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svezzamento auto svezzamento bambini pappaPer educare i bambini a un’alimentazione sana è importante parlarne ma senza fare pressioni. Secondo uno studio statunitense pubblicato sul Journal of Nutrition Education and Behavior, ripetere durante i pasti frasi su cibo e salute ai piccoli, li rende più propensi a scegliere alimenti sani. I ricercatori hanno seguito un centinaio di famiglie con bambini in età prescolare, dimostrando il valore del dialogo portato avanti a casa e anche a scuola.

Assaggiare cibi nuovi, soprattutto verdure e legumi, non è molto facile per i più piccoli, che spesso rifiutano a priori gli alimenti più sani. Questo fenomeno ha un nome, neofobia alimentare, e si manifesta in maniera più spiccata tra i due e i cinque anni. Secondo alcuni studi, un’esposizione ripetuta ai cibi “difficili” aiuta a inserirli nella dieta dei più piccoli. Sono state fatte diverse ricerche per capire le strategie migliori, come dare una ricompensa o lodare il bambino, ma i risultati sono stati finora inconcludenti. Un aspetto preso in considerazione di recente è il dialogo, ossia associare a un nuovo alimento frasi positive, come “mangiare frutta e verdura ti aiuta a essere più forte” o “le carote ti aiutano a vedere meglio al buio”.

I ricercatori hanno selezionato delle famiglie con bambini dai 3 ai 6 anni che già partecipavano a programmi di educazione alimentare tramite la scuola. Per capire se il dialogo fosse uno strumento efficace, gli studiosi hanno introdotto alcuni cibi (peperoni, lenticchie, quinoa e pomodori) nella dieta dei piccoli. A rotazione due di questi alimenti sono stati proposti per un mese e mezzo, abbinando frasi positive solo per uno dei due. Quando, alla fine dell’esperimento, i ricercatori hanno messo tutti gli alimenti di fronte ai bambini, quello presentato in associazione alle frasi è stato scelto con una preferenza doppia rispetto a quello portato a tavola con la stessa frequenza ma senza frasi accompagnatorie. “Parlare dell’alimentazione durante i pasti può essere un buon modo per incoraggiare l’esplorazione di cibi nuovi e sani e per promuovere abitudini alimentari corrette nei bambini piccoli”, concludono gli autori. Una pecca dello studio è che le famiglie coinvolte hanno livelli di istruzione ed economici superiori alla media, quindi i risultati non possono essere estesi all’intera popolazione.

È ben noto – spiega Margherita Caroli, pediatra nutrizionista membro del consiglio direttivo dell’European childhood obesity group – che per favorire l’introduzione di un nuovo alimento serve riproporlo almeno otto volte e di frequente. Il bambino deve stabilire un minimo di familiarità. Per quanto riguarda le frasi è molto importante capire quale sia il messaggio corretto da trasmettere”. E continua Caroli: “Parlare di salute ai bambini non ha senso, perché non sanno cosa siano le malattie, e non è nemmeno giusto che si interessino alla loro salute futura: sarebbe preoccupante! Quindi la chiave è usare un linguaggio positivo, che faccia colpo, per esempio dire che i fagioli lo fanno diventare più forte, come il gigante della fiaba”.

Meglio evitare le ricompense alimentari (magari dolci) perché non sono educative e fanno assumere abitudini scorrette

Sulle ricompense è meglio soprassedere. “Non funzionano e non sono educative, fanno passare un messaggio sbagliato, soprattutto se si tratta di una ricompensa alimentare: offrire della cioccolata se si mangia la verdura non aiuterà il piccolo ad assumere abitudini corrette”, sottolinea Caroli. “Lo studio dimostra ancora una volta come sia importante educare fin dall’inizio: la neofobia è soltanto una prova di forza nei confronti dei genitori, per capire dove sono più attaccabili e arrendevoli. La paura che non mangi abbastanza è naturale ed è sempre presente, ma il bambino non va accontentato, bensì educato”. Un altro punto fondamentale da considerare per favorire l’approccio a nuovi cibi è l’ordine di offerta dell’alimento, che andrebbe proposto quando si ha fame, dice Caroli: “Una leggera ipoglicemia stimola le papille gustative ad apprezzare meglio i sapori, quindi sarebbe opportuno proporre cibi nuovi in un momento di fame. Basti pensare che se sentiamo odore di pesce fritto all’ora di pranzo pensiamo «che buono», se lo sentiamo nel pomeriggio pensiamo invece «che puzza»!

Sebbene lo studio sia stato condotto negli Stati Uniti, dove il problema dell’obesità è molto diffuso, come il cosiddetto “cibo spazzatura”, la questione riguarda da vicino anche l’Italia dove il sovrappeso è considerato un problema. Secondo i dati presentati all’European Congress on Obesity, tenuto a Glasgow alla fine di aprile 2019, la percentuale di bambini con obesità grave in Italia è del 4,3%. Ma cosa si fa in termini di prevenzione? Da noi l’educazione alimentare è fatta da diversi enti, fra cui La Fondazione italiana per l’educazione alimentare (FEI), che, in collaborazione con il ministero dell’Istruzione, dell’università e della ricerca (Miur), ha da poco pubblicato un rapporto sugli interventi educativi nelle scuole. Nel documento sono illustrati i risultati di un questionario a cui hanno partecipato più di 1.600 fra insegnanti e dirigenti scolastici. Il 74,3% del campione dichiara che nelle scuole italiane viene fatta educazione alimentare, mentre il valore per la scuola dell’infanzia scende al 65,5%, dove i temi più trattati sono quelli della sostenibilità ambientale e sociale e quello sociosanitario.

Five sweet kids, friends, sitting in living room, watching TV

Le modalità più utilizzate nelle scuole dell’infanzia sono i laboratori esperienziali, seguiti dalle lezioni frontali e dai lavori di gruppo. Nello studio della Fei non c’è un riferimento specifico al dialogo durante i pasti: un intervento che può sembrare banale e scontato, ma che può essere uno spunto utile per integrare le attività di educazione alimentare, coinvolgendo anche i genitori. Sempre secondo il sondaggio Fei, la partecipazione delle famiglie sembra difficile a causa di un atteggiamento conflittuale nella pianificazione delle attività sull’alimentazione, e gli insegnanti hanno quindi difficoltà nell’instaurare un rapporto di collaborazione continuativo ed efficace.

Anche il ministero della Salute è attivo su questo tema con programmi come MaestraNatura dell’Istituto superiore di sanità (Iss), il cui l’obiettivo è stimolare la consapevolezza nei ragazzi delle scuole elementari e medie. Il progetto prevede giochi interattivi, lezioni frontali, e anche dei test di verifica. L’Iss gestisce anche un sistema di sorveglianza sul sovrappeso e l’obesità dei bambini, OKkio alla salute, che monitora le abitudini alimentari, i livelli di attività fisica e l’incremento ponderale (dai sei ai 10 anni). Nell’ambito di OKkio alla salute è fornito materiale didattico per i docenti e le famiglie, consultabile online, dove si parla di un’alimentazione equilibrata, dell’attività, senza però evidenziare l’importanza del dialogo durante i pasti e del buon esempio da dare. Come ricorda anche Caroli “Considerando i tre soggetti coinvolti (adulti, bambini e cibo): i genitori, gli insegnanti, o chi mangia assieme a loro, deve fare da modello”.

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Mirko
Mirko
17 Maggio 2019 20:30

Sono d’accordo con questo articolo. I genitori hanno l’obbligo, non solo morale, di far conoscere ai propri figli la vera educazione alimentare. Però, permettetemi che soprattutto lo stato, tramite la scuola, dovrebbe fare in primis la propria parte.