Nutrizionista al computer scrive piano alimentare; concept: dietista, medico, biologo

Unsavory Truth (Sgradevole Verità, 2018) è l’ultimo libro di Marion Nestle, professoressa di Nutrizione e salute pubblica alla NY University, che analizza in maniera scientifica l’influenza del marketing alimentare sulle politiche nutrizionali degli USA. Food Politics (2002), un altro libro di Nestle considerato un classico sull’argomento, aveva già portato alla luce i profondi condizionamenti sulle linee guida nutrizionali ufficiali americane da parte delle multinazionali alimentari.

Un altro libro della stessa autrice (Soda Politics, 2015), che abbiamo recensito qui, aveva analizzato in dettaglio le politiche adottate dalle multinazionali dei soft drink (in primis Coca-Cola e PepsiCo) per promuovere le bevande a base di acqua e zucchero.

In Unsavory Truth, Nestle fa un passo ulteriore e analizza come l’agenda di ricerca delle Università, la letteratura scientifica, e in ultima analisi la cultura generale nel campo della nutrizione, sia condizionata non solo da parte di aziende che vendono alimenti spazzatura ricchi di zuccheri aggiunti, grassi e sale, ma anche da produttori di uova, latte, yogurt, noci e altri alimenti più o meno sani.

È un libro che parla di “conflitto di interessi” nelle università, nelle società scientifiche che si occupano di nutrizione e nelle linee guida di indirizzo nazionali. L’autrice chiarisce perché la Scienza della nutrizione sia un campo dibattuto e perché viene presentato come un settore apparentemente aleatorio senza punti di riferimento, quando in realtà ci sono.

Unsavory Truth Marion Nestle

L’autrice inizia descrivendo la psicologia dei regali ricevuti dai medici: “Gli psicologi  quando studiano gli effetti dei regali  fatti ai medici dall’industria dei farmaci […] ci ricordano che i medici sono degli esseri umani e come la maggior parte di ciò che gli esseri umani pensano e sentono avviene a livello inconscio. Noi tutti, compresi i medici, rispondiamo ai regali in modo prevedibile. Ma le risposte sono generalmente involontarie, inconsce e non riconosciute.” Maggiori sono i regali, più grande è il condizionamento sul comportamento. “Nonostante questa evidenza,  chi riceve [un dono] […] da parte dell’industria del farmaco, ritiene che i regali o i rimborsi [soldi]  non abbiano influenza”.

Queste conclusioni derivate da studi sperimentali in psicologia, neurobiologia, ed economia comportamentale; dimostrano che anche le persone con intenzioni oneste rispondono al dono e ai rimborsi in maniera prevedibile ma sono inconsapevoli di farlo” afferma Nestle.

Questo è il filo conduttore del testo che dovrebbe essere letto da politici, insegnanti e accademici interessati alla salute, medicina preventiva e nutrizione. Il libro descrive come importanti riviste scientifiche (dal New England Journal of Medicine al British Medical Journal), le Università e le organizzazioni internazionali (Oms) hanno deciso di affrontare il problema del conflitto di interessi.

Professional nutritionist holding a fresh apple
In Italia, il problema del conflitto di interessi tra esperti di nutrizione e aziende alimentari è spesso ignorato

In Italia purtroppo il problema non viene preso in esame, neppure da chi deve redigere le linee guida per una sana alimentazione. Inoltre, quando si chiede ai relatori dei convegni o agli autori di una ricerca di dichiarare i conflitti di interesse, talora si utilizza una formula che riguarda solo le aziende del campo sanitario escludendo le imprese del settore alimentare (*).

Ovviamente Heineken, Coca-Cola e Ferrero non hanno “interessi commerciali in campo sanitario” e quindi un relatore a un convegno di medicina (in cui si parla di diabete, obesità, malattie cardiovascolari) può benissimo essere sponsorizzato da queste aziende, dichiarare “che la birra fa bene al cuore e le bevande zuccherate non causano l’obesità” e nel contempo firmare una documento da cui risulta l’assenza di conflitto di interesse! In Italia siamo ancora talmente ingenui e inconsapevoli di quanto importanti siano i condizionamenti da parte dell’industria alimentare, che l’attenzione viene focalizzata solo  sui “portatori di interessi commerciali in campo sanitario”.

Questo potrebbe spiegare, ad esempio, perché i Larn (Italia) abbiano un approccio al problema “zuccheri nella dieta” poco chiaro, dato che si confondono gli zuccheri aggiunti con quelli contenuti naturalmente negli alimenti e si fissa una soglia del 15% di zuccheri semplici (aggiunti + naturali) sulle calorie totali, con un invito a non superare il 25% dell’energia totale giornaliere. Questa maggiore elasticità (e confusione) autorizza gli italiani a introdurre molto più zucchero nella dieta rispetto alle indicazioni dell’Oms, che invita a restare sotto il 10% e idealmente arrivare solo al 5% delle calorie totali. Che ci sia stata l’influenza di qualche industria alimentare? Non ci è dato sapere, poiché non era richiesto agli esperti dei Larn di dichiarare eventuali conflitti di interessi!

Girl eating cotton candy zucchero filato
Mentre all’estero si raccomanda l’introduzione di tasse sullo zucchero, in Italia i Larn fanno confusione tra zuccheri aggiunti e naturali

Uno dei problemi più importanti a livello mondiale evidenziato da Oms, World Cancer Research Fund e World Obesity è quello degli zuccheri aggiunti nella dieta tanto da suggerire di adottare (nelle varie nazioni al mondo) una politica di tassazione in primis sulle bevande zuccherate. L’Italia non sembra dello stesso parere. Forse perché ci sono consulenti e membri di società scientifiche che si fanno sponsorizzare iniziative contro l’obesità (Obesity day) direttamente dall’industria dello zucchero (Eridania). Altre società scientifiche italiane hanno realizzato progetti di ricerca finanziati direttamente dalla Coca-Cola (studio LIZ).

Unsavory Truth di Marion Nestle è un libro estremamente attuale per il nostro Paese, dove non c’è la consapevolezza che la reputazione e la credibilità delle istituzioni, delle società scientifiche e delle Università possono essere compromesse da sponsorizzazioni inopportune. Chissà quanti esperti membri di importanti commissioni governative dovrebbero lasciare ipso facto l’incarico nel momento in cui dovessero dichiarare i conflitti di interesse collegati anche ad industrie alimentari.

Unsavory Truth – How Food Companies Skew the Science of What We Eat” di Marion Nestle, Basic Books New York, 2018

(*) Nota: Questa è la DISCLOSURE INFORMATION  firmata dall’autore dell’articolo per partecipare come relatore ad un convegno di nutrizione clinica: “Io sottoscritto …. negli ultimi due anni ho avuto i seguenti rapporti anche di finanziamento con soggetti portatori di interessi commerciali in campo sanitario….. ”

L’autore dichiara di non avere alcun conflitto di interessi

© Riproduzione riservata Foto: AdobeStock, Fotolia, iStock

Siamo un sito di giornalisti indipendenti senza un editore e senza conflitti di interesse. Da 13 anni ci occupiamo di alimenti, etichette, nutrizione, prezzi, allerte e sicurezza. L'accesso al sito è gratuito. Non accettiamo pubblicità di junk food, acqua minerale, bibite zuccherate, integratori, diete. Sostienici anche tu, basta un minuto.

Dona ora

0 0 voti
Vota
2 Commenti
Feedbacks
Vedi tutti i commenti
ezio
ezio
10 Gennaio 2019 12:29

Grazie per la segnalazione molto interessante, che purtroppo ci riguarda moltissimo e da vicino, visto che il conflitto d’interesse in Italia è un problema talmente grande da essere diventato irrisolvibile.
Chiediamo almeno a questa testata di vigilare ed impedire il più possibile l’invasività di lobbisti di professione, che non strumentalizzino gli argomenti trattati.

Gino
Gino
17 Gennaio 2019 11:31

Mi associo con entusiasmo al ringraziamento del solito Ezio attinente alla lodevolissima segnalazione del Dott. Pratesi. Mi meraviglio, tuttavia, di non trovare altri commenti su questo scottante problema che, invece, merierebbe ben altra attenzione. Poiché non tutti conoscono l’inglese così bene da poter leggere un testo di questo livello proporrei di favorirne la traduzione per consentirne una migliare conoscenza ed una più capillare diffusione.