
TTIP: braccio di ferro tra Parlamento e Commissione UE sui tribunali privati. Rischio che interessi privati prevalgano sulle leggi. Rivelazioni di Wikileaks
TTIP: braccio di ferro tra Parlamento e Commissione UE sui tribunali privati. Rischio che interessi privati prevalgano sulle leggi. Rivelazioni di Wikileaks
Redazione 14 Aprile 2015
Sulle trattative relative al Trattato commerciale di libero scambio tra Stati Uniti e Unione europea (Transatlantic Trade and Investment Partnership – TTIP), è in corso un braccio di ferro tra il Parlamento europeo e la Commissione Ue. Uno dei punti più controversi riguarda gli arbitrati sovranazionali per risolvere le controversie tra investitori e Stati. Parlando alla Commissione sul commercio internazionale del Parlamento europeo, la Commissaria Ue al Commercio, Cecilia Malmström, ha presentato una nuova proposta, prendendo atto del grande scetticismo e delle preoccupazioni emerse nella consultazione pubblica dello scorso anno. La Commissaria ha replicato indirettamente anche al progetto di relazione che contiene le raccomandazioni alla Commissione europea sul TTIP, che il Parlamento europeo voterà in seduta plenaria prima dell’estate. Nel progetto di relazione si boccia il meccanismo degli arbitrati sovranazionali, ritenendo che sia necessario “garantire un trattamento non discriminatorio degli investitori stranieri e che questi ultimi abbiano un’effettiva possibilità di chiedere e ottenere soddisfazione nei ricorsi, il che è possibile senza dover prevedere un meccanismo di risoluzione delle controversie tra investitori e Stati; nel TTIP un tale meccanismo non è necessario in quanto l’Unione europea e gli Stati Uniti dispongono di ordinamenti giuridici avanzati; lo strumento più idoneo per affrontare le controversie in materia di investimenti è rappresentato da un meccanismo di risoluzione delle controversie tra Stati e dal ricorso ai giudici nazionali”.

La proposta della Commissaria Malmström presentata sotto forma di “idee preliminari” aperte alla discussione, vuole rispondere alla preoccupazione emersa, sul sistema di arbitrato sovranazionale. Il timore è che il TTIP possa dare alle imprese un eccessivo margine di manovra per attaccare le norme che non sono di loro interesse, mettendo a rischio le regolamentazioni europee e nazioanli. C’è anche il timore che la semplice possibilità di cause intentate dagli investitori stranieri possa condizionare l’attività dei nostri legislatori. Secondo Cecilia Malmström è opportuno inserire un articolo per chiarire che i governi sono liberi di perseguire obiettivi di politica pubblica e di scegliere il livello di protezione appropriato. In questo modo le multinazionali non potrebbero fare causa agli Stati solo perché le normative cambiano. Per rispondere all’obiezione sulla scelta degli arbitri tra gli avvocati, la Commissaria propone che venga creato un albo permanente di arbitri qualificati, comprendente solo persone abilitate a essere giudici nel proprio Paese. Sulla mancanza della possibilità di ricorrere in appello contro le decisioni del sistema arbitrale ISDS, Cecilia Malmström propone di inserire nel TTIP un organo d’appello, con membri permanenti, per garantire coerenza d’interpretazione e possibilità di rivedere le decisioni prese dagli arbitri in primo grado.

Di fronte alla percezione del sistema ISDS come un luogo dove cercare di ribaltare le decisioni adottate dai tribunali nazionali, la Commissaria ipotizza che gli investitori debbano scegliere, sin dall’inizio, se ricorrere davanti ai giudici nazionali o agli arbitri dell’ISDS. Un’altra opzione potrebbe essere quella di consentire alle imprese che hanno fatto ricorso ai tribunali nazionali di passare all’ISDS solo prima che l’iter giudiziario sia concluso. Pochi giorni dopo questa informativa Wikileaks ha pubblicato un documento segreto riguardante un altro Trattato, il Trans-Pacific Partnership (TPP), che gli Stati uniti stanno negoziando con altri undici Paesi di Sud America e Asia e il Canada. Il documento – come riferisce il New York Times – prevede che gli investitori stranieri possano ricorrere all’arbitrato sovranazionale, per chiedere un risarcimento se uno degli Stati aderenti al TPP espropria o nazionalizza un investimento “direttamente o indirettamente”. Secondo il documento, per “esproprio indiretto” si deve intendere il caso in cui le azioni di un governo interferiscano con le ragionevoli aspettative d’investimento. Una definizione molto vaga, che lascia aperta la possibilità che le imprese chiedano risarcimenti ai governi, perché hanno modificato leggi e regolamenti in vigore al momento dell’investimento.
Ad attenuare i timori non basta quanto si legge in un allegato in cui si afferma che gli atti normativi destinati a “tutelare legittimi obiettivi pubblici di welfare, come la salute pubblica, la sicurezza e l’ambiente” non costituiscono un’espropriazione indiretta, “tranne in rare circostanze”. Il concetto di “rare circostanze” non viene specificato e quindi rimarrebbe lasciato alla libera interpretazione dei tribunali privati sovranazionali. Nella premessa del documento svelato da Wikileaks, datato 20 gennaio 2015, si legge che esso avrebbe dovuto rimanere segreto per quattro anni dall’entrata in vigore del TPP, nel caso le negoziazioni avessero avuto successo, oppure per quattro anni dal momento della loro interruzione, in caso di fallimento delle trattative.
Beniamino Bonardi
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Chi da il potere a questi commissari di stabilire norme che vanno oltre e sopra le legislazioni nazionali ed europee?
Il caso del TPP dovrebbe essere sufficiente per bloccare il trattato TTIP e togliere il mandato a questi commissari che non rappresentano nessuno, se non loro stessi e pochi grandi commercianti.
Quando la frittata sarà fatta, rimarranno controversie sovrannazionali dove a vincere saranno solo produttori senza scrupoli ed a perdere tutta la nostra filiera agroalimentare.
Purtroppo quello che dici è vero, abbiamo già come esempio la multa miliardaria contro l’ Egitto.
Lo sanno tutti che sarà una frittata, ma ho una tremenda paura che la UE ci imporrà questo trattato, perchè anche lì ci sono gli interessati, i collusi e le lobbies.Per conto mio, farei come l’Islanda, ed uscirei dalla UE, costi quel che costi. Solo che una parte di noi non ha le palle, ed il restoha i suoi interessi.