Ogni anno 8.5 milioni di tonnellate  di frutta verdura e una quantità simile di cereali e altre colture agricole rimangono nei campi perché non vengono raccolte. I motivi  sono ben noti agli addetti ai lavori: dimensioni troppo piccole o troppo grandi di frutta e verdura, difetti estetici, danneggiamenti dovuti a fattori meteorologici, prezzi troppo bassi sui mercati all’ingrosso…. Si tratta di una quantità che secondo la facoltà di  Agraria dell’Università di Bologna promotrice del progetto Last minute market sono equiparabili al totale della frutta e verdura e dei prodotti alimentari venduti al dettaglio in un anno. La notizia del mancato raccolto è però debole per il mondo mediatico, in quanto risulta un problema legato al mondo agricolo.

Se però si modifica il titolo e si dice che gli italiani  buttano via 17 milioni di tonnellate di frutta e verdura come fa il Corriere della sera del 2 novembre 2010 (facendo un po’ di confusione con i numeri) l’effetto c’è.

Se a questi numeri  si aggiungono le cifre estrapolate da una ricerca poco attendibile dell’Adoc,  dove si dice che il 30% della spesa finisce in pattumiera come scrive la Repubblica del 25 ottobre e che ogni italiano butta in pattumiera 500 euro di prodotti alimentari l’anno, citando una fonte Coldiretti,   il titolo è garantito.

Purtroppo i numeri sui presunti sprechi domestici vengono presentati in modo confuso, per cui sembrano provenire dal circuito universitario di Last minute market,  e questo conferisce un attestato di serietà. In realtà i dati  relativi agli sprechi familiari sono firmati dall’Adoc e sono ottenuti intervistando telefonicamente o via mail 7000 iscritti. Questa indagine è priva di validità scientifica perché non distingue i nuclei familiari per area geografica e non rappresenta un campione rappresentativo delle famiglie.  C’è di più, leggendo le sei (!) domande  del questionario (vedi allegato) ci si rende conto di quanto sia approssimativo il metodo e di quanto siano poco attendibili i risultati.

Fermo restando la buona volontà dell’Associazione dei consumatori di avviare una ricerca in un settore nuovo, sorprende la faciloneria con cui i media riprendono numeri e cifre senza rendersi conto di come sono stati ottenuti. Le cifre riportate dai giornali relative alla quantità e al tipo di prodotti freschi buttati derivano ti da questa domanda:

 “Sulla base della spesa effettuata e dei prodotti sprecati calcolare (ove possibile) la somma di denaro andata sprecata su base mensile. Risposte possibili: fino a 10, tra 10 e 20, tra 20 e 30, tra 30 e 40, tra 40 e 50, oltre 50 euro “.

 Prima di rispondere bisognerebbe mettersi d’accordo su cosa si intende  per spreco (l’avanzo di pasta nel piatto o la confezione di pasta scaduta? le patate  marcite nella cassetta sul balcone o quelle avanzate? lo yogurt che non piace o quello che rimane nel vasetto? il salame troppo piccante o quello dimenticato in frigorifero?). In realtà le risposte sono state ottenute via mail  o via telefono dal questionario che potete leggere in allegato.

Un’indagine seria sugli sprechi domestici in Italia verrebbe a costare parecchio e comunque non esiste, per cui proporre numeri e cifre attendibili risulta alquanto difficile.  Questo è quanto sostengono gli esperti dell’Università di Bologna promotori progetto Last minute market ,  che infatti utilizano dati ufficiali dell’Istat relativi al mancato raccolto di frutta verdura e cereali. I giornali però pubblicano con una certa facilità insieme a questi numeri  altre percentuali sugli  sprechi molto più accattivanti, lasciando intendere che si tratta di dati forniti dall’università. Forse basterebbe riflettere un pò sui propri comportamenti familiari e aprire il frigorifero di casa, per rendersi conto che non siamo proprio un popolo  di spreconi.

Roberto La Pira

Altri articoli di approfondimento