Nel sempre più corposo armamentario dei farmaci in sperimentazione contro il Covid-19 arriva anche un antiacido utilizzato da decenni: la famotidina, un inibitore dei recettori dell’istamina H2, in studio a New York, all’ospedale di Northwell Health, su oltre 1.000 pazienti. La vicenda è raccontata da Science, che ne ricostruisce i passaggi, molto illuminanti per quanto riguarda i rapporti non facili tra la comunità scientifica il presidente Trump.
Il protagonista è un medico che da sempre studia le zoonosi recandosi anche in loco, quando è necessario, Michael Callahan del Massachusetts General Hospital di Boston.

Come aveva fatto per la SARS nel 2002, anche questa volta Callahan è andato in Cina a gennaio, a Najing, e lì, analizzando le cartelle di oltre 6.200 persone decedute insieme ai medici cinesi, si è accorto di una differenza macroscopica. Tra coloro che, colpiti da un reflusso cronico, assumevano regolarmente famotidina prima del contagio (ma non gli altri farmaci usati in questi casi, gli inibitori della pompa protonica) la mortalità era stata del 14%, mentre tra chi non la assumeva era stata del 27%, un dato evidente, anche se basato solo sulle sole cartelle cliniche.

Tornato negli USA, Callahan ne aveva parlato con le autorità preposte, cioè U.S. Biomedical Advanced Research and Development Authority, il BARDA, e con Robert Malone, un esperto di modellistica computerizzata, che stava studiando altri farmaci come possibili antivirali in base a quanto conosciuto della struttura degli altri coronavirus. Malone, in particolare, stava studiando un enzima del Sars-Cov2 chiamato proteasi simile alla papaina, vitale per il virus. Alla fine, tra le 2.600 possibili molecole ad attività inibitoria su questo enzima, solo tre sono state giudicate papabili, e una era proprio la famotidina.

Fin qui i dati del computer. Ora serviva una grande quantità di farmaco, perché Callahan voleva provarlo in concentrazioni elevate e per via iniettiva, e non orale come si usa fare. Per questo non ha detto nulla pubblicamente e si è procurato il farmaco, evitando di scatenare la corsa all’accaparramento vista con la clorochina e l’idrossiclorochina dopo che Trump ha detto, senza alcuna prova, che i due vecchi antimalarici erano farmaci miracolosi.

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Contro il coronavirus la famotidina sarà impiegata a un dosaggio 9 volte quello consigliato contro il reflusso

Nel frattempo ha ottenuto il via libera da parte della Food and Drug Administration e 20,7 milioni dal BARDA. A quel punto ha iniziato a reclutare i malati, trovandosi però di fronte a un ostacolo: vista la fiducia nell’idrossiclorochina, è difficilissimo trovare pazienti ospedalizzati che non ne assumano. Per questo ha pensato a uno studio in cui il gruppo di controllo assume solo idrossiclorochina, quello di trattamento la stessa più famotidina (a un dosaggio che è nove volte quello consigliato contro il reflusso): uno schema non ideale, ma obbligato, se si vogliono ottenere dati in tempi rapidi. In totale dovrebbero partecipare oltre 1.100 pazienti ricoverati, alcuni dei quali in ventilazione assistita, ma fino a quando non ci saranno i dati di circa 400 di essi non sarà reso noto alcun commento.

Per ora ci sono solo diversi resoconti di guarigioni aneddotiche, riferite da medici americani alla stessa Science, che sembrano indicare netti e rapidi miglioramenti in seguito all’assunzione del farmaco, e c’è una pubblicazione scientifica dei protagonisti di questa vicenda sotto revisione presso gli Annals of Internal Medicine, una delle più prestigiose riviste di medicina del mondo.
I primi dati dovrebbero essere resi noti entro poche settimane.

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Dominick
Dominick
7 Maggio 2020 15:58

Veramente ci sono lavori già del 2005 del Centers for Disease Control and Prevention e di altri istituti di ricerca che evidenziavano l’efficacia della Chloroquine sui Coronavirus…

Fonte: https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC1232869/