olio scaffaleDemolito il muro dei 3 euro al litro per l’extravergine comunitario, resta solo da abbattere l’ultima barriera sull’olio nazionale. Si scaldano i motori per la nuova campagna olearia e c’è già chi è in cerca di olive “di carta”. La quotazione? 60 €/q, ma c’è il trucco. Riportiamo il parere di Alberto Grimelli di Teatro Naturale.

Finalmente siamo tornati ai bei tempi andati in cui l’olio extravergine d’oliva non vale nulla e può essere proposto sugli scaffali dei supermercati a prezzi impossibili e improbabili senza si alzi neanche un alito di protesta. Da inizio anno è iniziata la rincorsa al ribasso, macchiavellicamente pilotata, che ha portato il prezzo dai 3,49/3,59 agli attuali 2,49 euro al litro per l’olio comunitario. Fossimo in un film giallo si parlerebbe di delitto perfetto, con il morto (il settore olivicolo) sepolto nell’indifferenza generale, a partire da quelle associazioni che dovrebbero difenderlo.

Trovare prezzi pazzi sugli scaffali dei supermercati è ormai semplicissimo e anche i brand più famosi si sono “piegati”. L’olio civetta non si trova più solo al discount con brand di fantasia (vedi da Todis a 2,49 €/l) ma anche in catene rinomate (Esselunga) e con marchi famosi (Monini a 2,99 € per bottiglie da 0,75 l). Al momento, da questa contesa sui prezzi, si è parzialmente salvato il 100% italiano su cui difficilmente si vedono offerte a prezzi stracciati. Anzi, spesso i prezzi a scaffale risultano mediamente elevati, dagli 8 ai 13 €/l, secondo una recente indagine di Altroconsumo che ha fatto analizzare trenta oli extra vergini di oliva, la maggior parte dei quali top di gamma, trovando che otto di questi non erano classificabili come extravergini di oliva.

olio extravergine truffe
Rotto il muro dei 3 euro al litro sull’olio comunitario nell’indifferenza generale

Tra i migliori, in prima posizione troviamo De Cecco Pregiato 100% italiano, 8 €/l, che ha ottenuto buoni voti in tutti i parametri verificati e nella prova di assaggio. In seconda posizione Agride il Regale 100% italiano a 11 euro al litro, seguito da Monini Bios 100% italiano da agricoltura biologica a 12,7 €/l. Tutti 100% italiani… Rotto il muro dei 3 €/l sull’olio comunitario nell’indifferenza generale, tra poco però toccherà all’olio italiano. A fronte di un’annata certamente negativa, si preparano le grandi manovre per cercare di abbattere anche l’ultimo steccato, riducendo nuovamente l’olio nazionale a commodity.

Alcuni grandi frantoi del sud Italia, Puglia in particolare, stanno siglando “contratti” per olive di carta a 60 euro/quintale. Cosa sono le olive di carta? Olive che non esistono ma che vengono “fornite” da veri agricoltori con tanto di fascicolo aziendale. Tutto in regola, almeno sul fronte della tracciabilità e del registro Sian. Basta un documento di trasporto e il gioco è fatto.

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Anche i brand più famosi si sono “piegati” come conseguenza delle truffe

L’olivicoltore messo in crisi dal Burian o da Xylella (a seconda che si sia nel barese o nel Salento) si trova nei campi piante vere senza olive e rischia di dover perdere l’annata. A questo punto cede alle lusinghe di frantoiani senza scrupoli, che propongono un affare disonesto ma vantaggioso per entrambi. L’olivicoltore consegna al frantoio in modo virtuale olive rigorosamente italiane che in realtà non ha. A fronte di questa fornitura inesistente riceve  come compenso 60 €/q tramite bonifico bancario con l’impegno sottobanco di restituire 30 €/q in nero al frantoio. Il gestore del frantoio grazie a questa operazione ottiene un duplice guadagno. Incassa 30 €/q in nero che usa per comprare olio spagnolo a basso prezzo, destinato ad essere imbottigliato come olio 100% italiano e rivenduto a caro prezzo. Ecco così sbucare dalle nebbie un olio italiano solo sulla carta, da vendere all’ingrosso a 4 €/kg (equivalente a 3,99 €/l in offerta al supermercato), cercando così di condizionare un mercato che vorrebbe invece il posizionamento del vero 100% italiano tra i 5,5 e i 6 €/kg, almeno.

È possibile fermare la frode semplicemente con qualche verifica, incrociando i dati della produzione dichiarata (bolle di consegna in frantoio) con i fascicoli aziendali e qualche controllo in campo durante la raccolta. È possibile alzare l’attenzione, e magari squarciare qualche velo di omertà, con qualche denuncia delle associazioni. Tutto questo è possibile, ma accadrà? Per ora domina un surreale silenzio.
Chi oggi sta zitto, non solo non avrà diritto di protestare domani, ma si renderà di fatto complice della morte del settore.”Non ho paura della cattiveria dei malvagi ma del silenzio degli onesti.” Martin Luther King

di Alberto Grimelli di Teatro Naturale

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ezio
ezio
2 Ottobre 2018 11:19

Tolti alcuni casi limite di disperazione nera di coltivatori senza alternative, tutto il resto è in linea con il masochismo di alcuni operatori delle filiere agroalimentari italiane, che non sanno quanto male si fanno con le proprie mani.
Ed in questa situazione le catene della GDO ci sguazzano, pensando erroneamente di fare l’interesse dei clienti, senza calcolare che il cliente da 3 euro al litro è meglio lasciarlo alla concorrenza, perché cercando prezzacci acquista solo offerte al minimo e non fidelizza con nessuna marca.
Cosa diversa sono le promozioni d’inserimento per nuove referenze, che sono veri investimenti con ritorni per tutti, a partire dai clienti che acquistano alimenti di qualità a prezzi vantaggiosi.

Pino
Pino
9 Ottobre 2018 11:49

Chiarissimo l’articolo del dr. Grimelli meglio precisare che diversi dei grandi marchi menzionati appartengono a grossi gruppi Spagnoli.

Tiziana
Tiziana
9 Ottobre 2018 12:49

è interessante, ma anche deprimente, venire a conoscenza di sempre nuove truffe alimentari