Il problema delle pratiche commerciali scorrette – che i colossi della grande distribuzione tendono ad applicare nei confronti delle decine di migliaia di fornitori di prodotti agroalimentari – torna alla ribalta. Martedì scorso è scesa in campo la Confederazione italiana degli agricoltori (Cia), per sollecitare l’adozione di un’apposita legge per la tutela dei fornitori. Già a dicembre il ministro per l’Agricoltura Mario Catania aveva annunciato un imminente intervento legislativo.
L’11 gennaio la Cia, Confederazione italiana agricoltori, ha presentato una proposta di legge di iniziativa popolare – qui in allegato – per regolamentare le relazioni contrattuali tra imprese agricole e grande distribuzione organizzata. Sono intervenuti al dibattito i vertici di Coop Italia, Conad, Confagricoltura, Copagri, Legacoop e alcuni parlamentari.
La proposta di legge è composta di 11 articoli, nei quali sono anzitutto definiti i principi di base:
– l’obbligo di forma scritta dei contratti di fornitura delle derrate agricole alla distribuzione organizzata;
– la nullità delle clausole contrattuali manifestamente inique (per esempio gli sconti retroattivi) e delle pratiche che configurano un abuso di dipendenza economica (come i pagamenti sistematicamente fuori termine), affidandone la definizione al ministero per lo Sviluppo economico (MiSE);
– il divieto delle vendite sottocosto, al di fuori di regole condivise, per evitare che la “sregolatezza” delle promozioni possa appunto causare il dissesto dei fornitori;
– la possibilità di adottare misure temporanee di disciplina dei prezzi nei periodi di crisi congiunturale dei mercati;
– la costituzione di una commissione per la Trasparenza presieduta dall’Antitrust (Autorità garante per la concorrenza e il mercato),
– l’istituzione presso il MiSE di un Osservatorio dei prezzi dei prodotti alimentari.
Le associazioni di categoria dovrebbero poter intervenire in sede amministrativa e giudiziaria per la tutela dei propri rappresentati (c.d. legittimazione processuale attiva, già introdotta nel c.d. Statuto delle imprese, legge n. 180/2011).
La proposta di legge, ha sottolineato il presidente della Cia Antonio Politi, è aperta a modifiche e la sottoscrizione popolare sarà avviata a seguito di consultazione con gli altri rappresentanti dei diversi comparti della filiera agroalimentare.
Un paio di prime considerazioni: perché limitare la tutela ai soli imprenditori agricoli e non estenderla anche alle circa 70.000 imprese che in Italia producono alimenti?
Ed è davvero necessario istituire un ennesimo Osservatorio? Non è bastata l’esperienza di “Mister Prezzi”?
Dario Dongo
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- 16 Gennaio 2012
Mi piace pensare che ci siano dei Davide in grado di affrontare Golia. Si tenga in considerazione però che il popolo dei perseguitati non è solo quello degli imprenditori agricoli, pursempre (e meno male) spalleggiati politicamente. Condivido quanto afferam Dario Dongo, esistono 70.000 imprese che in Italia producono alimenti schiacciate dall’onnipotenza della GDO a valle e dalla demgogia dei sindacati agricoli a monte. Si faccia in modo che possano sopravvivere con i loro marchi di fabbrica che garantiscono ai consumatori, prodotti di qualità e sicuri dal punto di vista igienico sanitario. Evitiamo che queste imprese diventino schiave della GDO a discapito della qualità e della sicurezza.
Finalmente, anche in Italia, qualcosa sembra muoversi anche se credo che più che iniziative popolari serva un regolamento imposto "dall’alto"…personalmente spero e confido in una buona normativa Europea! Stiamo a vedere…
Mi domando se queste norme sarebbero applicabili solo in Italia, annullandone di fatto l’effetto.