Il settimanale  L’Espresso ha di recente pubblicato un’intervista a Catherine Leclercq, ricercatrice dell’Inran (Istituto nazionale di ricerca per gli alimenti e la nutrizione di Roma), su uno studio studio che evidenza il rischio obesità per i neonati (da 0 a 4 mesi) alimentati col latte in polvere per un possibile surplus del fabbisogno energetico giornaliero (progetto Cascade). La causa: un misurino troppo abbondante e le dosi, a volte eccessive, suggerite in etichetta.

Lo studio, realizzato dall’Inran con l’Istituto di chimica ecologica dell’Helmholtz Zentrum di Monaco, in verità era stato pubblicato sull’International Journal of Food Sciences and Nutrition addirittura nel 2009.

La ricerca aveva esaminato 22 preparati, sia liquidi che in polvere, di aziende leader del settore. Le prove sono state effettuate seguendo le istruzioni sulle confezioni. Nel 90% dei casi si è però evidenziato il rischio di un’eccessiva assunzione di calorie per i neonati. Le ragioni? Le quantità indicate in etichetta sono superiori alle raccomandazioni e questo comporta un apporto fino a circa il 17% in più rispetto al fabbisogno energetico al 4° mese di vita. L’altro motivo è che  il misurino ha una capacità maggiore rispetto a quella dichiarata (circa 0,5 g/), per cui al 4° mese il bambino riceve un surplus calorico giornaliero pari a circa il 7%. Mettendo insieme questi due problemi, un bimbo di 4 mesi può assumere fino al 24% in più del fabbisogno energetico stimato dalla Fao e dall’Oms.

Visto che dalla pubblicazione iniziale del 2009 sono passati diversi mesi, ilfattoalimentare.it ha chiesto a due aziende leader nella produzione del latte in polvere  se nel frattempo avessero considerato la possibilità di rivedere misurini o le dosi suggerite in etichetta. Le due multinazionali non hanno ritenuto necessario introdurre modificazioni, spiegando che etichette e misurini sono perfettamente conformi alla normativa europea. In particolare:

– secondo Heinz Italia-Plasmon, «Il latte materno è l’alimento migliore per ogni lattante e qualora l’allattamento al seno non sia possibile o sufficiente, è necessario nutrire il lattante con un alimento adatto ai suoi fabbisogni. Le formule per l’infanzia sono studiate seguendo le raccomandazioni scientifiche e le norme di legge previste per tutelare e garantire la salute e la crescita di ogni lattante: esse prevedono specifiche indicazioni sulla corretta composizione dei latti formulati, per rispondere in modo adeguato agli specifici fabbisogni nutrizionali dei lattanti. La nota continua precisando che:  la tabella riportata sulle etichette è indicativa, in quanto fa riferimento a un fabbisogno nutrizionale medio. Ogni bambino ha un suo ritmo di crescita e quindi uno specifico fabbisogno di latte: solo il pediatra può indicare con esattezza il numero di misurini e di pasti più idoneo… Per quanto concerne la capacità del misurino, le aziende per legge devono garantire determinati valori che prevedono una tolleranza legata a una variabilità industriale».

Nestlé  dice che «i  latti formulati rispettano tutti i parametri stabiliti dalla direttiva europea sugli alimenti per lattanti e di proseguimento (2006/141/CE), recepita dall’Italia con il decreto n. 82 del 9/4/2009. La direttiva fissa i valori minimi e massimi di composizione per i prodotti ricostituiti, cioè pronti per il consumo (acqua + latte in polvere). L’apporto calorico deve essere compreso fra 60 kcal/100 ml e 70 kcal/100 ml. Il latte Nestlé Nidina per lattanti fornisce un apporto calorico di 67 kcal/100 ml. La nota prosegue precisando che: Negli ultimi anni, il rischio di sovrappeso è stato collegato soprattutto all’eccesso di proteine e non al contenuto calorico dei latti formulati: la ricerca scientifica ha messo in risalto come un’alimentazione iperproteica durante i primi anni di vita sembrerebbe determinare un aumento del numero di adipociti e un precoce deposito di tessuto adiposo nel bambino. Queste modifiche del metabolismo potrebbero predisporre all’obesità nell’adolescenza e nell’età adulta. Perciò gli esperti di nutrizione infantile raccomandano di non utilizzare il latte vaccino per l’alimentazione dei bambini almeno fino ai 12 mesi, anche perché contiene una quantità di proteine troppo elevata rispetto al latte materno e agli effettivi fabbisogni del lattante.

I latti formulati Nidina si distinguono nel mercato di riferimento per il loro basso contenuto proteico, in linea con le normative vigenti. Per il 1° semestre di vita è sempre opportuno utilizzare come riferimento il latte materno, che apporta mediamente 1.2 g/100 ml di proteine. Per il 2° semestre invece, il Food and Nutrition Board nel 2002/2005 ha raccomandato un apporto giornaliero di 11 g di proteine (molto inferiore rispetto al valore di 15-19 g/die consigliato dai LARN).

Nestlé ricorda che l’allattamento al seno è la forma di nutrimento migliore per il lattante e solo in assenza di latte materno, su indicazione del pediatra, è importante utilizzare latti formulati studiati per offrire il corretto apporto proteico e nutrizionale».

A questo punto, ilfattoalimentare.it ha chiesto un commento alle curatrici italiane dello studio dell’Inran sui baby foods pubblicato sull’International Journal of Food Sciences and Nutrition.

Raffaella Piccinelli, nutrizionista dell’Inran che ha collaborato allo studio europeo Cascade precisa : «Come emerso dalla ricerca, il rischio per i bambini europei di ricevere una quantità di calorie superiore al loro fabbisogno è dovuto a alcune cause riconducibili all’etichetta. E possiamo aggiungere: ai genitori. Cosa dovrebbe essere fatto per evitarlo? Le informazioni riportate in etichetta sono fondamentali per la preparazione di un biberon che fornisca la giusta quantità di energia e nutrienti. Ma non sempre questo succede. Infatti, pur essendo rispettati dai produttori i parametri di composizione nutrizionale dei latti formulati stabiliti dalle normative europee, a volte in etichetta sono riportate indicazioni poco precise che possono essere causa di una non adeguata preparazione del biberon. Come:

– la capienza del misurino: spesso viene riportata una quantità inferiore a quella effettiva. Nello studio, il 70% dei misurini conteneva in media circa 0,3 g di polvere in più rispetto a quello dichiarato in etichetta.

– il numero di misurini giornalieri consigliati. Nei prodotti da noi studiati veniva sistematicamente consigliata una quantità superiore a quella raccomandata dall’Oms: in media, sull’etichetta viene indicata la somministrazione di 28 misurini al giorno per un bimbo di 4 mesi, anche se per il fabbisogno nutrizionale indicato dall’Oms sarebbero sufficienti 24.

– le indicazioni e i consigli per una adeguata preparazione. Basterebbe, per esempio, che i produttori specificassero le modalità di utilizzo del misurino, raccomandando di riempirlo raso, togliendo la polvere in eccesso con la lama di un coltello e non pressando assolutamente la polvere. Un genitore preoccupato di non nutrire abbastanza il proprio figlio – e che crede che la “ciccia” di un bambino sia un modo per misurare la sua “salute” –  tende a riempire il misurino il più possibile pressandolo, pur rispettando il numero di misurini prescritti.

È anche vero che la realtà italiana, dove ogni neonato è seguito da un pediatra, potrebbe essere diversa da quella di altre nazioni europee. I genitori hanno quindi la possibilità di evitare questo surplus energetico seguendo le indicazioni specifiche che il pediatra ha dato loro per il proprio figlio». 

Catherine Leclercq, responsabile scientifico del progetto Cascade, aggiunge: «Ogni occasione è buona per ricordare che la miglior scelta è l’allattamento esclusivo al seno fino ai sei mesi, come raccomandato dall’organizzazione Mondiale della Sanità».

Mariateresa Truncellito

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