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donna vino bere Vinitaly si è appena concluso: gli ultimi dati attestano consumi interni in calo e danno qualche speranza per mercati in crescita a Oriente (Cina) e a Occidente (Usa e Giappone). La novità maggiore di questa edizione riguarda i vini biologici presentati ufficialmente per la prima volta.

 

A partire dalla vendemmia del 2012 è entrato in vigore il nuovo Regolamento 203/2012 sulla vinificazione biologica. Atteso da più di 20 anni, la norma ha preso il via solo quando si è riusciti a trovare un accordo su alcuni punti critici. Sino ad allora, sullo scaffale era reperibile solo il vino “da uve da agricoltura biologica” (dicitura destinata a scomparire presto). Mentre le regole da rispettare in campo e nella coltivazione erano già ben definite dalla disciplina europea sull’agricoltura biologica, nessun paletto e nessuna norma era stata fissata per la cantina.

 

vigneti vinoIl punto più spinoso, attorno a cui si è discusso per decenni, ha riguardato l’anidride solforosa. Si tratta di una sostanza chimica indispensabile per la vinificazione soprattutto dei bianchi e ammessa anche nel vino biologico, seppure in concentrazioni più basse rispetto al prodotto convenzionale (100-150 mg/litro a seconda che il vino sia rosso o bianco contro i 150-200 mg/l dei prodotti non bio).

L’anidride solforosa è una sostanza allergenica che va dichiarata in etichetta: per questo motivo anche la difficoltà ad accettarne  la presenza in un prodotto bio (visto che molti consumatori percepiscono i prodotti ottenuti dall’agricoltura pulita oltre che  più rispettosi dell’ambiente, anche più salubri).

 

logo-biologicoIl vino bio, nonostante tutto, ora c’è: può essere etichettato come tale e ottenere il marchio europeo che contraddistingue i prodotti biologici. E, con buona pace di chi ha largamente discusso sulla presenza e sulla concentrazione di anidride solforosa, è anche un prodotto in crescita.

La Confederazione Italiana Agricoltori (CIA) comunica che nonostante il consumo nazionale di vino sia costantemente in calo da anni (dai 100 litri annuali pro capite degli anni ’70 si è passati ai 38 litri attuali), nel 2012 la spesa per il vino biologico è aumentata del 7,3%. Questo dato riflette anche l’incremento produttivo visto che nel nostro paese sono circa 50mila gli ettari di vigneti destinati alla vinificazione biologica. La Sicilia è la regione più attiva nella conversione dei terreni convenzionali, seguita da Puglia e Toscana.

 

vini comprare coppia L’attenzione dei consumatori verso le bottiglie biologiche è interpretata come uno specchio dei nuovi stili di vita più salutistici e orientati alla sostenibilità ambientale. L’andamento positivo del  mercato è ancor più netto se si considerano i dati in costante crescita relativi a Germania, Regno Unito, Francia, Danimarca, Usa, Cina e Giappone.

 

Ed è proprio in riferimento al crescente interesse verso l’ambientale che trovano spazio anche altre iniziative come V.I.V.A., sostenuto dal Ministero dell’Ambiente e presentato a Vinitaly dal ministro Corrado Clini.

Si tratta di un progetto pilota su scala nazionale per la misura della performance di sostenibilità della filiera vite-vino, a partire dal calcolo delle impronte dell’acqua e del carbonio. V.I.V.A. è un progetto forte perché  grandi aziende vitivinicole italiane hanno chiesto al Ministero di farne parte mentre università ed enti di ricerca lo affiancano dando un contributo.

 

paesaggio vigneti ToscanaA distanza di due anni dall’inizio i primi risultati sono stati presentati a Vinitaly pochi giorni fa, relazionando sull’obiettivo di accompagnare le aziende verso una certificazione di impatto ambientale secondo i canoni della Life cycle analysis, vale a dire analizzando tutta la filiera, dalla produzione delle materie prime (uva, sughero del tappo, vetro della bottiglia, carta dell’etichetta) fino a vinificazione, imbottigliamento, trasporto e distribuzione al dettaglio.

L’analisi tiene conto dell’uso delle risorse ambientali (acqua, territorio, energia) e dell’impatto negativo di ciò che la filiera produce (rifiuti, CO2, residui di pesticidi o concimi, sostanze potenzialmente tossiche). I risultati sono espressi secondo quattro criteri, riportati in etichetta: territorio, acqua vigneto, aria (vedi foto sotto).

 

viva.vino.sostenibilePer realizzare il progetto, il Ministero ha insediato una speciale unità tecnica che, affiancata da autorevoli centri di ricerca e università, valuta i prodotti e aiuta a ridurre l’impatto per ottenere una certificazione di vino sostenibile. Sono già diverse le aziende che hanno chiesto e ottenuto di far parte di questo progetto pilota: Gancia, Masi, Marchesi Antinori, Mastroberardino, Michele Chiarlo, Castello Montevibiano Vecchio, Planeta, Tasca d’Almerita e Venica&Venica.

L’obiettivo è quadruplice: rispondere alle mutate richieste dei consumatori, aprire la strada a nuovi mercati, garantire maggiore sostenibilità ambientale e ottimizzare i processi produttivi. Gli ultimi due goal sono legati: maggiore sostenibilità ambientale vuol dire maggiore sostenibilità economica. E in questi tempi di crisi non dobbiamo dimenticarcene.

 

Lorena Valdicelli

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Foto: Photos.com, progetto V.I.V.A., UE.

11 Aprile 2013
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ezio
ezio
18 Aprile 2013 10:26

Mi permetto un pensiero critico a questa ennesima etichetta e/o certificazione, anche se supportata dall’autorevolezza del Ministero dell’Ambiente.
Io penso che le istituzioni debbano normare e vigilare a 360° su tutte le attività produttive ed il territorio, senza alcuna esclusione di prodotti ed operatori.
Etichettare alcune produzioni, escludendone altre dello stesso comparto o di altre filiere, non mi sembra esattamente un ruolo istituzionale, ma più di sponsorizzazione privata.
Che ne è delle migliaia di piccoli e piccolissimi produttori con produzioni d’eccellenza, che magari impattano molto meno di un’insediamento industriale, ma che non hanno il modo ne il tempo di dedicarsi all’ennesima certificazione?