
Dal 1° luglio 2016, nel Vermont gli alimenti contenenti ingredienti geneticamente modificati in quantità superiore allo 0,9% del peso totale del prodotto avranno l’indicazione in etichetta e non potranno definirsi “naturali”. Lo stabilisce una legge appena approvata con 114 voti a favore e 30 contro, che fa del Vermont il primo tra gli Stati Uniti d’America ad adottare questa misura. Nei mesi scorsi, lo avevano fatto il Connecticut e il Maine, che però hanno subordinato l’entrata in vigore della disposizione al fatto che essa sia adottata anche da altri Stati: altri quattro Stati del Nord-Est con una popolazione totale di almeno 20 milioni di persone, nel caso della legge del Connecticut; cinque Stati vicini, tra cui il New Hampshire, nel caso del Maine.
Nella relazione che accompagna la normativa del Vermont si spiega che l’obbligo di etichettatura è motivato dal fatto che gli OGM pongono dei rischi potenziali per la salute, la sicurezza, l’ambiente e l’agricoltura, dal momento che non c’è consenso scientifico sulla loro innocuità e che i loro effetti non sono mai stati oggetto di uno studio epidemiologico a lungo termine.

La legge del Vermont prevede la costituzione di un fondo fino a 1,5 milioni di dollari, a cui i cittadini possono contribuire volontariamente, per sostenere le spese della controversia legale che nascerà dal probabile ricorso in tribunale dell’industria, secondo la quale la Food and Drug Administration (FDA) è l’unica autorità competente a stabilire se un ingrediente geneticamente modificato può essere dannoso per la salute e se debba essere indicato in etichetta. L’industria chiede anche una legge federale, che vieti ai singoli Stati di legiferare in materia.
Beniamino Bonardi
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