L’alluminio è il terzo elemento più presente in natura e quindi si trova ovunque, anche nel cibo. È però anche uno dei più utilizzati per gli scopi più diversi, dalla farmaceutica alla cosmetica, passando per la chimica di base e per la filiera alimentare. In passato sono state ipotizzate connessioni con varie patologie, tra le quali quella mai dimostrata con l’Alzheimer, e in generale su di esso circolano, soprattutto in rete, molte notizie infondate e quasi sempre allarmanti, che preoccupano i consumatori. Per questo l’Agenzia federale tedesca per la valutazione del rischio ha appena pubblicato un’esaustiva lista di domande frequenti, le cosiddette Faq. Ecco una sintesi delle principali domande e risposte a proposito dell’alluminio negli alimenti:

In quali modi le persone sono esposte all’alluminio? Gli esseri umani lo ingeriscono con il cibo e l’acqua, ma lo assorbono anche attraverso il packaging, i dentifrici (soprattutto quelli a effetto sbiancante), i deodoranti, i rossetti, i filtri solari e molti farmaci.

L’assunzione di alluminio non avviene solo attraverso il cibo, ma anche attraverso il packaging, deodoranti, dentifrici sbiancanti, cosmetici e farmaci

Quali sono i rischi per la salute? I principali sono a carico del sistema nervoso, dei reni e delle ossa. Se ingerito con il cibo, il rischio di un’intossicazione acuta è basso: nella maggior parte delle persone, l’eccesso viene escreto attraverso i reni. Se non funzionano a dovere, però, si può determinare un accumulo nel fegato, nei muscoli, nelle ossa, nel cervello e nei reni stessi, così come può accadere in seguito all’ingestione quotidiana protratta per anni. Una volta che si è depositato, l’alluminio è smaltito solo molto lentamente.  

Quali sono i limiti di sicurezza? Nel 2008 l’Efsa, in base a studi condotti sugli effetti sullo sviluppo di ratti giovani, ha stabilito che la dose settimanale tollerabile (DST o TWI, da tolerable weekly intake) è pari a 1 milligrammo per chilo di peso corporeo. Nel 2012 il Jecfa (Joint expert committee on food additives of the food), comitato congiunto di Fao e Oms, in base agli studi più recenti ha raddoppiato la DST. La dose settimanale tollerabile definisce la quantità di una sostanza che si può assumere attraverso il consumo alimentare nel corso di una vita media.

In che quantità è presente l’alluminio nel cibo? In base anche a studi condotti dallo stesso BfR, gli alimenti trasformati contengono una media di 5 mg di alluminio per chilo di prodotto. Solo pochi arrivano a 20 mg/kg. L’accumulo è sempre possibile e dipende, ovviamente, dalle quantità consumate per ogni alimento che contenga alluminio.

È possibile assumere quantità di alluminio pericolose per la salute? Essendo così diffuso, bisogna tenere conto dell’effetto accumulo. Oltre agli alimenti, l’alluminio è assorbito tramite una miriade di prodotti, a cominciare dai normali deodoranti. Questi ultimi, in base ad analisi del BfR e dell’Unione Europea (in particolare a un pronunciamento specifico sul sale usato nei deodoranti, l’alluminio cloridrato, dello Comitato scientifico per la sicurezza dei consumatori o SCCS), trasferiscono all’organismo quantitativi molto bassi e non rappresentano quindi un rischio. Al contrario, alcuni dentifrici sbiancanti hanno elevate quantità di alluminio: bisogna limitarne l’utilizzo.

In generale, è stato stimato che gli europei ne assorbono tramite il cibo 1 mg/kg alla settimana, cioè metà circa della dose massima. È possibile raggiungere i 2 mg/kg se si considerano anche tutte le altre fonti e non solo l’apporto dagli alimenti. Tuttavia, per la maggior parte delle persone, non supera la DST.

trote grigliate alluminio vassoio erbe aromatiche
È difficile assumere quantità di alluminio oltre i limiti raccomandati solo attraverso il cibo, ma è necessario variare gli alimenti per evitare accumuli

È possibile abbassare la quantità di alluminio assorbita? Per quanto riguarda gli alimenti, vale anche in questo caso il consiglio generale: varietà e cibi freschi. Ciò riduce la possibilità che si scelgano pochi alimenti con alte concentrazioni di alluminio e si vada incontro all’accumulo. Un’altra fonte è rappresentata dai fogli di cosiddetta stagnola, così come dalle teglie e dalle stoviglie monouso. Per limitare la migrazione da questi ai cibi, non si dovrebbero utilizzare questi prodotti con alimenti acidi e salati quali i pomodori, le mele, gli alimenti marinati o sotto sale, perché acidi e sali favoriscono il rilascio. Esistono poi i contenitori come le lattine o i fogli che chiudono i vasetti di yogurt, ma oggi sono tutti rivestiti, proprio per evitare il rilascio di particelle.

Esistono limiti legali per gli oggetti che entrano in contatto con il cibo? Non ci sono limiti legali fissi per il trasferimento da stoviglie e packaging, perché entrano in gioco troppe variabili. Ci si attiene alla regola che richiede nessun danno per la salute. Il BfR ha condotto uno studio sul trasferimento da vassoi non rivestiti ad alimenti acidi prima cotti e poi raffreddati rapidamente (metodo cook & chill), modalità molto comune nel catering, e ha dimostrato che è elevato: ha confermato dunque il consiglio di evitare alimenti acidi e salati, soprattutto se scaldati. Questo tipo di confezionamento dovrebbe essere evitato soprattutto dai servizi di catering e quando gli alimenti sono destinati a categorie a rischio quali bambini e anziani. 

Sempre il BfR ha condotto uno studio sui prodotti da forno trattati con soluzioni di bicarbonato, come i pretzel, e ha dimostrato che in molti casi la pratica, precedente alla cottura in forno su vassoi di alluminio, causa un significativo trasferimento, fino a far arrivare il livello anche a 10 mg/kg di prodotto. Artigiani e aziende si dovrebbero sempre attenere alle indicazioni e ai consigli delle rispettive agenzie governative e introdurre tutte le modifiche tecnologiche oggi disponibili (ma non recepite quanto sarebbe auspicabile).

Per ridurre il trasferimento di alluminio da contenitori al cibo, è meglio evitare di metterlo a contatto con alimenti acidi e salati

Ci sono cautele particolari per neonati e bambini? L’allattamento al seno protegge i bambini, perché il latte della madre contiene meno alluminio rispetto a quelli artificiali. Alcuni alimenti per bambini quali quelli derivati dalla soia, quelli per intolleranti al lattosio o ipoallergenici possono contenere concentrazioni più elevate di alluminio rispetto al latte materno. Se possibile, anche per questo i neonati dovrebbero essere allattati al seno fino ai sei mesi e poi nutriti con cibi normali. I bambini assorbono poi alluminio dai vaccini, ma numerosissimi studi hanno dimostrato senza alcun dubbio l’innocuità delle quantità assorbite attraverso questa via, a fronte di vantaggi enormi per la salute.

Le donne in età fertile devono avere particolare cautele? L’alluminio si accumula nell’organismo e passa attraverso la placenta. Chi desidera avere un figlio può limitare l’assunzione seguendo una dieta varia e sana e i consigli su cosmetici, dentifrici e stoviglie.

Quali sono, in Germania, le principali fonti alimentari di alluminio? Il primo sono i tè istantanei (11% del totale), seguiti dalle insalate fresche miste (8%), dalle bevande a base di tè (7%), dai prodotti con cacao e cioccolato (6%) e dal pane multicereali (4%), Ma tutte queste voci rappresentano solo il 36% del totale dell’alluminio assunto con il cibo, il resto arriva dalle fonti più disparate.

A quale scopo viene usato nell’industria alimentare? Oggi il suo utilizzo è molto ridotto, in seguito a normative europee emanate negli ultimi anni che raccomandano di limitarlo allo stretto necessario. È ancora permesso in alcune decorazioni in pasticceria e per specifici impieghi tecnologici.

Il rilascio di alluminio dalle caffettiere è moderato e con l’uso si forma una patina che lo impedisce

Quando si vuole grigliare un alimento, è bene avvolgerlo in un foglio di alluminio? Il trasferimento dal foglio al cibo avviene anche quando si griglia. Tuttavia la pratica di avvolgere l’alimento nella stagnola ha una finalità importante: previene la formazione di idrocarburi policiclici aromatici, noti per essere cancerogeni, che derivano dai grassi surriscaldati (che senza l’alluminio cadrebbero nel fuoco). Da questo punto di vista l’uso è giustificato, ma è importante aggiungere il sale solo dopo la cottura. E ricordare che esistono materiali alternativi quali alcune ceramiche e acciaio.

Si possono usare le pentole di alluminio? A patto che siano rivestite. Se non lo sono, è bene evitare di cuocervi alimenti acidi e salati.

Qual è il rilascio dalle caffettiere e dalle capsule per il caffè e dalle borracce? Dopo il primo utilizzo, le caffettiere formano una patina protettiva che impedisce il rilascio. Tuttavia il lavaggio in lavastoviglie la dissolve. In ogni caso, diversi studi hanno dimostrato che rilasciano al massimo alluminio in quantità inferiore al limite stabilito di 5 mg/kg. Non ci sono motivi per temere le caffettiere, anche se bisogna evitare di lavarle troppo spesso in lavastoviglie. Le capsule sono tutte rivestite e le borracce anche (o dovrebbero esserlo).

Restano molti aspetti da chiarire sui quali – questa la considerazione finale del BfR – è urgente condurre studi specifici.

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Martina
Martina
1 Settembre 2020 14:27

credo che le caffettiere in alluminio non vadano mai lavate in lavastoviglie, non “non troppo spesso” o mi sbaglio?

Laura
Laura
Reply to  Martina
10 Settembre 2020 12:04

Sulle confezioni della più nota marca di caffettiere italiana è ben specificato che non devono assolutamente essere lavate in lavatrice

Giovanni Gozzi
Giovanni Gozzi
1 Settembre 2020 19:58

Non ci sono limiti legali fissi per il trasferimento da stoviglie e packaging, perché entrano in gioco troppe variabili.
Il Reg. 1935/2004 dice ben altro, sapendo che esiste.

Mauro
Mauro
10 Settembre 2020 11:04

“I bambini assorbono poi alluminio dai vaccini”

Questo scivolone, a cui si aggrapperanno gli antivax, potevate evitarvelo in quanto l’alluminio non è presente nei vaccini contro polio, influenza, morbillo, rosolia, parotite, varicella, rotavirus.

Circa un millesimo di un grammo se ne trova nei vaccini contro tetano, difterite, pertosse, Hib, epatite A e B, pneumococco, meningococco, papillomavirus.

In soldoni, un bambino che si sottopone a tutte le vaccinazioni raccomandate nel primo anno di vita è esposto ad una quantità di sali di alluminio pari a pochi millesimi di grammo, quantità migliaia di volte inferiore a quelle che assume normalmente col cibo.

gianni
gianni
11 Settembre 2020 15:21

Entro nei commenti ripetendo le parole dell’articolo ” i bambini assorbono alluminio dai vaccini”
Premetto , per non spaventare il moderatore, che non sono un novax nella pratica , io e la mia famiglia siamo in regola con le punture ma rimango ugualmente fortemente critico nei confronti di questi coadiuvanti e affini dove i valori consentiti sono calcolati in maniera medioevale e molto approssimativa.
Quello che mi fa entrare nel discorso però è altro ed è condensato in questo link

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC4318414/
Biopersistence and Brain Translocation of Aluminum Adjuvants of Vaccines
Romain Kroum Gherardi,1,* Housam Eidi,1 Guillemette Crépeaux,1 François Jerome Authier,1 and Josette Cadusseau1

Si tratterà pure di minime quantità di metallo ma io penso di aver capito che l’alluminio metallico puro e/o minerale all’interno del corpo umano segue un percorso e una destinazione e persistenza molto diversa da quello inglobato nei vegetali che ingeriamo con l’alimentazione.
Il primo caso consta di minore quantità ma molto più pericoloso del secondo, secondo me.
Dopo di che chiudo l’argomento , di vaccini al momento storico attuale è impossibile parlare liberamente e serenamente quindi meglio tacere e agire secondo la propria coscienza.