cookware and accessories on a wooden table.

Plastic kitchen utensils in red cup on wooden backgroundL’istituto tedesco per la valutazione del rischio, il BfR, ha reso noto un documento in cui lancia l’allarme poliammide (PA), una plastica utilizzata per realizzare utensili da cucina: fino a quando non ci saranno dati certi, sarebbe meglio limitare al massimo il contatto con il cibo, soprattutto quando è caldo, perché la migrazione di alcune componenti di questo materiale può essere molto elevata.

Le sostanze potenzialmente rischiose presenti nella poliammide sono degli oligomeri ciclici, costituiti da poche unità chimicamente molto simili, che si possono formare non intenzionalmente durante la produzione della plastica. Nel caso specifico, sono stati considerati i composti derivati da due poliammidi, una chiamata PA 6 (sostanza di partenza: caprolattame) e l’altra PA 6,6 (sostanze di partenza: acido adipico ed esametilendiammina). 

Su nessuna delle due esistono dati certi sperimentali, e per questo il BfR si è basato sul principio – riconosciuto a livello internazionale – della soglia di allarme tossicologico, studiato apposta per le sostanze la cui tossicità non è nota. In base a esso, a seconda del tipo di struttura chimica, le molecole rientrano nelle cosiddette classi di Cramer, ognuna con un livello di assorbimento massimo giornaliero. Nel caso degli oligomeri derivati delle poliammidi, la classe scelta è stata la III, che ha come limiti di sicurezza 90 microgrammi (millesimi di milligrammo) per una persona dal peso di 60 chilogrammi. Considerando la concentrazione nel cibo, il BfR afferma che ogni giorno, in teoria, si possono mangiare alimenti che abbiano 5 milligrammi di oligomeri ciclici per kg di cibo.

Come detto, non ci sono valori ufficiali, ma in base a studi sulla migrazione nei cibi pubblicati negli anni 2016/2017, relativi a 33 utensili, la quantità di PA che può essere rilasciata può essere superiore a tale limite, a volte di molto: 23 dei 33 strumenti analizzati avevano valori di migrazione inferiori ai 5 mg/kg, ma 10 superiori. Si può poi affermare, sempre in base a quanto si sa oggi, che in condizioni normali questi oligomeri non sono genotossici, cioè non arrecano danni al DNA, ma possono causare effetti nocivi a fegato e tiroide, soprattutto se in alte dosi. 

La conclusione è un invito ai produttori, affinché eseguano test specifici attenendosi a quanto indicato dall’Efsa su questi materiali, e uniformino le procedure di sintesi e di realizzazione degli strumenti da cucina in modo da ridurre al minimo la migrazione. Nel frattempo, i consumatori dovrebbero limitare il più possibile i contatti tra gli utensili in poliammide e il cibo, soprattutto quando si superano i 70°C.

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Sandro kensan
6 Novembre 2019 21:49

Ma il legno non va bene? troppi batteri? Allora vi verrà un po’ di febbre ma il fegato è salvo.