
Al Festival del Giornalismo Alimentare di Torino si parla di olio di palma. Solo interventi a favore senza contraddittorio, dimenticando che è una storia di giornalismo di inchiesta
Al Festival del Giornalismo Alimentare di Torino si parla di olio di palma. Solo interventi a favore senza contraddittorio, dimenticando che è una storia di giornalismo di inchiesta
Paola Emilia Cicerone
Il dibattito sull’olio di palma che si è svolto venerdì 24 febbraio in occasione del Festival del Giornalismo Alimentare di Torino, si è risolto in un’occasione perduta. L’idea di riflettere su una vicenda che ha coinvolto imprese, consumatori e media era sicuramente valida, particolarmente all’interno di un Festival dedicato a chi scrive di alimentazione, e in uno spazio accreditato come corso di formazione dall’Ordine dei Giornalisti. Tuttavia, che le cose non stessero andando nel migliore dei modi si era già capito quando Great Italian Food Trade e Il Fatto Alimentare, promotori della petizione che ha dato il via nel nostro paese al ripensamento circa l’uso dell’olio tropicale, è stato di fatto escluso dal dibattito.
Alla fine a confrontarsi sul tema “L’anno dell’olio di palma: la battaglia di comunicazione che divide i consumatori”, sono stati chiamati Carlo Alberto Pratesi del dipartimento di Studi Aziendali dell’Università di Roma 3 e Stefania Stecca del Dipartimento Culture Politica e Società dell’Università di Torino. La moderazione è stata affidata Pietro Paganini, editorialista e docente, che ha ricordato al pubblico e ai relatori l’obiettivo del dibattito: esaminare gli aspetti relativi alla comunicazione e il loro impatto sui consumatori. L’invito era di parlare di economia e comunicazione e non delle diverse posizioni delle parti.
L’’indicazione è stata disattesa dal primo relatore, Carlo Alberto Pratesi, che aveva già espresso posizioni favorevoli all’olio di palma pochi mesi fa alla presentazione dello spot di Ferrero con un intervento che rivendicava la validità delle scelte, e commentando sul sito Olio di palma sostenibile. A Torino il professore non si è limitato a parlare di sostenibilità ambientale, ma è entrato nel merito dell’uso alimentare dell’olio di palma, precisando che si tratta di una percentuale minima rispetto all’impiego nel settore industriale. Le aziende alimentari lo utilizzano “perché è un prodotto di successo maneggevole e facile da produrre”, ha spiegato Pratesi. E ha proseguito parlando di grassi saturi, per ricordare “che sono presenti in moltissimi alimenti come salumi, formaggi e anche nell’olio di oliva”, e dell’importanza di orientare i consumatori verso una dieta equilibrata e uno stile di vita attivo, “senza trasmettere il messaggio che il problema si risolva eliminando un ingrediente”. Per poi liquidare l’allarme dell’Efsa circa la presenza di sostanze cancerogene, affermando che questo dipende solo dalle modalità di produzione: “è un bene che questo problema sia stato sollevato, e anzi dovrebbe esserlo anche per gli altri oli vegetali” Pratesi non ha affrontato nel suo intervento temi legati al marketing o all’economia e – pur presentandosi nel suo curriculum come consulente della Barilla – ha evitato di parlare dell’impatto della campagna di boicottaggio dell’olio di palma sul mercato e del successo dei prodotti palm free.

Anche i temi legati alla comunicazione sono stati affrontati solo parzialmente: la stessa relatrice ha ammesso di avere avuto poco tempo per analizzare la grande massa di dati disponibili. Da qui forse la scelta, piuttosto discutibile, di analizzare solo alcuni aspetti della questione, senza fare parola della massiccia campagna di Barilla per lanciare i prodotti “senza olio di palma”, e menzionando solo marginalmente la petizione de Il Fatto Alimentare. Quello che appare dai dati presentati, ricavati attraverso Google trends e relativi all’attività on line negli anni 2014/2016, “è un’attenzione diffusa sul tema, con alcuni picchi relativi alla messa in onda del programma di Report dedicato all’olio di palma – 3 maggio 2015 – e al lancio dello sport Ferrero sull’olio di palma – ottobre 2016- con cui l’azienda ha fatto una scelta controcorrente rivendicando la sicurezza del proprio olio di palma”. La pubblicazione di dati scientifici come il rapporto Efsa ha invece sollevato minor dibattito, e anche la petizione de Il Fatto Alimentare, “che pure ha ottenuto 176mila firme, risulta meno visibile rispetto ai picchi d’interesse sollevati da Report e dallo Spot Ferrero”, ha rilevato Stecca rispondendo a una domanda. Sarebbe stato opportuno sottolineare il ruolo de Il Fatto Alimentare nel tenere vivo il dibattito e l’attenzione con la pubblicazione di 200 articoli, ed evidenziare la scelta di quasi tutte le aziende di abbandonare l’olio tropicale.
“Si tratta – ha sottolineato Stecca – di un tema interessante attorno al quale si muovono attori molto forti economicamente, come i paesi produttori dell’olio di palma, Malesia e Indonesia in prima linea, ma anche i produttori di altri oli, senza dimenticare le aziende, la grande distribuzione e l’opinione pubblica”. Che ci siano interessi forti in gioco lo conferma, ha ricordato la relatrice, la marcia indietro della ministra francese Ségolène Royal che si era espressa per un boicottaggio della Nutella per poi scusarsi. “Sulla scelta di un olio piuttosto che un altro il tema della reputazione, e in particolare della reputazione on line assume particolare rilevanza” osserva Stecca. “Particolarmente sul tema salute e particolarmente, come nel caso dell’olio di palma, quando si parla di prodotti presenti in alimenti consumati da bambini e ragazzi, un elemento che può innescare le ansie dei genitori”. Ci sarebbe stato molto altro a dire. Purtroppo i tempi stretti fissati dal Festival per le varie tavole rotonde non hanno lasciato tempo per il dibattito che la questione avrebbe meritato.
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2 Marzo 2017
come si dice “se la sono suonata e cantata”. Bene.
Niente Nutella e altri prodotti con olio di palma.
Così siamo contenti tutti, ma non dicano che sono scienziati o giornalisti e nemmeno professori universitari.
Un ultima cosa, come consumatore spendo i miei soldi come voglio io.
Oltre al business pro o contro, il buonsenso dei consumatori prevale sulle strumentalizzazioni e punisce chi lo danneggia, divulgatori compresi.
Le bugie durano poco e chi le racconta vive solo una stagione.
Un vecchio proverbio marchigiano diceva: “i quattrini mandano l’acqua in sù”.
Non diamoci per vinti!