La campagna pubblicitaria promossa da Mineracqua (associazione nazionale che riunisce i produttori di acqua minerale) è stata giudicata ingannevole dal Giurì dell’Autodisciplina pubblicitaria il 30 novembre 2010. La campagna caratterizzata dallo slogan “Acqua minerale. Molto più che potabile” secondo la sentenza è stata impostata per “ingenerare nel pubblico convinzioni errate e timori non giustificati sulla sicurezza dell’acqua potabile per la salute dei consumatori“.
Secondo il Giurì la frase in cui Mineracqua dichiara che l’acqua del rubinetto per diventare pura deve essere trattata e disinfettata con cloro, non è corretta perchè le acque di rubinetto non superficiali (estratte dai pozzi) sono già potabili senza trattamento con il cloro.
Anche la frase del manifesto dove si dice che l’acqua del rubinetto è trasportata per chilometri in tubature, può suscitare nel lettore una diffidenza irrazionale non motivata da argomenti oggettivi.
Nel testo si dice che l’acqua potabile può essere erogata anche quando non rispetta i parameri di legge grazie al sistema della deroghe. Secondo il Giurì questo concetto evoca un’immagine dell’acqua di rubinetto che non corrisponde alla realtà. La sentenza sostiene che la pubblicità di Mineracqua fa leva su dati parziali o suggestioni per gettare ombre e discredito sull’acqua degli acquedotti.
L’iniziativa messa a punto per rispondere alla campagna firmata da Coop a favore del consumo dell’acqua di rubinetto è quindi stata bocciata. L’intenzione di “dare ai consumatori le informazioni necessarie per fare una scelta consapevole tra acqua del rubinetto e acqua in bottiglia” è legittima dice il Giurì ma Mineracqua si è spinta oltre è ha finito con il denigrare l’acqua che bevono gli italiani.
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Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza in test comparativi. Come free lance si è sempre occupato di tematiche alimentari.
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