Di additivi, coloranti e conservanti aggiunti ai cibi industriali sentiamo parlare spesso. Molto meno degli aromi, sostanze che pure abbondano negli alimenti trasformati, ma che costituiscono ancora una “zona grigia” in tema di sicurezza, in particolare nella dieta dei bambini.

Al momento è in corso il progetto di studio Facet (Flavourings, Additives, Conctact Materials Exposure Task), al quale partecipano 21 enti di 14 diversi paesi europei, che si concluderà nel 2012 e migliorerà la conoscenza dell’esposizione agli aromi, soprattutto per quanto riguarda la valutazione del potenziale rischio per la salute.

Ilfattoalimentare.it ne ha parlato con Catherine Leclercq – ricercatrice dell’Inran, Istituto nazionale di ricerca sugli e gli alimenti di Roma e membro del panel di esperti che si occupa degli aromi nell’Efsa, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare.

L’incontro è avvenuto in occasione di Nutrimi 2011, 5° forum internazionale di nutrizione pratica a Milano il 6 e 7 aprile, dove la dottoressa Leclercq ha presentato proprio una relazione sulle Fonti di esposizione agli aromi nella prima infanzia e in età scolare nell’Unione Europea con molti consigli utili anche per i consumatori.

Dove sta la pericolosità degli aromi, visto che sono così utilizzati dall’industria alimentare?

«Secondo la massima di Paracelso “Niente è veleno, tutto è veleno” la differenza la fa la dose. Anche se nel linguaggio comune sono concetti spesso confusi, è importante distinguere tra tossicità e rischio: quello che ci interessa è quanto dobbiamo venire in contatto con una sostanza tossica perché essa metta a rischio la nostra salute. La sua semplice presenza nella dieta, di per sé, non implica che ci sia un effetto nocivo: ciò che conta è la quantità».

Di quali sostanze parliamo?

«La materia è disciplinata dal Regolamento CE 1334/2008 del Parlamento europeo, che prevede gli aromi naturali e “gli altri”, ottenuti per sintesi chimica. Possiamo perciò considerare tre grandi categorie.

1) gli aromi naturali, ottenuti da macinazione, frammentazione, macinazione o distillazione (con alcol e altri solventi) di componenti di origine vegetale o animale. La legge per i prodotti biologici ammette solo l’aggiunta di aromi naturali. Sono anche i preferiti dal consumatore, che però non sa che talvolta non derivano da alimenti, né che per estrarli e diluirli occorrono solventi chimici.

2) gli aromi artificiali (per esempio l’etilvanillina), che invece suscitano diffidenza nel consumatore, tanto che le aziende alimentari spesso “strillano” sui loro prodotti “non contiene aromi artificiali”;

3) gli aromi natural-identici, che sono uguali a quelli in natura ma sono sintetici (per esempio la vanillna), e sono i preferiti dalle aziende perché costano meno, è più facile controllarne la sicurezza d’uso e si conservano meglio.

Quando l’etichetta riporta solo “aromi” si tratta di sintetici o natural-identici, cma possono esserci anche aromi naturali.

Oltre agli alimenti, un’altra fonte di esposizione agli aromi sono i cosmetici, compresi i prodotti per l’igiene destinati ai neonati».

 

Gli aromi naturali sembrano comunque i migliori.

«Il concetto di aroma naturale di per sé significa poco. Non solo perché, come abbiamo visto, spesso richiede l’uso di ulteriori sostanze che naturali non sono, ma anche perché in natura esistono aromi tossici per la salute umana: come l’estragolo contenuto nei semi di finocchio, la cumarina della cannella, il metileugenolo nel basilco , il mentofurano nella menta e l’acido cianidrico delle mandorle amare. L’aggiunta di quqesti aromi ai prodotti alimentari è vietata dal regolamento europeo. Possono essere presenti solo perché contenuti in erbe e specie usate come ingredienti, ma senza superare i livelli massimi stabiliti dal legislatore.  Così, per esempio, la quantità di cannella nei cereali per la prima colazione non deve far superare il livello massimo di cumarina , e lo stesso discorso vale per le mandorle nel torrone o la menta nelle caramelle».  

Che differenza c’è con gli additivi?

«Additivi e aromi sono parenti: vengono aggiunti agli alimenti per motivi tecnologici e non hanno alcun valore nutritivo. Però, mentre gli additivi devono essere indicati in etichetta in modo specifico, uno per uno, per gli aromi basta la dicitura “aromi” o “aromi naturali”. Altra differenza: mentre ogni singolo additivo è oggetto di una valutazione di sicurezza d’uso e c’è una lista di quelli permessi dalla legge, ciò non vale per gli aromi, che non sono oggetto di studi singoli ma sono valutati a gruppi, in base alla lo struttura chimica e per i quali esiste solo un piccolo elenco negativo, di quelli cioè il cui uso è vietato. Il perché è presto detto: gli aromi sono circa 3 mila, ai quali vanno aggiunte le preparazioni aromatiche, cioè le miscele di più aromi estratte da alimenti o da altri materiali disponibili in natura».

Perché l’attenzione deve essere particolarmente alta nei confronti dei bambini?

«L’esposizione al rischio e la vulnerabilità variano con l’età e le condizioni fisiologiche: i soggetti più “deboli” sono i bambini prima e dopo la nascita, e di conseguenza deve essere data un’attenzione particolare alle donne in gravidanza e allattamento. I bambini, oiché sono in fase di crescita, ingeriscono una maggior quantità di cibo e acqua rispetto al loro peso corporeo, spesso all’interno di regimi monotoni che li portano a mangiare sempre le stesse cose. Perciò raggiungono più facilmente degli adulti le dosi che creano un rischio per la salute: in altre parole, una stessa esposizione a un certo aroma, espressa per kg di peso corporeo, può avere conseguenze più serie rispetto agli adulti. Le sostanze tossiche possono interferire con lo sviluppo del feto e con la crescita nella prima infanzia, e a ciò si aggiunge la vulnerabilità dovuta al fatto che i loro apparati non sono ancora del tutto maturi.

A oggi il regolamento sugli aromi non li tutela in modo particolare: mentre per gli additivi c’è una lista positiva molto ristretta – cioè sono pochissimi quelli che possono essere aggiunti agli alimenti per la prima infanzia e si tratta di quelli per i quali non è stato evidenziato un rischio per la salute –, per gli aromi questo elenco non c’è. Nei prodotti biologici è ammesso solo l’uso di aromi naturali o di preparazioni aromatiche naturali: ma, come abbiamo visto, questo non esclude i rischi potenziali per la salute».

Visto che è in corso un progetto di studio, la situazione cambierà in futuro?

«La Commissione europea ha compilato un registro dei circa 3 mila aromi presenti nei prodotti alimentari dell’Ue e sulla base dei pareri dell’Efsa stabilirà una lista positiva in cui saranno presenti solo quelli autorizzati. Questo scereening ha già permesso di identificare 7 aromi che non saranno nell’elenco perché tossicologicamente non accettabili e circa 300 sostanze per le quali sono necessari ulteriori dati prima di stabilire se inserirli o no nella lista positiva, perché sulla base delle attuali conoscenze non si può escludere che siano genotossiche. A oggi però queste sostanze sono presenti sul mercato»

Il problema degli aromi però non si pone per gli alimenti casalinghi.

«Nei cibi preparati  in casa dalla mamma per i bimbi gli aromi non ci sono. Almeno in generale: le Linee guida per una sana alimentazione, che risalgono al 2003, suggeriscono di evitare il sale aggiunto e di insaporire i cibi con le spezie. Alla luce degli studi più recenti, però, nel caso dei cibi per bambini più piccoli sarebbe meglio evitare anche le spezie, e quindi il rischio di sostanze tossiche contenute negli aromi da cucina: riprendiamo l’esempio della cannella, che può essere aggiunta alla mela grattugiata o i semi di finocchio in un brodo vegetale. Per altro, nella cultura popolare c’è la percezione che le spezie sono troppo “forti”  per i bambini piccoli. Dietro c’è forse l’intuizione della potenziale tossicità di questi prodotti. o semplicemente la coscienza che al bambino piccolo piacciono gli alimenti che un adulto potrebbe ritenere insipidi».

Esistono altre possibili fonti di esposizione casalinga?

«Qualche mese fa, l’Inran ha richiamato l’attenzione sulle tisane di finocchio (se ne era occupato anche Ilfattoalimentare.it, ndr) molto usate per le coliche dei lattanti. I semi di finocchio contengono estragolo, una sostanza genotossica e cancerogena: perciò la raccomandazione dell’Agenzia europea per il farmaco (Emea) è di non usare le tisane lmeno fino ai 4 anni di età, se non dietro indicazione del pediatra. Ne viene sconsigliato il consumo anche alle donne durante la gravidanza e l’allattamento. Le ricerche hanno visto che c’è un margine di scarto troppo piccolo tra la dose assunta quotidianamente con un biberon e quella ritenuta cancerogena nelle cavie da laboratorio: quindi la sicurezza d’uso non è garantita».

 

Com’è la situazione negli alimenti industriali per l’infanzia?

«Gli aromi vengono aggiunti in tutte le categorie di alimenti consumati da bambini in età scolare, ma non mancano nemmeno in quelli per lo svezzamento e la prima infanzia. Basta guardare le etichette: spesso si tratta di aromi naturali, ma a volte si parla solo di “aromi”. Qualche volta è indicato anche il nome: il più diffuso è la vanilina, che fa parte dei natural-identici. Ma esistono anche pappe lattee  e creme di cereali senza sostanza aromatiche: basta leggere le etichette per identificarli. Viceversa, non sono stati trovati biscotti per la prima infanzia senza questi additivi».

 

Gli aromi si trovano anche nel latte formulato per i neonati?

«Nei prodotti destinati a bimbi fino al 1 anno di età (formule per lattanti e di proseguimento) gli aromi sono assenti: perché, per favorire l’allattamento al seno, la legge vieta la promozione del latte artificiale, e l’aggiunta di sostanze aromatiche viene considerata una forma di “promozione” del prodotto in polvere a discapito del latte della mamma. Nel latte di crescita, invece, si trovano quasi sempre, per lo più aroma di vaniglia o vanillina».

 

 

 

 

 

Ci sono altri ingredienti discutibili?

«In un paio di casi tra gli ingredienti abbiamo trovato il prezzemolo: negli alimenti per la primissima infanzia andrebbe evitato, dato che contiene sostanze potenzialmente tossiche, la miristicina e l’apiolo. Alcuni anni fa, fece rumore la scoperta di una pappa con cannella. Oggi la confezione indica solo “aromi”».

 

E per quanto riguarda bevande e merendine?

«Gli aromi non possono essere aggiunti ai nettari di frutta – che sono anche destinati ai bambini nella fase di svezzamento – e ai succhi di frutta al 100%. Ma attenzione alla denominazione di vendita: molte bevande che hanno un’immagine salutistica (con aggiunta di vitamine, minerali, antiossidanti) sono in realtà “bibite a base di succo di frutta” e possono contenere coloranti e sostanze aromatiche. Infine, le merendine: proposte nella duplice versione  “con” e “senza” ».

 

L’assenza di aromi è di per sé un indice di migliore qualità?

«Un prodotto senza aromi può essere migliore, perché il produttore per ottenere un buon risultato organolettico deve usare ingredienti di qualità e processi tecnologici più rispettosi della materia prima che, quindi, risulteranno anche più validi sotto il profilo dei nutrienti».

 

In conclusione, come si può ridurre l’esposizione dei bambini a questi additivi?

«Bisogna privilegiare gli alimenti freschi e, tra tutte le bevande, la migliore è l’acqua. Tra gli alimenti trasformati,  preferire quelli senza la parola aromi in etichetta e cambiarne il più possibile la scelta senza affezionarsi a una sola marca: l’alimentazione variata è la migliore difesa dal rischio di entrare in contatto con sostanze tossiche in quantità dannose per la nostra salute, e questo vale anche per noi adulti».

Mariateresa Truncellito 

foto: Photos.com e per gentile concessione di Catherine Leclercq

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