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revoca richiamo gelatina paneangeli cameoUn mese fa il Ministero della salute ha revocato il richiamo dei croissant con crema di latte Bauli, dopo che le analisi di revisione condotte dall’Istituto superiore di sanità hanno confermato l’assenza di Salmonella nel prodotto. Ieri Cameo ha annunciato la revoca del richiamo del 26 ottobre di un lotto di gelatina in fogli Paneangeli per possibile presenza di Salmonella, dopo che le analisi di revisione condotte sempre dall’Istituto superiore di sanità hanno confermato l’assenza di contaminazione. Sempre ieri è arrivata la revoca per la scamorza bianca di Coop e per il formaggio Cuor di fette Parmareggio ritirate dal mercato il 18 ottobre per sospetta contaminazione di Escherichia coli. Si tratta di episodi che evidenziano qualche criticità del sistema di allerta italiano.

Stiamo parlando di un sistema poco conosciuto dai consumatori, anche se riguarda un ampio ventaglio di prodotti. Dall’inizio dell’anno il nostro sito ha pubblicato 125 richiami, che hanno riguardato 203 alimenti e cinque revoche, perché le analisi di revisione richieste dal produttore hanno constatato errori nelle analisi da parte dell’autorità sanitaria. Superare quota 200 prodotti è un record, per l’Italia visto che fino a pochi anni fa industrie, supermercati e lo stesso Ministero della salute non informavano i consumatori, nonostante le disposizioni europee in vigore da oltre 10 anni.

La questione è anche più ampia, perché ogni anno ci sono altrettanti ritiri di prodotto dagli scaffali che non vengono pubblicizzati perché interessano aspetti secondari come errori di confezionamento, di performance. In altre parole ogni giorno giorno in Italia vengono ritirati dagli scaffali confezioni di alimenti per problemi piccoli e grandi.

Le aziende sanno che una campagna di richiamo può sempre capitare, tanto che la lista delle imprese coinvolte vede la presenza di multinazionali, di grandi marchi italiani e di realtà locali. Per i produttori si tratta di un lavoro oneroso, perché comporta uno sforzo logistico ed economico rilevante, soprattutto quando le confezioni da ritirare sono presenti nelle più importanti catene di supermercati. Tutti possono sbagliare. Il vero problema è la mancanza di un dialogo e di un confronto sereno tra le parti quando accade l’incidente e la mancanza di tempestività nelle analisi di revisione.

revoca richiamo bauliLa norma italiana prevede che alcuni tipi di analisi di revisione debbano essere affidate all’Iss e la procedura molto complessa sino ad ora ha sempre richiesto 2-3 mesi di tempo. Ultimamente i tempi si sono ridotti e dopo 20-25 giorni, Bauli, Cameo, Coop e Parmareggio hanno ottenuto le risposte. Questo vuol dire poter informare i consumatori della revoca del provvedimento e forse recuperare il prodotto altrimenti destinato alla distruzione. È anche vero che l’Iss per procedere necessita della documentazione completa, dei campioni e poi deve convocare l’azienda che può sovrintendere alla revisione. Tutto ciò richiede tempi tecnici, anche se le risposte alle analisi giunte negli ultimi mesi attestano la volontà di  superare ostacoli e burocrazie. Per la cronaca va detto che il 20% circa delle analisi di revisione condotte dall’Iss non confermano il primo dato negativo e per questo motivo il richiamo viene revocato. Un altro elemento di criticità è quello dei supermercati, che in caso di revoca si limitano a togliere dal sito l’annuncio del richiamo senza altre informazioni.

Quello che manca nel sistema di allerta è un dialogo tra operatori del settore e istituzioni. Per migliorare le cose servirebbe un gruppo di esperti in grado di fare una corretta valutazione del rischio, e decidere se è il caso di lanciare un’allerta o limitarsi a un richiamo in attesa della revisione di analisi, evitando così improvvisazione e errori. L’altra necessità è riuscire a concludere in una settimana le revisioni di analisi su prodotti freschi cercando così di recuperare i lotti incriminati per errore. Un altro elemento di criticità è la comunicazione del Ministero della salute che continua a pubblicare le notizie con ritardo e a volte incomplete. Il paradosso della situazione è che pochi vogliono discutere di questo argomento, anche se ogni anno sono almeno 400 le imprese coinvolte in ritiri o richiami. In Italia è stato fatto solo un incontro a Torino promosso dall’Istituto zooprofilattico sperimentale del Piemonte, che però non ha visto la partecipazione di tutte le parti interessate.

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Paoblog
23 Novembre 2018 16:07

Considerando che pochi diffondono questi richiami e pochissimi li aggiornano in caso di revoca, visto che sul Blog cerco di pubblicare tutti quelli che trovo sui siti della GdO in tempo utile (ed il Min. Salute non mi aiuta visti i ritardi cronici); proprio ieri ho aggiornato i richiami citati con le relative revoche.
Purtroppo queste raffiche di revoche rischiano di innescare la sindrome del “al lupo, al lupo” e di conseguenza di sottostimare i vari avvisi.

matteo
matteo
Reply to  Paoblog
26 Novembre 2018 09:50

Ottima osservazione, si rischia davvero “al lupo, al lupo”.

Vorrei precisare:
“Per migliorare le cose servirebbe un gruppo di esperti in grado di fare una corretta valutazione del rischio, e decidere se è il caso di lanciare un’allerta o limitarsi a un richiamo in attesa della revisione di analisi, evitando così improvvisazione e errori.”
Attenzione! Gli esperti nelle aziende ci sono e hanno strumenti sufficienti (ad esempio cfr. Linee Guida Sistema di Allerta, Intesa stato Regioni 13/11/08). Ricordiamoci però che se vi è un ragionevole dubbio di un problema di salute pubblica passa avanti a tutto il principio di precauzione (se non sono sicuro ritiro comunque). Se la salmonella nei cornetti bauli fosse stata confermata??

“L’altra necessità è riuscire a concludere in una settimana le revisioni di analisi su prodotti freschi cercando così di recuperare i lotti incriminati per errore. ” ECCO LA SOLUZIONE!
E aggiungo: esistono metodi rapidi per la determinazione dei microrganismi patogeni ma non sono accreditati a livello europeo e perciò un laboratorio impiega 48/72h per dirvi se c’è davvero la salmonella!
Nelle analisi microbiologiche, non so perché, siamo rimasti ANNI indietro.

Giovanni Gozzi
Giovanni Gozzi
30 Novembre 2018 18:27

Ragioniamo sulle affermazioni del titolo:
1- 4 richiami revocati in pochi giorni: non sono una cosa straordinaria, basta guardare il nome dei ricorrenti che forse hanno i mezzi tecnici per contrastare analisi non sempre fatte in modo ineccepibile;
2- la contaminazione non c’è: è un’affermazione cha ha senso solo in senso giuridico, altrimenti si direbbe che ben 4 volte l’analisi di prima istanza ha trovato un falso positivo, cosa possibile ma che spesso ha altre ragioni tecnicamente spiegabili di cui illustreremo in seguito il dettaglio;
3- cosa non funziona nel sistema d’allerta: tante cose ma la prima è senz’altro il fatto che la prima analisi positiva (che vuol dire sfavorevole, ossia che c’era qualcosa che non va) obbliga il laboratorio a procedere all’allerta almeno che non ci sia il responsabile che si assume la responsbilità di dire e scrivere che non c’è un problema per la salute (in più di 25 non mi è mai successo e ho trattato più di 100 casi, e sono a conoscenza di almeno un migliaio di situazioni analoghe).
Per inciso in caso di frode in commercio non si dovrebbe ricorrere né al richiamo, né al ritiro, perché non c’è alcun pericolo per la salute.
Ora se l’analisi di revisione è negativa, non vuol dire che la prima istanza sia stata sbagliata se aveva dato un risultato contrario, vuol solo significare che se la contaminazione è bassa posso accidentalmente trovarlo prima e non trovarlo in seguito ad esempio perché non ce n’è proprio più. In altri termini se ci fosse solo una salmonella e la trovo in prima istanza è impossibile trovarla con una seconda analisi. Questo per rendere la cosa semplice, con numeri diversi ci sono tabelle e formule per calcolare la probabilità di trovare sempre il positivo in funzione della contaminazione, del numero di analisi e della quantità di campione analizzata (ICMSF vol. 7).
Quanto a chiedere i danni ricordo che l’ASL non è direttamente responsabile del suo operato ed in caso di risarcimento è lo Stato italiano a risponderne, ovvero sia i contribuenti (che simpatico vero?).
Quanto ai metodi di analisi le norme sono alquanto poco seguite. Il regolamento 882/2004 e soprattutto il Reg. 2073/2005 nel campo microbiologico, prescrive l’utilizzo dei metodi di riferimento, che devono essere accreditati (art. 11 per la scelta dei metodi e Allegato III per i criteri di caratterizzazione), quando spesso le ASL si dimenticano della prima parte accreditando metodi interni o comunque non quelli di riferimento, ad esempio il metodo AFNOR per Salmonella che ha una percentuale di falsi positivi non trascurabile. La conseguenza è che la prima istanza può avere un risultao diverso dall’analisi di revisione perché si utilizzano metodi diversi.
Giovanni Gozzi

Giuseppe Pisanu
Giuseppe Pisanu
11 Dicembre 2018 10:05

Che ci siano dei problemi è abbastanza chiaro, molto spesso le allerte arrivano agli enti preposti ai controlli quando i prodotti sono già stati venduti al consumatore finale e purtroppo anche mangiati. Le informazioni sono carenti , le liste di commercializzazioni sono incomplete o anche fuorvianti per ci si trova come nel caso delle uova al fipronil dove i lotti evidenziati per il ritiro superano i 28 giorni . Se poi come nei casi sopra citati si verifica la revoca del richiamo perchè le analisi di revisione hanno dato esito negativo i dubbi aumentano sempre più sulla validità del sistema rapido di allerta. Il rischio come già detto della sindrome del ” al lupo al lupo” è reale con tutto quel che comporta.
E’ presente una APP per il telefonino “FoodSafeit” che informa in tempi abbastanza veloci della presenza degli stati di allerta presenti a livello nazionale.