Il problema più discusso quando si parla di pasta italiana è l’origine della materia prima. Per questo motivo Il Fatto Alimentare ha messo a confronto vari marchi di pasta secca proposti da sei insegne di supermercati. Il consumatore sceglie la pasta di suo gradimento, soprattutto in base alla tenuta in cottura, il gusto e il prezzo. Ma non basta, per decretarne la qualità un indice importante è il contenuto di proteine (Voiello e Rummo Lenta Lavorazione hanno la percentuale più alta: 14,5%). Un altro elemento da considerare è il tipo di lavorazione (come l’essiccazione a basse temperature evidenziata da De Cecco).

La qualità della pasta

Tutti gli addetti ai lavori sanno che maggiore è il contenuto in proteine migliore dovrebbe essere il risultato finale e in linea di massima anche il prezzo sullo scaffale risulta superiore. Coop ad esempio propone la pasta Coop Vivi Verde bio con l’11,4% di proteine, quella standard Coop con il 12,5% e “Fior Fiore” con il 14,1%, tutte le referenze a prezzi differenti. Barilla impiega per i nuovi spaghetti n°5 una semola con il 13,5% di proteine, mentre per gli altri formati la percentuale varia dal 12% (pasta corta) al 12,5% (pasta lunga) e al 13% delle penne rigate. La differenza rispetto a Coop è l’uniformità del prezzo per  tutti i formati Barilla.

farfalle pasta
La qualità della pasta è influenzata da proteine e qualità del grano

L’origine del grano

L’origine della materia prima non è un elemento che incide necessariamente sulla qualità. Il grano considerato ottimo per la pasta può essere sia nazionale sia estero. Inoltre il grano duro italiano non basta a coprire il fabbisogno, e per questo motivo ne importiamo ogni anno dal 30 al 40% del fabbisogno. In un dossier su grano duro e pasta, l’associazione dei produttori Aidepi scrive che il grano di buona qualità deve essere scelto in base alla stagione e alla qualità del raccolto. “Alla materia prima nazionale viene aggiunto circa 1 milione di tonnellate importato da Europa e da Usa-Canada. Altre 750.000 tonnellate di grani duri di altissima qualità arrivano da Francia, Usa, Canada e Australia (se l’annata lo consente anche dal  Messico)”.

Il motivo di queste miscele non è il prezzo della materia prima (i grani esteri più pregiati possono arrivare a costare anche il 10%-15% in più ”, ma la necessità di ottenere una miscela con un tenore di proteine elevato. Viene da pensare che l’origine della semola non sia indicata in etichetta perché i produttori non vogliono fare sapere che la pasta italiana è fatta con grano duro straniero. Esistono però numerose aziende che producono pasta eccellente con grano esclusivamente di origine nazionale, come avevamo evidenziato in questo articolo in cui ne elenchiamo 40. Questa scelta, molto apprezzata dai consumatori, ha spinto anche Voiello a produrre, da due anni circa, esclusivamente “con grano aureo 100% italiano”.

Il rapporto prezzo-proteine come indice di qualità

Per il consumatore il binomio prezzo-contenuto in proteine è uno strumento immediato per valutare la qualità. La pasta di fascia premium (la più costosa) rappresenta circa un quinto del mercato e comprende marche come De Cecco,Voiello, Garofalo, La Molisana, Del Verde ecc. Il 20% è rappresentato da pasta venduta con il marchio del supermercato proposta ad  un prezzo inferiore del prodotto standard di fascia media. Attenzione però, perché quasi la metà della pasta è venduta in promozione per cui spesso la premium viene proposta un prezzo vicino a quello della pasta standard o di fascia media che dir si voglia. La qualità è comunque la somma di diversi fattori.

Un recente test di Altroconsumo sulla pasta ha preso in esame oltre al prezzo diversi parametri come: il tenore in proteine, il tipo di lavorazione, la tenuta in cottura, la presenza di micotossine ecc.. Alla fine il primo posto nella classifica è stato attribuito a De Cecco, anche se il miglior acquisto risulta Coop (prezzo e qualità soddisfacenti), mentre il prodotto con il miglior prezzo e una qualità media risulta Combino (marchio della catena di supermercati Lidl).

Prezzo della pasta rilevato in alcuni supermercati in provincia di Brescia, febbraio 2016 (spaghetti, spaghettini, vermicelli in confezione da 500g)

Marca Carrefour Eurospar Simply Esselunga Superstore Italmark Coop
Barilla 0,79 0,84 0,83 0,75 0,79 0,75
Carrefour 0,59
Agnesi 0,96
La Molisana 1,15 1,15 1,09 1,19
Rummo Lenta Lavorazione 1,19 1,19
De Cecco 1,19 1,35 1,19 1,19 1,19
Voiello 1,29 1,35 1,32 1,23 1,29 1,35
Garofalo 1,29 1,29 1,35 1,29 1,29
Despar 0,49
Granoro 0,75 0,75 0,75 0,79
Simply 0,55
Esselunga 0,59
Del Verde 1,19 0,99
Opera Prima P.A.Matromauro 0,45
Consilia 0,65
Coop Fior Fiore 1,19 0,84
Coop 0,54
Il Gusto del Grano 1,49
Coop Vivi Verde bio 0,81
Pasta Zara 0,45

Percentuale di proteine nella pasta (valori per 100g)

Per le marche commerciali è indicato tra parentesi il nome del produttore

Marca Carboidrati Proteine Fibre
Barilla 70,2 13,5 3,0
Carrefour 72,0 13,0 2,7
Agnesi 72,0 13,0
La Molisana 70,0 14,0 3,0
Rummo Lenta Lavorazione 69,5 14,5 2,9
De Cecco 70,2 13,0 2,9
Voiello 69,2 14,5 3,0
Garofalo 73,0 14,0
Despar (Rummo) 73,0 12,0 2,9
Granoro 71,0 13,0 3,0
Simply (Rummo) 73,0 12,0 2,9
Esselunga (Colussi) 71,5 13,0 2,6
Del Verde 73,0 14,0
Opera Prima P.A.Matromauro 71,0 11,5 3,0
Consilia (Stab. Flumeri AV) 71,3 13,0 2,7
Coop Fior Fiore (Liguori Pastificio) 73,0 14,1 3,0
Coop (Liguori Pastificio) 71,0 12,5 2,0
Il Gusto del Grano 73,8 12,0 3,0
Coop Vivi Verde bio (Liguori Pastificio) 73,4 11,4 2,6
Pasta Zara 71,0 12,0 3,5

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Paoblog
17 Maggio 2016 16:10

Pur non essendo un addetti ai lavori io scelgo in base alle proteine e non consumando molta pasta, il prezzo non mi interessa; va da sè che contano anche le precedenti esperienze di cottura ed assaggio, che ognuno ha i suoi gusti.

fabrizio quaranta
fabrizio quaranta
17 Maggio 2016 16:55

Nel mondo occidentale, sovraccarico di superfluo e obbligatorio, risparmiare sul cibo è retaggio ancestrale senza più nessuna razionalità e concretezza, figuriamoci sull’economicissima pasta di grano duro: MENO DI 10 cent. a piatto!!! . Qualche centesimo in più per avere un prodotto di eccellenza proveniente dai migliori territori italiani essiccato lentamente e trafilato al bronzo. Saggia e sana pratica familiare che darebbe nuovo slancio e fiducia a tutta la filiera e di cui si gioverebbe soprattutto il territorio e il lavoro del Sud. E le semine di grano duro potrebbero di nuovo aumentare colmando il gap che lamenta la trasformazione, con benefici concreti al mondo del lavoro e alla salvaguardia dei territori che l’agricoltura determina. Ma qualche € in più bisognerà in qualche modo riconoscerlo agli agricoltori, altrimenti non si va da nessuna parte e , anzi, può ricominciare un pericoloso trend di abbandono della cerealicoltura centro-meridionale. La qualità in questo caso innescherebbe facilmente e a poco prezzo importanti processi virtuosi di cui si gioverebbe anche l’industria con incrementi ulteriori delle esportazioni di un prodotto orgogliosamente tutto Made in Italy.

federico
federico
17 Maggio 2016 19:06

Il grano in Italia non basta per il nostro fabbisogno interno, figuriamoci se basta per l’export.
Possiamo anche aumentare le colture di grano , ma non copriremo mai tutto il mercato. Però l’indicazione da dove viene il grano secondo me ci deve essere.

fabrizio quaranta
fabrizio quaranta
Reply to  federico
19 Maggio 2016 17:17

Se il prezzo del grano duro fosse remunerativo per l’impresa agricola potrebbe facilmente essere rimesso in coltura recuperando almeno i 3-400.000 ha persi di recente in Italia, con incrementi produttivi di almeno 1 milione di tonnellate e avvicinandosi a soddisfare gran parte delle esigenze della trasformazione sia dal punto di vista quantitativo e sia, soprattutto, qualitativo (stoccaggio differenziato di partite omogenee) avviando con maggior convinzione il riconoscimento territoriale.

Toscana e Sardegna in particolare hanno visto diminuire negli ultimi anni migliaia di ettari destinati a grano duro con ripercussioni anche sulla bellezza armoniosa dell’ampio e incontaminato paesaggio dei borghi e del mare che sono vanto e importante fonte di reddito per le due splendide Regioni (basti ricordare l’incanto della Val d’Orcia).

E se quel reddito da bellezza fosse in parte destinato finalmente al protagonista silenzioso che la rende possibile?

Sandro kensan
Reply to  federico
20 Maggio 2016 13:48

@ Fabrizio
non so se i terreni indistinti siano adatti a fare grano di qualità, penso che certi grani vogliano terreni adatti.

fabrizio
fabrizio
Reply to  federico
20 Maggio 2016 16:23

Molti terreni sono stati abbandonati solo per la scarsa remunerazione del Grano duro, a prescindere dalla “qualità” di cui tutti (stra)parlano, ma che ancora nessuno paga.

Luca
Luca
18 Maggio 2016 14:13

Non capisco come mai una semola con maggiori proteine debba essere migliore..
Anzi lo capisco, perché le aziende produttrici trovano minore difficoltà della pastificazione e questo per loro è ovviamente un vantaggio. Il problema è che le proteine rendono meno digeribile il prodotto e tanti accusano problemi di pesantezza dopo i pasti orientandosi poi verso i succedanei gluten-free.
Quindi la scelta, ad oggi, è mangiare pasta ricchissima di proteine oppure prodotti per celiaci.
Aprite gli occhi consumatori, questo è quello che vogliono farci credere ma non è mai stato così!!
La pasta è un prodotto che deve dare energia senza appesantire e le proteine appesantiscono, senza parlare dell’essiccazione ad alta temperatura che rendono la pasta ancora meno digeribile!

De Cecco scrive di essiccare a bassa temperatura.. proviamo a chiedergli a quanti gradi per vedere se è vero.. io non ci credo.

Alessandro
Alessandro
Reply to  Luca
20 Maggio 2016 10:14

Veramente a me risulta che la maggior quantità di proteine (e quindi di glutine) favorisca la digeribilità in quanto la maglia glutinica trattiene gli amidi che vengono poi assimilati dall’organismo in modo più graduale…
Oltre al fatto, decisamente non secondario visto che parliamo di pasta e siamo italiani, che una pasta con maggior contenuto di proteine tiene molto meglio la cottura…

fabrizio
fabrizio
Reply to  Luca
20 Maggio 2016 10:55

I feticci tanto di moda tra i santoni senza contraddittorio scientifico di internet (grani barzotti, anziani, vecchi, antichi e primordiali) hanno in genere un’elevata percentuale di proteine nella granella soprattutto perché scarsamente produttivi (complementare alla minor percentuale di carboidrati). La miglior “digeribilità” sta invece nella composizione delle frazioni proteiche, in particolare quelle di riserva (che formano il glutine), sicuramente meno selezionate nei millenni dal miglioramento dell’uomo (per gli antichi Romani il farro era già considerato un cereale un po’ superato e per questo destinato soprattutto a riti e nelle cerimonie nuziali). Ora so che andare contro i luoghi comuni del sentito dire da micuggino su internet crea isolamento e riprovazione sociale, ma che vecchio sia per forza anche bello e buono è tutto da dimostrare. E scientificamente, l’unico approccio democratico e universale contro superstizione e oscurantismo.

Luca
Luca
Reply to  Luca
20 Maggio 2016 12:00

Quello può aiutare a non disperdere amido in cottura, non nella digestione.
Con il 10% di proteine la pasta tiene benissimo in cottura, l’importanza è la forza che questo glutine ha, non la quantità. Ci sono prove specifiche per valutarlo e non sono le tabelle nutrizionali.
Inoltre l’alta temperatura in essiccazione rende la pasta indigeribile a prescindere.

Sandro kensan
18 Maggio 2016 21:55

A me piace la pasta di grano khorasan (Kamut®) ma non vedo nessun tipo di questo grano nella lista. Peccato, mi sarebbe piaciuto vedere una comparazioni di altroconsumo.

Luca
Luca
Reply to  Sandro kensan
20 Maggio 2016 12:05

Anche su quel tipo di grano c’è molta confusione, il grano khorasan è una specie di grano come può essere il senatore cappelli o il creso. Kamut è solo un’azienda che lo coltiva e vende a proprio nome.

Sandro kensan
Reply to  Sandro kensan
20 Maggio 2016 13:45

@ Luca
Che lo coltiva e lo vende (a prezzo alto) e che lo garantisce, cosa non da poco oggigiorno.

Comunque a me piace il khorasan.

fabrizio quaranta
fabrizio quaranta
20 Maggio 2016 16:41

La confusione in effetti è veramente tanta e come al solito offre il fianco a scaltre operazioni commerciali.

Cappelli è varietà coltivata, migliorata geneticamente in maniera alquanto ardita per quei tempi (1915) dal grande Nazareno Strampelli, della specie – anzi subspecie per alcuni: Triticum turgidum o Triticum turgidum subsp durum. (Con ripetuti incroci, inserite, tra l’altro caratteristiche genetiche di grani giapponesi per abbassarne la taglia, alla faccia dell’autoctono)

Khorasan è regione dell’Iran (là dove sorge il Sole, la più a Est infatti) dove ha origine l’omonimo Grano che è diverso dal duro seppure analogamente tetraploide della stessa specie ma diversa subspecie : Triticum turgidum subsp. turanicum. Può considerarsi di antica selezione antropica e diffuso in tutto il mondo antico, tra cui in Egitto da cui è partita la hollywoodiana avventura americana che lo ha marchiato ed esaltato. Se ne trova anche italiano identico , ma non marchiato e di prezzo notevolmente inferiore, già pronto in confezioni da mettere in pentola ma senza blasone.

Entrambi caratterizzati da bassissimo INDICE DI GLUTINE e quindi difficili da trasformare in pasta di qualità.

Alessandro
Alessandro
20 Maggio 2016 17:12

Luca, siamo d’accordo che l’indice della forza non si trova nelle tabelle nutrizionali, ma è anche vero che la quantità di proteine è l’unico dato disponibile al consumatore per farsi un’idea di massima della forza della farina o semola utilizzata…
Per quanto riguarda invece la digeribilità: è proprio per il fatto che l’amido non si disperde in cottura che viene assimilato gradualmente con la conseguenza di risultare più digeribile…

fabrizio quaranta
fabrizio quaranta
20 Maggio 2016 18:01

A proposito di garanzie poi, qualsiasi prodotto e, quindi anche la pasta, che riporti il marchio biologico si deve sottoporre a regime di controllo, alquanto serio e rispettato, almeno in Italia e cmq previsto nei disciplinari. Regime di controllo che il convenzionale non ha, ma che comunque deriva in genere da coltivazioni a bassa remunerazione e quindi anche a bassi input agrotecnici (generalmente al Sud – luogo vocato alla coltivazione del duro- nessun trattamento fungicida, né tantomeno i più pericolosi insetticidi)

Anna
Anna
22 Maggio 2016 11:38

Peccato non si faccia cenno nell’articolo della pasta integrale, della quale finalmente, molte aziende hanno ampliato la produzione. E della quale si auspica un aumento dei consumi per un miglior controllo glicemico. Ho notato però che aziende di un certo livello hanno deciso appunto di produrre pasta integrale in vari formati, ma non biologica purtroppo, quando sappiamo che tutto ciò che è integrale, dovrebbe essere scelto biologico per non rischiare!

gianni
gianni
25 Maggio 2016 20:14

Condivido che la pasta INTEGRALE deve essere BIOLOGICA, perché diversamente dalla macinazione integrale della granella residuerebbero concentrazioni più alte di diverse sostanze (pesticidi in primis) non proprio salutari.

Dissento invece sulla reperibilità : in ESSELUNGA e nei negozi KI GROUP ad esempio la pasta BIO INTEGRALE è facilmente reperibile.

Saluti