È stato appena pubblicato un parere dell’Efsa (l’Autorità europea per la sicurezza alimentare) in cui si afferma che il consumo di carni e latte derivati da animali clonati e dalle loro progenie non presenta rischi maggiori rispetto ai corrispondenti prodotti di origine convenzionale. La valutazione scientifica è stata eseguita su bovini e suini, non disponendo di sufficienti informazioni su altre specie.

L’Autorità si era già espressa nel 2008 e nel 2009 su questo tema, e ha ora confermato i precedenti pareri dopo aver selezionato ed esaminato oltre 100 studi scientifici (su 400) pubblicati fino all’1 luglio 2010. Ha elaborato le informazioni raccolte presso centri di ricerca europei e non, e consultato esperti di varie accademie.

Ai dibattiti tra esperti scientifici ne seguiranno altri, con le istituzioni e le parti sociali interessate, prima di approdare a una proposta di regolamento che autorizzi l’uso in Europa degli alimenti in questione. Entro la fine dell’anno, il commissario John Dalli presenterà infatti al Parlamento europeo una rapporto sulla clonazione. I dibattiti, ancor più di quanto successo per le colture vegetali geneticamente modificati, andranno dalla sicurezza alimentare alla salute e al benessere animale fino all’impatto ambientale, ecologico, e all’etica in generale.

Come chiarito dall’Efsa, le ricerche seguono alcune principali direzioni: produrre animali d’elite, riprodurre animali transgenici, preservare animali estinti o in via d’estinzione e la bio-diversità. Non mancheranno le prese di posizione delle autorità religiose, né le pressioni politiche di altri Paesi membri dell’Organizzazione mondiale del commercio (WTO) interessati a esportare in Ue i loro prodotti (come le carni del salmone atlantico gm “AquAdvantage”, in corso di approvazione da parte della Food & Drug Administration in Usa).

Il panel di esperti dell’Autorità ha concluso che «in relazione alla sicurezza alimentare, non ci sono indicazioni sull’esistenza di differenze tra carni e latte dei cloni e delle loro progenie rispetto a quelli degli animali allevati in modo convenzionale».

Le ricerche, realizzate in ogni continente esclusa l’Africa, rivelano comunque che ci sono diversi ostacoli da superare, a partire dall’efficacia del metodo riproduttivo i cui successi sono ancora lontani da quelli tradizionali (se pure vicini a quelli della fecondazione in vitro). Tra i problemi, ci sono patologie placentari, malformazioni del feto, parti prematuri, elevata mortalità e ritardi nella crescita della progenie, alterazioni dei profili ematici.

Nello stesso tempo, si rileva la sostanziale equivalenza di capacità cognitive dei cloni, e il fatto che le progenie non parrebbero subire le difficoltà dei cloni da cui derivano, per ora almeno, in attesa di adeguati studi su più generazioni. Un quadro complesso e futuribile insomma, almeno in apparenza, rispetto al quale la stessa Autorità europea raccomanda di raccogliere ulteriori dati, anche per valutare l’impatto sull’ambiente.

Dario Dongo

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