media comunicazione giornali lettura informazione newsPer capire cosa vuol dire essere giornalisti indipendenti basta cliccare su Google news la parola “pubblicità ingannevole”, seguita dai nomi di marchi famosi come Uliveto, Coca-Cola, KiloKal e vedere i risultati. Nella lista compare quasi solo il nome del nostro sito con l’elenco delle sentenze dell’Antitrust e dell’Istituto di autodisciplina pubblicitaria. Gli altri media preferiscono non trattare certi argomenti, anche se si tratta di marchi conosciuti da tutti, che ogni invadono gli schermi tv con i loro spot. Se però digitate su Google news  il nome di Uliveto, Coca-Cola, KiloKal senza la voce pubblicità ingannevole, sullo schermo compaiono centinaia di notizie e persino episodi di cronaca nera su furti nei supermercati.

Un atteggiamento analogo si riscontrava qualche anno fa sui giornali e sui siti, quando  ignoravano  le notizie sulle campagne di richiamo dei prodotti alimentari pericolosi ritirati dagli scaffali dei supermercati. Il motivo è da ricercare negli sponsor che non gradiscono notizie negative sui loro prodotti, né soprattutto condanne per messaggi e spot ingannevoli. Per contro quando i provvedimenti dell’Antitrust riguardano soggetti che non fanno pubblicità, allora le notizie sono rilanciate facilmente e con una certa enfasi. Anche noi abbiamo gli sponsor come gli altri. La differenza è che pubblichiamo queste notizie perché fa parte del nostro mestiere, perché le aziende che inseriscono banner pubblicitari nel sito rispettano l’indipendenza della redazione, come dovrebbero fare tutti gli inserzionisti.

Un’altra questione che merita riflessione riguarda i giornali e i siti che editano test e indagini merceologiche, mettendo in cattiva luce i prodotti che rispettano i parametri di legge. Paradossalmente la colpa di questi prodotti, è contenere una quantità di contaminanti 10 – 100 volte inferiore ai limiti stabiliti dalla norma, rispetto ad altri prodotti che invece non ne hanno. Pur essendo d’accordo nel preferire i prodotti alimentari con meno contaminanti e meno residui, questo non autorizza una severa censura degli altri prodotti. Diverso sarebbe se venissero riscontrati additivi non consentiti o contaminanti pericolosi come Pfas e altri.

Un altro aspetto critico di giornali e siti che pubblicano test, confronti tra prodotti, oppure promuovono concorsi dove si attribuiscono premi, riguarda il rilascio di un riconoscimento sotto forma di bollino o di certificazione.

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Non è facile capire quando si tratta di vero giornalismo indipendente

Questi attestati concessi ai prodotti o alle aziende ritenute migliori, vengono poi utilizzati nella pubblicità per sottolineare il riconoscimento di una qualità superiore. Questo sistema lascia spazio ad ambiguità, oltre a porre un problema temporale. Proviamo a pensare a cosa succederebbe nel caso di pubblicazione di un test o di una prova condotta dopo qualche mese sullo stesso prodotto, magari da un’altra rivista, con risultati molto diversi.

In alcuni casi viene rilasciato un bollino in cui si attesta che l’azienda rispetta le normative e non ricorre a sotterfugi, quasi che si trattasse di un merito e non di un requisito comune a tutte le imprese. Il problema è che i controlli realizzati per rilasciare un marchio o una certificazione di buona condotta, è fatta il più delle volte in modo sommario e occasionale e gli incidenti di percorso non sono certo prevedibili. Proviamo a pensare alla situazione che si creerebbe se il giorno dopo avere ricevuto il bollino, il certificato o il premio, il prodotto o il marchio restasse vittima di un incidente indipendente dalla propria volontà. Il caso famoso è quello del colorante Sudan 2 cancerogeno additivato al peperoncino, o del Fipronil nelle uova che ha costretto centinaia di marchi in Europa a ritirare i loro prodotti contaminati.  L’ultimo aspetto da considerare è che il bollino, come pure gli  attestati relativi ai prodotti o all’azienda sono, quasi sempre, concessi a fronte di un contributo finanziario diretto o indiretto, di una sponsorizzazione o di un accordo tra le parti.

Il meccanismo ci sembra farraginoso e non privo di problematiche. Per non incappare in  situazioni  imbarazzanti  bisognerebbe attenersi alle regole del giornalismo e magari sottolineare nei contratti pubblicitari con gli inserzionisti l’autonomia della redazione, evitando di dare bollini, certificazioni o premi di buona condotta dietro qualsiasi forma di contributo o accordo diretto o indiretto.

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Paoblog
15 Aprile 2019 16:36

Questa storia del “Bollino” in pratica venduto alle aziende, meritevoli quanto si vuole, mi ha indispettito non appena è stata annunciata. E mi ha ricordato un altra operazione (non in campo alimentare) discutibile fatta a suo tempo, con l’approvazione della testata, e che non ha affatto pagato. Vedi: https://wp.me/pjP1E-8N8