Filetto di salmone con erbe steso su superficie nera su cui è disegnato un salmone

Tra le prelibatezze della tavola di Natale non può mancare il salmone affumicato. Una volta cibo di lusso, da consumare solo in occasioni speciali anche in virtù del prezzo elevato, grazie alle moderne tecnologie di produzione e all’ampliamento della commercializzazione attraverso la grande distribuzione, ormai il pesce dal colore rosato è diventato popolarissimo, e le offerte sullo scaffale sono numerose. Cambiano le aree di provenienza, le modalità di produzione (allevato o selvatico) e anche i listini.

Tra le offerte segnalate da un depliant di Auchan troviamo Salmone affumicato norvegese Sotra a 22,47 euro al kg; Laberiye a 31,45 e/kg e le fettine, della stessa marca, a 23,35 e/kg; Top Quality Riunone 34,90 e/kg. Poi, sempre sullo stesso volantino, c’è il Salmone affumicato irlandese: Laberyie a 34,94 euro al kg e Biologico Kritsen 45,42 e/kg. Infine, il Salmone selvaggio: Redking a 68,63 euro al kg; Labeyrie a 37 e/kg; Sockeye 39,93 e/kg. Il depliant spiega che “l’Irlanda ha un’antica storia nella produzione del salmone. I moderni allevamenti… garantiscono un salmone affumicato dal bel colore rosa intenso e dal gusto delicato” e che “il salmone selvaggio… è ricco di proteine di elevata qualità e contiene più acidi grassi omega 3 di qualunque salmone”.

Come scegliere? Esiste un prodotto migliore di un altro? Il colore, la provenienza e  il prezzo sono criteri di giudizio validi?

Salmone allevato o selvaggio?

Buona parte del salmone importato in Italia arriva dalla Norvegia, in minor misura da altri Paesi del Nord Europa e dal Cile. I ritmi di crescita dei salmoni allevati in grandi gabbie galleggianti posizionate in apposite aree, fiordi o nelle insenature, non sono più così rapidi come nei precedenti allevamenti intensivi in vasca. I pesci raggiungono la loro taglia commerciale (dai 3 ai 6 Kg) rispettivamente dai 12 ai 24 mesi (non considerando i primi 12 mesi, quando gli avannotti vivono in piccole vasche di acqua dolce fino al peso di circa 100 grammi e sono  pronti per la vita in mare).

Allevamento di salmoni in un Loch a Chairn Bhain, nelle Highlands, in Scozia; concept: acquacoltura, salmone affumicato

I salmoni adulti vengono allevati in grandi aree delimitate da reti in mare aperto, profonde 40-50 metri e con una circonferenza variabile da 60 a 160 metri. Per legge la quantità di salmone consentita dentro le reti in Norvegia è  al massimo di 25 chili  per 1 metro cubo. Ciò significa che il 98% del volume dentro la rete è composto da acqua e il 2% da pesce.

La nutrizione è regolata in funzione delle stagioni, della temperatura dell’acqua e di altri fattori variabili. Comunque, la specie selvaggia per arrivare alle stesse pezzature impiega più tempo e ha una quantità di grasso in media meno elevata rispetto al salmone allevato. Questa differenza si percepisce al palato poiché non dà, neppure dopo più assaggi, la sensazione di “pastosità”.

Il parere di Valentina Tepedino

Il Fatto Alimentare ha chiesto a Valentina Tepedino, veterinaria specializzata nel settore ittico e direttore di Eurofishmarket, se davvero il salmone selvaggio può vantare una maggiore ricchezza di proteine di elevata qualità e di acidi grassi omega 3 rispetto ad altri salmoni: «Innanzitutto, non è corretto generalizzare, con il termine di “salmone selvaggio”: sul nostro mercato possono arrivare almeno 6 specie di cui una sola dall’Oceano Atlantico (genere Salmo) e 5 dal Pacifico (genere Oncorhynchus). Ognuna presenta caratteristiche differenti, e alcune, una volta sottoposte all’affumicatura, danno risultati migliori dal punto di vista sensoriale, quindi del sapore, della consistenza e del profumo: questa è la differenza sostanziale. Anche sotto il profilo nutrizionale, hanno valori diversi a seconda della specie e del fatto che siano allevate o selvagge, ma in linea di massima forniscono tutte un ottimo apporto proteico e un buon tenore di acidi grassi polinsaturi».

Consigli per gli acquisti del salmone affumicato

Il sito della rivista francese Que Choisir ha realizzato un dossier sul Salmone affumicato, a firma di Florence Humbert Claire Perorale, con alcuni criteri per l’acquisto che possono essere utili anche per noi, benché esistano differenze normative con la Francia: per esempio, la data di scadenza oltralpe è molto più breve che in Italia. È identica, invece, la varietà di tipologie (e di prezzi) dei salmoni affumicati presenti sul mercato.

Fette di pane con formaggio spalmabile, cetriolo e salmone affumicato

Il colore non basta

Secondo uno studio sulle abitudini di consumo dei cittadini europei, il principale criterio di scelta per il salmone è il colore. In realtà la tonalità non è importante, non ci sono differenze tra il salmone rosa  o arancione: l’importante è che il colore sia uniforme, indice di una corretta alimentazione.

Le fette devono essere larghe e staccate, senza macchie scure (tracce di muscolo bruno, che si trova subito sotto la pelle del pesce). I bordi non devono essere secchi, né di colore giallo-marrone, ma questo aspetto a volte è difficile da verificare perchè  il confezionamento lascia vedere solo la parte centrale dle pescce. In ogni caso oltre che affidarsi all’aspetto, è sempre una buona regola leggere con attenzione l’etichetta.

La provenienza del salmone affumicato è indifferente

Il salmone affumicato più conosciuto e dunque più venduto in Italia arriva dalla Scozia, dall’Irlanda o dalla Norvegia, e l’etichetta deve indicare la zona di cattura o di allevamento. Ma l’origine di geografica non ha alcun rapporto diretto con la qualità del prodotto. Secondo un dossier di Eurofishmarket, di fatto alcune provenienze – come la Norvegia – sono più richieste dal consumatore rispetto ad altre, per esempio rispetto a quelle cilene. Ma per la qualità contano solo le condizioni allevamento e la cura posta nella lavorazione del pesce dopo la cattura (stordimento, macellazione, salatura, affumicatura e conservazione).

Ancora, molti consumatori sono convinti che il salmone scozzese, irlandese, norvegese ecc. siano specie differenti: si tratta invece sempre di salmone atlantico (di nuovo, l’aggettivo non indica l’origine), cioè la varietà Salmo Salar – la più utilizzata per realizzare salmone affumicato, che può essere di cattura o di allevamento dall’Atlantico o dal Pacifico.

fette di salmone affumicato con limone e aneto su un vassoio di ardesia

Un po’ troppo… selvaggio?

Il salmone pescato in mare con le reti è poco presente nei mari Europei, ma è molto richiesto dai consumatori italiani, che sono ancora abbastanza diffidenti verso il prodotto allevato, ritenuto di seconda scelta nonostante l’evoluzione dei sistemi di crescita. Comunque, per legge l’etichetta deve dire se il prodotto è selvaggio o di allevamento.

A parte qualche eccezione in Atlantico, la pesca avviene soprattutto nell’Oceano Pacifico. Sul mercato dovrebbero essere commercializzati con le denominazioni Salmone Rosso, Salmone Keta, Salmone Rosa, Salmone Argentato e Salmone Reale. In Italia queste specie si trovano in commercio in piccole quantità (anche in versione fresca, a seconda delle stagioni), e il loro costo è mediamente doppio o triplo rispetto a quello di una  confezione di salmone atlantico affumicato di allevamento.

L’assaggio, però, può risultare deludente perché la consistenza delle carni è più asciutta. Secondo Valentina Tepedino «La maggioranza dei consumatori italiani riconosce e identifica solo nel salmone atlantico il gusto di salmone poiché è abituato a consumare soprattutto la specie Salmo salar».

Non solo. Tra le possibili frodi nelle quali il consumatore può incorrere col salmone affumicato c’è il rischio di acquistare un prodotto decongelato più volte. Ossia pescato e congelato, poi decongelato per la lavorazione e l’affumicatura e quindi ricongelato in attesa della richiesta dei consumatori (soprattutto per fare fronte al boom delle feste di fine anno). Tutti questi passaggi non giovano certo alla qualità finale del prodotto, soprattutto al sapore.

Salato a secco

Se in etichetta si trova questa scritta, siete sulla buona strada. Spiega Valentina Tepedino: «Vuol dire che la salatura è avvenuta con sale marino cosparso sulla superficie di taglio dei filetti e non con immersione o iniezione di salamoia, un trattamento lecito che, però, da un punto di vista organolettico non è molto apprezzato dagli intenditori che preferiscono il metodo, appunto tradizionale».

Filetti di salmone appesi ad affumicare

Salmone affumicato sì, ma come?

Se l’etichetta riporta la scritta: “salmone affumicato con legno di faggio, quercia, ecc.“ vuol dire che è stata usata una tecnica di affumicatura tradizionale, in apposite celle mediante generatori per la produzione di fumo, prodotto dalla combustione senza fiamma viva.

In alternativa, il processo potrebbe anche essere anche avvenuto per mezzo di un distillato di fumo liquido: anch’esso, per legge, va indicato in etichetta. Questa tecnica permette un’affumicatura più omogenea e l’assenza dei composti tossici che si formano durante la combustione del legno. Per altro, i rischi di contaminazione derivati dall’uso del legno sono trascurabili, visto che l’operazione avviene a basse temperature e per breve tempo. L’uso dell’aroma è però più conveniente per le aziende perché il salmone non perde peso.

Non ricongelare: già fatto

Il salmone allevato o pescato che proviene dal Nord Europa è per lo più semplicemente refrigerato. Ma se l’etichetta vieta di ricongelare il salmone significa che il pesce è già stato sottoposto a questo trattamento: accade per esempio ai Salmoni selvaggi del Pacifico e al Salmone atlantico del Cile, che arrivano in Europa congelati dal fornitore e successivamente scongelati (con una doccia o immersione in acqua potabile) dalle aziende che procedono all’affumicatura e al confezionamento.

Non solo: a volte il congelamento è una scelta autonoma dell’azienda per garantire la sicurezza del prodotto anche nel caso di salmoni di allevamento provenienti da zone relativamente vicine. Il freddo, infatti, elimina i parassiti, come l’Anisakis. Spiega Valentina Tepedino: «Il procedimento di affumicatura a freddo – tra i 20 ed i 35 gradi per un tempo massimo di un giorno – preserva al meglio le caratteristiche sensoriali del pesce, ma elimina in modo sommario solo la carica microbica superficiale: perciò un prodotto affumicato a freddo può essere considerato alla stregua di un prodotto crudo. Perciò alcuni produttori preferiscono abbattere la temperatura ed evitare ogni rischio (anche se nel salmone atlantico di allevamento non risultano attualmente segnalazioni in merito al problema “parassiti”). E, correttamente, avvertono il consumatore di non ricongelare l’alimento».

Anche le aziende di trasformazione che usano salmone fresco a volte lo indicano in etichetta, essendo un elemento di pregio: “garantito mai congelato” o scritte simili.

salmone affumicato pesce antipasto listeria

La conservazione del salmone affumicato

Il salmone affumicato deve essere tenuto a temperature comprese fra 0 e +2 gradi°. Il periodo di conservazione può variare da 4-5 settimane a 3 mesi, a seconda delle specie impiegate e delle misure igienco-sanitarie osservate durante la lavorazione.

Un’indagine condotta qualche anno fa in collaborazione tra l’Università di Medicina Veterinaria di Padova e l’azienda Riunione Industrie Alimentari sulle date di scadenza riportate sulle principali marche di Salmone affumicato vendute sul mercato europeo ed extra-comunitario aveva evidenziato notevoli differenze: dai 21 ai 60 giorni e addirittura 90, a seconda del Paese di distribuzione e comunque a discrezione dell’azienda produttrice.

Cosa dice la legge

«I regolamenti comunitari del 2004 attribuiscono al produttore la responsabilità di decidere il termine minimo di conservazione», sottolinea Valentina Tepedino. «Ricerche che ho effettuato personalmente su prodotti presenti sul nostro mercato hanno evidenziato che se la catena del freddo è rispettata, il salmone affumicato conserva le caratteristiche, fino alla scadenza. Possiamo ritenere che il produttore decida quest’ultima sulla base di propri studi e verifiche, e la garantisca personalmente. Perciò, non c’è necessità di preferire un prodotto con una scadenza ravvicinata rispetto alla data di produzione o, viceversa, scegliere quello che ha la scadenza più lontana nel tempo, a meno che non si preveda di non consumarlo a breve».

Eurofishmarket, nel suo dossier, auspica una maggiore tutela per il settore degli affumicati, sia dalle aziende stesse che dagli organi di controllo ufficiale. E, in particolare, sottolinea la necessità di mettere a punto un capitolato comune di produzione del salmone affumicato – con il sostegno della GDO – sull’esempio di quello utilizzato ormai da ben 35 anni in Francia. Nel capitolato sarebbero specificate tutte le varie categorie di “qualità” di salmone affumicato (Salmo salar) e il distributore a seconda del prezzo che vuole pagare per il prodotto potrebbe scegliere ciò che desidera. Ciò potrebbe consentire una concorrenza leale tra le aziende, un controllo facilitato da parte degli organi addetti e soprattutto una maggiore trasparenza nei confronti del consumatore.

Per gustarlo al meglio

Tradizionalmente, il salmone affumicato si serve con pane a cassetta leggermente tostato, burro e limone. Ma si sposa anche con pane di segale e blinis, le tipiche tartine tonde di origine russa. Il burro può essere sostituito da panna acida aromatizzata con una fettina di limone, sale, pepe, aneto o erba cipollina. Infine, se si acquistano fette di salmone in blister, la confezione va aperta almeno mezz’ora prima di servire a tavola. Come accompagnamento, quasi tutti i vini bianchi secchi sono adatti.

Mariateresa Truncellito

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