campo agricoltura

soia semi GMI residui dell’erbicida glifosato nei prodotti alimentari sono talmente bassi da non poter rappresentare un rischio per la salute dei consumatori, non costituiscono un fattore cancerogeno e quindi dal punto di vista sanitario non sono necessari interventi. È quanto afferma il Consiglio federale svizzero, cioè il governo elvetico, sulla base dei risultati delle analisi condotte dall’Ufficio federale della sicurezza alimentare e di veterinaria (Usav) su 243 campioni di derrate alimentari provenienti dal commercio al dettaglio svizzero. Le analisi hanno riguardato principalmente alimenti in cui è lecito aspettarsi residui di glifosato, come i prodotti a base di cereali o i legumi. Nel 60% dei campioni non è stata riscontrata la presenza dell’erbicida, mentre nei restanti le concentrazioni sono risultate molto ridotte e ben al di sotto dei valori massimi vigenti per i residui.

Contrariamente ad altri paesi, in Svizzera non è autorizzato il trattamento con glifosato appena prima della raccolta e questo spiega perché le analisi dei prodotti con materie prime svizzere sono risultati meno contaminati. Infatti, i valori dei residui dell’erbicida sono risultati maggiori nei prodotti a base di cereali come la pasta di grano duro, materia prima prevalentemente importata, e nei prodotti a base di legumi. Il Consiglio federale svizzero osserva che anche in questo caso, comunque, i residui sono al di sotto dei valori massimi in vigore, e quindi non rischiosi.

L’Usav afferma che sarebbero ipotizzabili conseguenze negative per la salute causate dal glifosato soltanto in caso di consumo giornaliero pro capite pari o superiore a 72 kg di pasta, 655 kg di pane, 10 kg di ceci o 1.600 litri di vino. Quindi, il Consiglio federale dichiara di condividere la valutazione dell’Unione europea, che lo scorso novembre ha esteso per altri cinque anni l’autorizzazione per il glifosato.

© Riproduzione riservata

[sostieni]

0 0 voti
Vota
5 Commenti
Feedbacks
Vedi tutti i commenti
Mario
Mario
10 Maggio 2018 19:35

In Friuli abbiamo dati che non sono in linea con gli svizzeri: molto superiori al limite di legge. A breve saranno pubbliche le analisi.

ezio
ezio
19 Maggio 2018 13:10

Strano che istituzioni molto prudenti quali l’FDA americana, la stessa Efsa europea abbiano in corso studi d’approfondimento per verificare quelle evidenze che lo Iarc ha pubblicato sulla possibile cancerogenicità del glifosato ed altri erbicidi simili, mentre gli svizzeri hanno queste certezze.
Forse in questo paese a noi vicino non sanno cos’è il principio di precauzione e soprattutto non considerano altri due fattori molto importanti, rappresentati dall’effetto d’interferenza endocrina anche di modestissime quantità di sostanza e la capacità di accumulo di sostanze tossiche nell’organismo in particolare nei bambini, negli anziani e negli ammalati.

Marco
Marco
22 Maggio 2018 12:18

Anche per l’Efsa non c’è rischio glifosato per la salute dell’uomo. Inoltre il glifosato in preraccolta è vietato anche in Italia. In ogni caso anche ove viene usato (in Canada per il freddo) non crea problemi alla salute, ma di immagine

ezio
ezio
22 Maggio 2018 16:50

Dalla pagina del Il Fatto http://www.ilfattoalimentare.it/glifosato-efsa-rischio-ramazzini.html
“viene riportato sul sito dell’Istituto Ramazzini, “i risultati mostrano che gli erbicidi a base di glifosato (GBHs), anche a dosi considerate sicure e dopo un periodo relativamente breve di esposizione (equivalente nell’uomo ad un’esposizione dalla vita embrionale fino ai 18 anni), possono alterare alcuni importanti parametri biologici, in particolare relativi allo sviluppo sessuale, alla genotossicità e al microbioma intestinale. In particolare, i risultati hanno mostrano un’alterazione di alcuni parametri dello sviluppo sessuale nei ratti trattati con GBHs, specialmente nelle femmine. Inoltre, i ratti trattati con GBHs hanno mostrato delle alterazioni statisticamente significative del microbioma intestinale, in particolare durante lo sviluppo. Per quanto riguarda la genotossicità, è stato osservato un aumento statisticamente significativo di micronuclei nelle cellule del midollo osseo nei ratti trattati con GBHs, in particolare nelle prime fasi della vita”.
Le possibili interferenze endocrine con lo sviluppo sessuale ed il microbioma intestinale non credo si possano classificare come problemi d’immagine, ma possibili gravi problematiche di salute.
Il principio di precauzione serve proprio per evitare che i tempi lunghissimi ed i ritardi della ricerca scientifica possano fare danni irreparabili.

Ottavio Balducci
Ottavio Balducci
22 Maggio 2018 17:27

In età pediatrica e soprattutto nei primi 1000 giorni di vita del bambino (dal concepimento ai primi due anni) non esistono valori soglia sicuri. Tutti gli studi effettuati per definirli sono effettuati su una popolazione adulta. In questi casi quindi è sempre consigliato utilizzare il principio di precauzione.