tavola” richiede un controllo integrato di filiera, che va dalla produzione primaria, compresi i mangimi e dai fertilizzanti, fino alla vendita al dettaglio. I controlli statunitensi sono più concentrati nella parte intermedia, cioè sulla grande produzione alimentare. In questo caso, un’armonizzazione fatta in modo corretto potrebbe andare a tutto vantaggio dei consumatori americani e dell’intero sistema statunitense, che sarebbe protetto in modo più completo.
La scelta statunitense di concentrare i controlli sulla fase intermedia della produzione a cosa è dovuta?
Credo sia dovuta a un’elaborazione meno avanzata della valutazione del rischio. Un analogo metodo adottato anche dall’Europa prima della costituzione dell’Efsa che ha introdotto una strategia più complessiva di azioni che spazia “dai campi alla tavola”. In quel periodo, il sistema dei controlli in Italia, pur con innegabili difetti di applicazione, era quello più avanzato, perché già pensava ad operare sull’intera filiera, basandosi sulla rete del Servizio Sanitario Nazionale diffusa sul territorio.
Secondo uno studio del Center for International and Environmental Law, le grandi multinazionali stanno premendo affinché passi la posizione statunitense che, nel campo dei pesticidi, significherebbe poter utilizzare 82 pesticidi attualmente vietati nell’Unione europea. Dal suo punto di osservazione, lei ha sentore di come si muovono le multinazionali e come cercano di influenzare le trattative sul TTIP?
La posizione delle multinazionali è chiara e trasparente. Ricordo un recente comunicato dell’associazione dei produttori americani di fitosanitari, non comprendente solo le multinazionali, secondo cui le regole dell’Unione europea hanno limiti troppo rigidi rispetto alla commercializzazione dei pesticidi. Sono discorsi legittimi, da parte di chi fa il lobbista. Dal mio punto di vista, il sistema di valutazione europeo è certamente severo ma in questo modo viene anche stimolata un’innovazione profonda nelle tecniche agricole, verso piani di difesa integrati e verso un’agricoltura intelligente, attenta all’impatto ambientale e all’uso delle risorse. La severità su basi scientifiche va vista anche come una spinta all’innovazione.
Se prevalesse un’armonizzazione nel senso della severità europea, quale potrebbe essere l’interesse americano per un Trattato come il TTIP?
L’Europa rappresenta un mercato ampio e costituito da paesi ricchi, nonostante la crisi. In America ci sono pratiche arretrate, ad esempio nel campo della mangimistica, dove si usano ancora additivi all’arsenico per i polli e antibiotici nei mangimi, come trattamento di massa e non come terapia per gli animali malati, con preoccupanti ricadute sull’efficacia degli antibiotici negli esseri umani. Un altro aspetto, su cui l’Unione europea ha preso una posizione ferma, più cautelativa e scientificamente più avanzata rispetto agli Stati Uniti, riguarda l’utilizzo degli ormoni nella produzione di carne, in particolare di quella bovina, una pratica di cui non è dimostrata la sicurezza. Inoltre, come ha sottolineato l’Efsa in un suo parere, gli Stati che consentono l’utilizzo di ormoni poi non effettuano controlli sui residui di questi ormoni nelle carni. Dal mio punto di vista di esperto di sicurezza alimentare mi viene da dire che l’apertura del mercato europeo potrebbe avere un riflesso positivo sul sistema americano, da una parte come stimolo all’innovazione nel campo della sicurezza e dall’altra favorendo l’adozione di un controllo più integrato e più di filiera. Naturalmente, all’Unione Europea spetta il compito di difendere e valorizzare la forza e i vantaggi del proprio sistema a tutela della qualità e sicurezza degli alimenti.
Intervista raccolta da Beniamino Bonardi
© Riproduzione riservata – Foto: iStockphoto.com
Le donazioni si possono fare:
* Con Carta di credito (attraverso PayPal): clicca qui
* Con bonifico bancario: IBAN: IT 77 Q 02008 01622 000110003264
indicando come causale: sostieni Ilfattoalimentare
Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza come free lance con diverse testate (Corriere della sera, la Stampa, Espresso, Panorama, Focus…). Ha collaborato con il programma Mi manda Lubrano di Rai 3 e Consumi & consumi di RaiNews 24
Finalmente un esperto che non favorisce il terrorismo mediatico sul TTIP.
E’ vero, tuttavia non ha nemmeno parlato a favore del TTIP.
Se ho capito bene, la questione fondamentale è il ‘verso’ dell’armonizzazione: ovvero, saranno gli USA che adotteranno i nostri standard o saremo noi ad adottare i loro? Questo ancora non si sa, e quest’ultima opzione è sì fonte di paure, o almeno lo è per me e molti altri..
Non riesco a capire perchè aumentare l’interscambio dovrebbe permettere l’ingresso di cibi illegali in Europa. Ci saranno gli stessi controlli no???? Anzi, regolarizzando ci sarà magigore controllo, mentre adesso sappiamo bene come venga aggirato il sistema triangolando i carichi tramite paesi furbetti.
Perché le regole cambieranno , potranno entrare carni trattate, cereali ogm non etichettati, prodotti con additivi non ammessi in UE ecc.
Ma non è vero! E semmai protesteremo quando cambieranno le regole sanitarie, non perchè si cercherà un’etichettatura compatibile, una logistica integrata, una maggiore accessibilità.
Quanto al cambio delle regole semmai a cambiare sarà roba tipo il divieto alla vendita di ovetti kinder negli Usa, o il lardo di colonnata perchè conservato in modo anomalo, di CERTO non lo tolleranza su pesticidi pericolosi!
La sua è un’opinione molto particolare. Se cambiano le regole sulla sicurezza alimentare e viene meno il principio di precauzione adottato in Europa il livello di sicurezza alimentare si abbasserà notevolmente.
Se verrà meno il principio di precauzione protesteremo ferocemente. Dov’è scritto che verrà meno?
Nei pochi documenti che circolano si parla di questi progetti . Il fatto che anche il negoziato sia segreto dovrebbe lasciare intendere che non c’è niente di buono all’orizzonte
e forse cosa importante non detta è che nel caso di azione legale tra una azienza statunitense ed una europea, il giudice sarebbe un terzo soggetto non soggetto alle regole europee soprattutto. io non mi spiego bene, ma le info ci sono in rete.
nel caso di una causa tra l’italia e un produttore usa, quest’ultimo appellandosi al terzo giudice potrebbe obbligare l’italia ad accettare prodotti non accettati.
di questo pochi ne parlano.
Antonella e Andrea sono filoamericani. Ma io ci scommetto che al redde rationem si guarderebbero bene dal comprare i veleni americani.
no Tullio
non sono filoamericani ..probabilmente sono solo filoaziendali (quelle a cui appartengono o di cui sono proprietari ) ovvero quelle a cui sarà permesso di avvantaggiarsi del “patto” aumentando le esportazioni verso gli stati uniti….
e loro continueranno ad acquistare prodotti in italia (italiani DOP e DOCG) di “nicchia” che saranno sempre più per pochi eletti
vorrei proprio vedere come e quanto è facile “protestare” dopo che sono state approvare una “bella serie di leggi/patti” , si si proprio molto facile … ora mi viene in mente la Grecia .. uu ai voglia a protestare per far cambiare certe regole che favoriscono i poteri forti ………e bla bla bla
Solo un popolo di pecore sorde mute e cieche, può delegare una simile questione ad emissari che gestiscono in gran segreto trattati così importanti per la salute ed il benessere dei cittadini europei.
Qui la riservatezza non ha alcuna giustificazione se non per proteggersi da incofessabili intenzioni di cedere alle volontà di un paese forte come gli USA e dei lobbisti che li spingono.
Negli USA è metodo strutturale, considerato cosa è la FDA e l’influenza politica delle lobby, ma in Europa le cose sono molto diverse e questo comitato per le trattative deve essere trasparente ed avere un chiaro e definito mandato.