Un gatto su un tavolo di un cat cafè

Da un recente studio pubblicato su Conservation Letters si apprende che in Asia si stanno diffondendo rapidamente bar che accolgono animali esotici. In questi locali – che appaiono come uno “sviluppo” degli oramai noti e diffusi cat café con gatti e cani –, specie selvatiche, tra cui mammiferi, uccelli e rettili, vengono sfruttate come “animali da coccola”. Concentrandosi su 10 regioni asiatiche (Cambogia, Hong Kong, Indonesia, Giappone, Cina, Filippine, Corea del Sud, Taiwan, Tailandia, Vietnam), sono state identificati 406 animal café dei quali il 27% ospita fauna esotica come le lontre, i gufi, i pappagalli, i gechi, i pitoni. Delle 252 specie esotiche registrate in tutti i locali presi in considerazione, 117 (46%) sono a rischio o in diminuzione, 31 sono inserite nella Lista Rossa delle specie a rischio dell’IUCN (International Union for Conservation of Nature), 86 non sono ancora formalmente minacciate ma stanno subendo un calo della popolazione.

La moda di questi locali si inserisce in un contesto che vede la biodiversità del mondo naturale in una fase di declino e che identifica la perdita dell’habitat naturale come una delle cause fondamentali che rendono una specie a rischio di estinzione. Lo sfruttamento delle specie per il commercio di fauna selvatica è condizionato dalla crescente domanda di animali esotici “da compagnia”, una tendenza quest’ultima influenzata da numerose e complesse questioni, non ultimi i fattori che riguardano la percezione, le abitudini, la popolarità della specie e l’accessibilità al possesso. Acquari, musei, parchi così come i social media e gli animal café restituiscono rappresentazioni di umani che si relazionano alla fauna selvatica per dare e ricevere coccole, suscitando così nel pubblico un maggiore interesse di possesso verso questi animali che, di conseguenza, possono venir considerati “domestici”. Il fatto che animali non addomesticati vengano trattati come tali (per esempio lasciati circolare liberamente nei bar dove la clientela può accarezzarli) rischia di legittimare l’idea di poter acquistare fauna selvatica e o esotica sebbene il suo commercio sia osteggiato dalle associazioni per la difesa dei diritti degli animali.

animal café
Gli animal café restituiscono rappresentazioni di umani che si relazionano alla fauna selvatica

Nello studio si dichiara che nella maggior parte dei casi approfonditi non è stato possibile risalire alla fonte dell’acquisto, un dato questo che conduce alla possibilità del traffico illegale. Tra i rischi legati agli animal café c’è il fatto che le specie presenti hanno necessità alimentari e mediche particolari che non possono essere soddisfatte da chi gestisce i locali. Inoltre, una loro eventuale fuga potrebbe risultare nociva per l’equilibrio dell’ecosistema qualora si rivelassero specie invasive e dunque vettori di malattie per animali locali e, potenzialmente, per le persone, un punto, quest’ultimo, di grande attualità date le probabili origini della pandemia che ancora è in corso. Gli animal café hanno subito e continuano a subire una forte crisi dovuta al Covid: se da una parte la clientela internazionale è assente a causa delle limitazioni negli spostamenti, quella locale è drasticamente diminuita per paura di contrarre il virus dagli animali. In un video diffuso dal South China Morning Post viene testimoniata la situazione di alcuni locali di Seul dove i piccoli ospiti, abituati a constanti stimoli, si muovono annoiati tra i tavoli vuoti.

Il primo cat café del mondo – o meglio il primo neko café (in giapponese “neko” significa “gatto”) – fu aperto a Taiwan nel 1998. Da allora questi locali hanno visto una grande diffusione inizialmente in Giappone e in seguito oltre i confini asiatici. La prima città europea ad accoglierne uno fu Vienna nel 2012, mentre per quanto riguarda l’Italia si è aspettato il 2014 con l’apertura a Torino del MiaGola Caffè al quale si aggiunge il Crazy Cat Café di Milano, il Romeow Cat Bistrot di Roma, il Neko Café di Vicenza e di Torino, il diCaneinGatto di Martignacco (UD), il Gattò Bistrot a Portici (Napoli), il Nero Miciok Cat Café di Palermo e il Cat Café di Chry a Cagliari. Dalla descrizione che si trova sui siti e sulle pagine social di questi locali, si nota subito la volontà di renderli gradevoli alla vista per soddisfare la clientela che si trova immersa in un’atmosfera simile a quella di un salotto di casa. I bar diventano in questo modo degli espositori di animali – nel caso italiano di gatti – al servizio dei consumatori paganti che, adottando una visione antropocentrica, usano le bestie come oggetti. Questa forma di abbellimento e di cura sembra ricordare una modificazione di quelli che una volta sarebbero stati chiamati “piccoli zoo” solo che al posto delle gabbie, ci sono oggi le mura di negozi vegan o vegan friendly.

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Max
Max
16 Febbraio 2021 11:51

Ho frequentato il crazy cat di Milano dove i gatti, oltre ad essere gatti adottati dai gattili, hanno percorsi protetti per accedere ai loro spazi privati, gli avventori non possono toccare i gatti quando dormono, è vietato dargli da mangiare ed è vietato infastidirli e le foto senza flash, per quello che so anche il resto dei locali in Italia segue la stessa filosofia.
Sono loro i veri proprietari del locale, non sono gli attori sfruttati, come nei circhi, ne animali da esposizione come negli zoo.
Senza dimenticare che gli animali hanno sempre convissuto nei luoghi di ritrovo umani, non è una novità dei cat cafe.
P.s.
L’indicare locali come vegani e vegan friendly locali solo perchè hanno dei prodotti per vegani paragonandoli maliziosamente a dei novelli zoo lo trovo molto scorretto, sia nei confronti degli animali che ci vivono, sia delle persone che li gestiscono.

Federica
Federica
6 Marzo 2021 22:35

Io sono allergica al pelo di gatto quindi non entrerò mai in questi locali. Mi chiedo però se siano rispettate le norme igienico sanitarie, perché i gatti possono trasmettere toxoplasmosi e altre malattie.

Roberto
Roberto
8 Marzo 2021 12:36

Mi piace molto l’idea, immagino solo che ci possano esserci dei problemi in merito all’HACCP…

Ad ogni modo non vorrei sorgessero strumentalizzazioni di vario genere: nessuno è obbligato ad andarci e chi è contrario non faccia polemiche ma si limiti a non frequentarli, lasciando libero chi lo vuol fare.

prufner
prufner
Reply to  Roberto
11 Marzo 2021 12:19

Per le norme sanitarie credo sia sufficiente che gli animali non accedano ai luoghi dove gli alimenti sono preparati e/o stoccati (cucine e magazzini).
E ovviamente a chi non piacciono i gatti basta non andare……