Giovane donna tiene in mano bottiglietta di vetro co succo di frutta o bevanda zuccherata con cannuccia; concept: bibite, smoothies

SucchiSucchi, nettari o bevande alla frutta? Al momento di scegliere cosa acquistare sono in molti a chiedersi quale sia l’opzione più sana, o quella con meno zuccheri o senza additivi aggiunti. Una lettrice ci ha raccontato i suoi dubbi su alcuni prodotti che aveva in casa. A seguire le risposte delle due aziende interpellate.

Vi scrivo per proporvi uno spunto di riflessione riguardo a un argomento secondo me poco conosciuto e cioè la differenza fra succhi, nettari e bevande. Ho trovato nella credenza di mia mamma una scorta di “succhi di frutta”.
È doverosa una premessa questa mia lettera non vuole assolutamente screditare i prodotti di queste aziende, citerò alcuni marchi solo come esempi avendoli trovati in casa …
Come dicevo, mia mamma sa che beviamo “succhi di frutta” quindi al supermercato ha comprato: succo di pesca, succo di pera e succo di pompelmo.
– Pera e pesca erano in realtà “Optimum” (Yoga) 70% di frutta ma con aromi.
(Sinceramente vorrei proprio assaggiare la purea che utilizzano perché se con il 70% di frutta c’è bisogno di aggiungere aromi credo che la qualità non sia proprio “optima”)
– Pompelmo “Santal 100% di origine naturale”… mi aspettavo fosse succo di pompelmo 100% e invece 40% di frutta, aromi e pectina.
Le confezioni sono del tutto simili a quelle di succhi e nettari “normali” ma in realtà si tratta di “bevande a base di …”
Niente di terribile ma trovo comunque scorretto non evidenziare certe differenze fra categorie di prodotti diversi fra loro. Ilaria

Di seguito la risposta di Lactalis (Parmalat – Santal)

La ringraziamo per l’opportunità che ci offre per fare chiarezza su un argomento che crea confusione a volte anche tra gli “addetti ai lavori”.
Premettiamo che sulle etichette è sempre presente la “denominazione” dell’alimento, come viene definito nella vigente normativa europea sull’informazione ai consumatori (regolamento UE 1169/2011); proprio per la sua importanza questa informazione si trova nello stesso campo visivo in cui è indicato il contenuto netto della confezione.

Si tratta di tre tipologie di prodotto:
Succhi di frutta (dir. 2001/112/CE – D.L.gs 151/2004 e successivi emendamenti)
Nettari di frutta (dir. 2001/112/CE – D.L.gs 151/2004 e successivi emendamenti)
Bevande alla frutta (D.P.R. 719/1958 e successivi emendamenti)

Di seguito riportiamo una breve descrizione dei tre generi merceologici, consapevoli che meriterebbero una trattazione più estesa.

Succo di frutta: è definito dalla direttiva europea succitata come “… il prodotto fermentescibile ma non fermentato, ottenuto dalla parte commestibile di frutta sana e matura…”. Un succo di frutta è quindi frutta “spremuta” a cui, tra l’altro, non è consentito aggiungere né conservanti né zuccheri. Poiché sono costituiti naturalmente per più dell’80% da acqua, per facilitarne la conservazione si procede riducendone il contenuto con mezzi fisici (evaporazione) ottenendo così un succo concentrato; quando ad un succo concentrato viene restituita la parte di acqua eliminata si ottiene un succo di frutta da concentrato; i valori analitici che devono avere questi prodotti sono fissati nelle normativa citata. È consentita solo l’addizione di pochissimi additivi (es. pectina nel succo di ananas; acido citrico e/o acido ascorbico in tutti i succhi, se necessari, tranne al succo d’uva, ecc.). Ogni addizione deve essere indicata in etichetta tramite la lista degli ingredienti.

Nettare di frutta: è definito dalla stessa direttiva dei succhi come: “…il prodotto fermentescibile ma non fermentato che è ottenuto con l’aggiunta di acqua, con o senza l’aggiunta di zuccheri e/o miele, ai [succhi di frutta], alla purea di frutta e/o alla purea di frutta concentrata e/o ad un miscuglio di questi prodotti…”. La purea è frutta macinata e setacciata a cui non è stata sottratta la parte di succo (vedi direttiva 112/2001/CE). In Italia i nettari sono preparati tradizionalmente con puree di pera, pesca o albicocca, e sono definiti anche “succo e polpa di…”, ma in commercio ne esistono di tantissimi altri gusti. Il quantitativo di frutta (succo e/o purea) minimo da utilizzare è indicato nelle stesse normative già citate e differisce da frutta a frutta: ad esempio per la pera e la pesca è 50%, per l’albicocca ed il mirtillo è 40%, e così via. Anche in questi prodotti non è permesso aggiungere conservanti, mentre è consentita l’addizione di zucchero o di dolcificanti. Gli additivi ammessi sono molto pochi: generalmente sono utilizzati acido citrico e acido ascorbico.

Bevanda a base di frutta: in questo caso la normativa riguarda solamente i prodotti preparati in Italia in quanto non esiste una normativa europea armonizzata in materia. La stessa è, per di più, una normativa molto datata ed è stata più volte rimaneggiata per adeguarla alle disposizioni europee per quanto riguarda l’utilizzo di additivi, aromi, ecc. Le bevande possono essere definite “a base di frutta” se contengono almeno il 12% di succo o purea (per l’arancia la percentuale minima è 20%). Per la loro preparazione possono essere utilizzati gli aromi, i coloranti, i conservanti e altri additivi consentiti. A parte quelle gassate, oggi si tende a preparare bevande con alti contenuti di frutta, al di sopra del 20%, utilizzando però le stesse tecnologie applicate agli altri prodotti, ossia pastorizzazione e confezionamento asettico, che ne permettono la lunga conservazione senza l’utilizzo di conservanti.
Infine, a tutti questi prodotti possono essere addizionate vitamine e/o sali minerali per ottenere succhi, nettari e bevande “funzionali”, cioè in grado di apportare nutrienti particolari.
Lactalis (parmalat – santal)

La risposta di Conserve Italia

Vi ringraziamo per averci contattato e siamo ben contenti di fornire tramite la vostra testata alcune spiegazioni alla lettrice Ilaria, che si interroga sulla qualità della purea e sulla presenza degli aromi nel prodotto Optimum Yoga (gusti pera e pesca).
La qualità della purea che sta alla base dell’Optimum Yoga è davvero “optima”? Ce lo chiede Ilaria rifacendosi al nome del nostro prodotto, e noi rispondiamo convintamente di sì.
Il motivo è semplice: la qualità della purea – e quindi del succo, del nettare o della bevanda a base di frutta – è dettata innanzitutto dalla qualità e dalla provenienza della materia prima utilizzata, in questo caso pere e pesche. Ebbene, proprio per realizzare l’Optimum Yoga, Conserve Italia (il consorzio cooperativo che detiene il marchio Yoga) da oltre 15 anni ha sviluppato 6 programmi di filiera con i soci agricoltori concentrati in un areale di 800 ettari in Emilia-Romagna. Sono i nostri frutticoltori di riferimento, li conosciamo uno ad uno e con loro programmiamo la coltivazione della frutta destinata esclusivamente alla realizzazione di succhi, nettari e bevande. Significa che i nostri tecnici insieme a questi agricoltori soci del consorzio, selezionano le migliori varietà di pesche, nettarine, pere, albicocche e mele (quelle cioè più adatte a diventare purea) e le coltivano secondo un apposito disciplinare. In altre parole, la frutta con cui realizziamo l’Optimum Yoga proviene tutta dalla nostra filiera cooperativa che la produce appositamente per questo scopo, quindi l’attenzione sulla qualità è massima.
Come si giustifica allora il ricorso agli aromi, se la qualità della frutta è così elevata? È la seconda domanda che ci pone la lettrice Ilaria, e anche in questo caso rispondiamo volentieri. L’utilizzo di aromi nelle confezioni Optimum Yoga è funzionale a esaltare e uniformare il gusto della frutta, senza che ciò abbia alcun impatto sulla qualità del prodotto che viene determinata invece dalla materia prima (la frutta coltivata dai nostri soci e proveniente dai campi selezionati) e dall’elevata presenza nella bevanda (in questo caso siamo al 70%).
Speriamo in queste poche righe di aver risposto ai dubbi di Ilaria e nel caso volesse assaggiare la nostra purea magari visitando i nostri campi e i nostri siti produttivi, saremo lieti di poterla ospitare.

Conserve Italia

© Riproduzione riservata

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Giovanni Gozzi
Giovanni Gozzi
11 Settembre 2020 21:16

La domanda è se l’utente capisce il dettato normativo, come asserisce il Reg. 1169/2011 l’etichetta deve essere compresa dall’utente medio.
Temo non sia così, ad esempio chiedendo alla vostra lettrice se ha compreso le risposte delle aziende.

gianni
gianni
14 Settembre 2020 19:16

Ancora una volta mi chiedo perché si deve ricorrere a queste bevande e non alla frutta originale.
I dubbi non sono sul rispetto delle leggi vigenti ma sul valore effettivo del prodotto in termini di micronutrienti e su quelle piccole (?) porzioni di sostanze di dubbia salubrità.

Valerio
Valerio
15 Settembre 2020 11:24

Buongiorno,
la denominazione legale di vendita per molti consumatori può non dire nulla. Però tutti dovrebbero essere in grado di leggere gli ingredienti prima di acquistare il prodotto. In molte bevande che richiamano la frutta nelle immagini in etichetta se andate a leggere i primi ingredienti sono acqua e zuccheri, quindi se anche costano poco (e non è detto), vi state portando a casa dell’acqua. In molti succhi che nelle immagini e nelle diciture in etichetta richiamano frutti un po’ esotici e costosi come ad esempio mirtillo, frutti di bosco, ecc. se andate a leggere gli ingredienti vedrete che spesso la percentuale di mirtillo è minima, e il colore viene dato mediante succo di barbabietola rossa o altri coloranti. Ricordate che gli ingredienti sono riportati in ordine decrescente di peso in ricetta, quindi quelli che vengono prima sono quelli utilizzati in maggior quantità, mentre la percentuale dei singoli ingredienti non è obbligatoria, ma viene indicata solo per gli ingredienti caratterizzanti (ad esempio il mirtillo se c’è una bella foto di mirtilli sulla confezione) o per alcune categorie di bevande dove previsto dalla normativa. (frutta X% minimo, ecc.). Quindi non è necessario che il consumatore conosca alla perfezione la normativa, ma che si legga la lista ingredienti, perché le informazioni ci sono, e si possono scegliere prodotti senza aromi, zucchero o coloranti, ma probabilmente costeranno un po’ di più, e per molte persone abituate alle bevande molto zuccherate e aromatizzate avranno forse anche un sapore insolito.

Paolo
Paolo
16 Settembre 2020 10:39

Abbiamo letto i compitini dei produttori, ma non vedo un commento dei giornalisti del Fatto Alimentare: cosa ne pensano? ritengono soddisfacenti le due risposte?

A me sembra che girino attorno al problema. Il punto vero è quello segnalato dalla lettrice: la presentazione del prodotto non è 100% trasparente rispetto agli ingredienti.

Io leggo sempre gli ingredienti in carattere microscopico per non farmi ingannare dai vari “100%” ben evidenti sulla confezione, ma per farlo butto via un sacco di tempo e questo mi scoccia molto.

A parte il succo di mela 100%, in generale evito questi prodotti perché trovo assurdo comprare un imballaggio che contiene acqua di rubinetto, zucchero, aromi e frutta. Personalmente non li consumo preferendo la frutta fresca e li acquisto – mio malgrado – solo quando vengono richiesti dai familiari.