Come ridurre il consumo di cibi e bevande poco salutari – patatine, snack, panini confezionati, bibite zuccherate – nei bar di grosse istituzioni, come ospedali o università?  Al Massachusetts General Hospital di Boston ci sono riusciti con un’azione combinata in due mosse.

Primo, etichette colorate per distinguere la salubrità di cibi e bevande: verde per i più sani, rosso per quelli da evitare e giallo per quelli da concedersi una tantum. Secondo, una disposizione differente dei prodotti in vetrine e distributori, che renda più visibili e accessibili proprio quelli con etichetta verde.

Ilfattoalimentare.it se ne è occupato più volte: in diversi paesi – Stati Uniti in testa – si moltiplicano le iniziative e le sperimentazioni per cercare di porre un freno alla dilagante epidemia di obesità, dalle tasse sui cibi spazzatura, alle indicazioni da apporre nei pressi di distributori, al semaforo in etichetta.

 

Uno degli interventi più tipici è l’esplicita dichiarazione sulla confezione del contenuto calorico del prodotto. «Non sempre, però, questo tipo di informazione è davvero efficace nel prevenire consumi poco salutari – afferma Anne Thorndike medico del Mass General. Perché lo sia, occorre che i consumatori sappiano come interpretarla, e questo richiede un elevato livello di competenze in ambito nutrizionale e una certa dimestichezza con i numeri».

Da qui l’idea di Thorndike e alcuni colleghi di sperimentare una modalità differente nell’affollato bar dell’ospedale, dove ci sono stati, in media, 6534 acquisti per giorno lavorativo nel periodo dello studio, tra il primo dicembre 2009 e il primo settembre 2010.

Prendendo in considerazione una serie di parametri positivi (essere un frutto o un vegetale, essere integrale o avere un basso contenuto di grassi – e negativi – avere un elevato contenuto di calorie o di grassi saturi) i medici hanno classificato la grande maggioranza dei prodotti venduti presso la caffetteria in tre categorie differenti: salutari (etichetta verde), da evitare (rossa) e da consumare solo occasionalmente (gialla). Ovviamente, il significato di questa etichettatura era ben spiegato su brochure e poster distribuiti nel locale caffetteria.

 

Già questa semplice distinzione (fase 1) ha permesso di ottenere una significativa riduzione dei consumi degli alimenti ritenuti più pericolosi per la salute (snack dolci e salati o bevande zuccherate): meno 16,5% per le bevande e meno 9,2% per i cibi con etichetta rossa, mentre quelli con etichetta verde salivano rispettivamente del 9,6% e del 4,9%.

In un secondo momento, però, Thorndike e collaboratori hanno fatto un ulteriore passo avanti (fase 2), ricollocando i prodotti negli spazi a disposizione. Tutti i prodotti “verdi” sono finiti ad occupare posizioni ad altezza occhi nei frigoriferi e nei distributori, mentre quelli “gialli” o “rossi” (di nuovo: patatine, snack, panini preconfezionati, bibite dolcificate) sono finiti sopra o sotto.

 

Inoltre, sono stati distribuiti in tutto il locale nuovi cestini contenenti bottigliette d’acqua. Anche in questo caso gli effetti sono stati sostanzialmente positivi, pur con qualche distinguo. Nel complesso, infatti, la vendita di prodotti con etichetta verde è leggermente diminuita rispetto alla fase 1 (meno 0,8%), ma è significativamente aumentata la vendita di acqua e bevande dietetiche, a fronte di una ulteriore riduzione dei consumi delle bevande più caloriche, con etichetta rossa.

 

Certo, come spesso accade, anche questo studio ha alcune limitazioni, ma sembra affermare chiaramente che – almeno fuori casa – possono bastare semplici accorgimenti (che per di più non toccano né i prezzi né la possibilità di scelta) a promuovere il consumo complessivo di alimenti più sani.

 

Valentina Murelli

http://ajph.aphapublications.org/doi/abs/10.2105/AJPH.2011.300391

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