olio di palma wiredWired pubblica un articolo sull’olio di palma che piacerà molto alla Malaysian Palm Oil Board che ha invitato un gruppo di oltre 10 giornalisti italiani in Malesia (compreso un redattore di Wired) per visitare le piantagioni. La questione dell’olio di palma secondo Wired è una guerra tra lobby, dove la vicenda nutrizionale risulta di scarso rilievo e lo scempio in atto nelle foreste un effetto collaterale portato avanti da un gruppo di persone scorrette che non rispettano le leggi! La nota è caratterizzata da alcune imprecisioni e da un tono conciliante verso i produttori dell’olio tropicale vittime di un’isteria collettiva del tutto immotivata

olio di palma
L’olio di palma è stato nascosto dalle diciture delle etichette perché giudicato di pessima qualità

Wired dice che in Italiaabbiamo ignorato per decenni l’esistenza dell’olio di palma per poi saltare dalla sedia quando, per questioni di trasparenza, l’Unione europea ha reso obbligatorio esplicitarlo sull’etichetta dei prodotti“. La verità è che i produttori hanno per decenni nascosto la presenza di questo olio di mediocre qualità dall’elenco degli ingredienti, per via della pessima reputazione attribuita dai nutrizionisti più accreditati (Carlo Cannella, Oliviero Sculati e lo stesso Giorgio Calabrese che adesso però ha cambiato idea). Liquidare la questione nutrizionale dell’olio di palma come una storia di isteria collettiva senza considerare l’aspetto nutrizionale dimostra un’evidente incomprensione del problema. In Italia molti nutrizionisti indipendenti hanno preso posizione contro l’invasione dell’olio di palma considerato una presenza esagerata nella dieta. Il Fatto Alimentare ha pubblicato decine di articoli con il parere di esperti come Antonello Paparella, Enzo Spisni, Antonio Pratesi, Michele Sculati, Margherita Caroli… che supportano questa tesi. Esistono anche nutrizionisti come Andrea Ghiselli dell’ex Inran ora Crea Nut, Eugenio Del Toma e altri che hanno espresso pareri diversi e si limitano a consigliare prudenza. Si tratta di nutrizionisti autorevoli che sono stati (molti lo sono ancora) consulenti di Aidepi (la principale associazione di produttori che utilizza nel 90% di biscotti, merendine e snack olio di palma) o collaboratori del sito merendineitaliane.it (sempre di Aidepi) o hanno rapporti di consulenza con le principali industrie produttrici di prodotti da forno.

olio di palma pubblicità
La lobby dell’olio di palma ha investito 1 milione di euro in pubblicità sui giornali

Wired sostiene che “uno studio, peraltro italiano, che sembrava la pistola fumante per una correlazione (tra olio di palma n.d.r.) col diabete si è poi rivelato incorretto”. Non è così  visto che il professore Francesco Giorgino autore dello studio non ha mai smentito l’esito della ricerca, come riportato in una lettera che noi abbiamo pubblicato. Si tratta di una distrazione che una testata scientifica dovrebbe al più presto correggere.

Wired sottolinea la questione della guerra tra lobby. Forse dimentica che la vicenda dell’olio di palma in Italia è stata portata avanti da Il Fatto Alimentare,  Great Italian Food Trade insieme a una parte del mondo scientifico indipendente, senza investire un euro. Definire questo gruppo una lobby vuol dire avere le idee confuse. Anche affiancare le posizioni assunte dal M5S e da alcuni membri del PD contro l’olio tropicale alla nostra iniziativa è una forzatura visto che il mondo politico è assolutamente sganciato dalla nostre scelte editoriali e che questi soggetti hanno agito il più delle volte a nostra insaputa. È invece una realtà la lobby dei produttori capitanati da Aidepi, che ha investito oltre un milione di euro per la pubblicità sui giornali. L’associazione ha inoltre affidato a un’agenzia di pubbliche relazioni un budget di 45 mila euro per una campagna indirizzata ai direttori di  giornali basata su incontri di formazione, pranzi “ristretti” e altre forme di pressione per ottenere sui media articoli e servizi favorevoli all’olio tropicale. I risultati  si sono visti, anche se gli articoli “suggeriti” non hanno impedito alla nostra petizione di andare avanti e di avere un notevole riscontro presso i consumatori. Oltre a queste iniziative c’è stato il recente viaggio in Malesia per una decina di giornalisti italiani realizzato con un budget extra messo a disposizione dall’associazione dei produttori malesi di olio.

Forest fire and clouds of dark smoke in pine stands. Whole area covered by flame
Wired parla di nebbia per indicare il fumo che ha devastato per mesi il sud est asiatico!

Una cosa è certa, la battaglia contro l’invasione dell’olio di palma ha cambiato il comportamento di acquisto di milioni di persone e anche il panorama produttivo, visto che una decina di catene di supermercati e una decina di aziende, compreso Barilla, hanno cambiato politica. Il risultato è sin troppo evidente: 265 biscotti, 50 merendine, quasi 100 grissini e cracker e 50 creme spalmabili alla nocciola e cacao sono palma free, come ricorda un lungo servizio del Guardian dedicato alla nostra petizione.

La nota di Alice Pace su Wired risulta tutto sommato una voce isolata che parla di nebbia per indicare il fumo provocato dagli incendi dovuti alla deforestazione selvaggia (un problema che ha devastato per mesi il territorio del sud est est asiatico provocando morti e l’esodo di migliaia di  persone). Strano che un reporter giunto sul posto per un servizio sull’olio di palma non sappia distinguere la nebbia dal fumo degli incendi, eppure ne hanno parlato i giornali di tutto il mondo.

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marco
marco
18 Gennaio 2016 16:59

la riposta de il fatto alimentare all’articolo di wired mi sembra parziale. mancano le risposte ad alcuni quesiti a mio avviso fondamentali: è vero o no che l’olio di girasole ha una resa molto minore rispetto alla palma e quindi risulterebbe ancora più dannoso per l’ambiente sostituire la palma con il girasole (la superficie impiegata per il girasole sarebbe maggiore di quella della palma)? è vero o no che l’olio di girasole colza ed altro non sono migliori dal punto di vista nutrizionale ? perlomeno quelli impiegati in merendine e biscotti dato che non sarebbero di prima qualità? vero o no che l’olio di palma NON raffinato (diversamente da quello che arriva in Italia) avrebbe qualità simili a quello d’oliva? vero o no che i grassi saturi non sarebbero responsabili di molte malattie cardiovascolari secondo quanto pubblicato da alcune riviste di recente?
grazie per l’attenzione

Cecilia Parlante
Cecilia Parlante
19 Gennaio 2016 01:38

Grazie per quello che state facendo contro l’invasione dell’olio di palma e per la battaglia di giustizia in cui si sostanzia , posti i costi umani, naturali ed ambientali che questo grasso ha.
Nel corso del 2015 mi sono resa conto che la margarina è grasso di palma pressochè puro, mentre ero certa che fosse un grasso di semi di girasole. Non lo usavamo per noi, ma ne abbiamo comperato in quantità gli scorsi inverni per fornire supporto alimentare invernale agli animali selvatici, che lo gradivano. Quest’anno abbiamo abolito la margarina e diamo sementi varie e grasso di maiale crudo.
Per favore, segnalate gli altri prodotti in cui si trova il palma, quali creme, quali caramelle…. grazie.

Maurizio Conte
Maurizio Conte
19 Gennaio 2016 10:22

una vera caduta di stile e di credibilità quella di Wired, di cui ero lettore
oltretutto, il post è stato inserito nella sezione “Bufale”, dando alla deforestazione e alla pericolosità dell’olio di palma la stessa valenza delle scie chimiche

Stefano Marzi
Stefano Marzi
19 Gennaio 2016 20:35

Che Wired sia la “novella 2000” della tecnologia e’ noto da tempo. Ricordo la loro assurda ricostruzione della rotta del volo della Malasyan Airlines, (http://www.wired.it/attualita/media/2014/03/18/volo-mh370-della-malaysia-airlines/). Quello che pensano dell’olio di palma era immaginabile

Stefano

barbara
barbara
Reply to  Stefano Marzi
20 Gennaio 2016 13:51

Sono d’accordo con lei. Trovo spesso assolutamente di parte e poco convincenti, se non addirittura superficiali, molti degli articoli proposti.
Ecco l’ennesima riprova.