La seconda ragione è rappresentata dall’assenza di metodi analitici per dosare il residuo di HEDP nelle carni, necessari per poter gestire questo trattamento come punto di controllo critico, come richiesto dalla normativa europea per i trattamenti di decontaminazione. A tal proposito, la stessa ditta produttrice dell’HEDP fornisce una scheda tecnica lacunosa, in cui non si riportano i dati sull’impatto ambientale.

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Un aspetto critico dell’impiego dell’acido peracetico è la presenza dello stabilizzante HEDP

La terza motivazione è di carattere pratico, perché in un ambiente come il macello avicolo, con alta velocità di catena, un trattamento applicato lungo la linea è raramente compatibile con la corretta applicazione dei dispositivi di protezione individuale, in particolare con l’uso di occhiali, mascherine e guanti necessari per la protezione degli operatori, che sarebbero esposti a vapori irritanti.

 

Quindi non è così sicuro, nonostante il parere dell’Efsa?

Finché non sarà disponibile un metodo analitico, sarà difficile calcolare l’impatto ambientale di questa sostanza. Il documento Efsa dice che l’immissione nell’ambiente di HEDP non può essere considerata sicura a priori. Per ora conosciamo la concentrazione nella soluzione utilizzata a monte, ma dopo il lavaggio e soprattutto dopo il trattamento delle acque reflue non sappiamo quanto ne rimane.

Quali sono le alternative?

La richiesta di analisi e controllo sui possibili effetti nocivi dell’acido peracetico proviene dagli Stati Uniti, dove è ampiamente utilizzato come decontaminante. Il loro interesse deriva probabilmente dalla necessità di favorire l’esportazione delle loro carni verso l’Europa. Dal mio punto di vista sono convinto che sia meglio investire in azioni che puntino alla prevenzione. Prima di autorizzare nuovi decontaminanti, bisognerebbe chiedersi se non sia possibile fare qualcosa per controllare meglio l’ambiente di lavoro e le condizioni igieniche dell’allevamento. Sostituire la prevenzione con un decontaminante produce lo stesso effetto di un airbag potente in un’auto dalle prestazioni di frenata scarsa, perché l’incidente avverrà comunque. Non sarebbe meglio migliorare la qualità del veicolo per mantenere incolume il conducente?

Eleonora Viganò

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David
David
11 Aprile 2014 11:38

Premetto che non sono un produttore di polli, però non sono d’accordo con la tesi e le conclusioni di questo articolo.

Stiamo parlando di acido peracetico, esso degrada in acido acetico e non lascia residui. Anzi, li lascia, ma sono termolabili.

contestazione sull’irritazione degli operatori:suppongo che un’azienda alimentare “per evitare il contatto diretto con gli operatori” abbia delle procedure dedicate, ma mica si vogliono disinfettare gli operatori ma i polli! e prima che le normali procedure igieniche c’è la 81/08 che ne prescrive la gestione del rischio.
Perdona il sarcasmo ma non vedo molecola più semplice a parità di efficacia.
Poi, ce ne fosse un residuo tu stesso dici che “degrada ad alta temperatura”. Perfetto, mai nessuno mangia un pollo crudo.

Perdona il tono polemico, ma cosa vogliamo usare per disinfettare, citrato d’argento?

Ilaria
Ilaria
11 Aprile 2014 19:26

Scusate l’ignoranza ma dato che nessuno mangia il pollo crudo a che cosa serve disinfettarlo? Questa pratica di disinfettare la carne sarebbe a vantaggio del consumatore perché esiste un reale problema di contrarre infezioni per la carica batterica residua sulla carne o é un vantaggio per il produttore che così allungherebbe la scadenza della carne?

Roberto La Pira
Reply to  Ilaria
12 Aprile 2014 11:15

Un alimento crudo con un’elevata carica batterica in giro nei supermercati , in casa non è il massimo. Esiste la cross contamination da non sottovalutare

Ilaria
Ilaria
Reply to  Roberto La Pira
12 Aprile 2014 16:14

Si, ma i dati sui problemi causati dalla cross contamination della carne di pollosono davvero così allarmanti? A me la prima cosa che viene in mente sono le infinite possibilità che si aprono ai produttori di carne scadente. Disinfettare la carne mi fa pensare a quanto potrebbe peggiorare la qualità del lavoro che viene effettuato sulle carni e sulla qualità della carne stessa. Buone pratiche di macellazione non possono già ridurre i rischi di cross contamination?

marco roboni
marco roboni
12 Aprile 2014 11:13

concordo pienamente con il sig. David, ero responsabile A.Q. in industria Casearia e Agroalimentare e l’acido peracetico si è dimostrato ottimo disinfettante e sanificante.

Andrea
Andrea
12 Aprile 2014 11:34

Se ho capito bene, il problema non è legato all’acido peracetico in sé, ma ad uno stabilizzante che gli viene aggiunto, l’acido etidronico (HEDP). E’ di quest’ultimo che non si conosce con precisione la posibile tossicità

Diego
Diego
12 Aprile 2014 14:12

Il campylobacter ringrazia sentitamente.