Una statua di 2 tonnellate e mezzo, appoggiata sulla sabbia, raffigurante una famiglia felice in spiaggia e pronta a consumare uno spuntino mentre intorno gabbiani vomitano pezzi di plastica. Questa la provocazione lanciata nell’aprile scorso da Greenpeace, che ha piazzato la singolare scultura davanti alla sede di Coca-Cola, a Londra. La campagna era accompagnata anche da un dossier denominato “The case against Coca-Cola. How the world’s biggest soft drinks company is failing to address ocean plastic pollution” (Il caso contro Coca-Cola, come la più grande società di bevande alcoliche al mondo non riesce ad affrontare l’inquinamento da plastiche nell’oceano). Ma l’opera dell’organizzazione ambientalista, denominata “Plasticide”, fatta da sabbia, cemento e rifiuti di plastica derivante da bottiglie, non ha avuto gli effetti sperati e Greenpeace è pertanto tornata alla carica. Con l’intento di sensibilizzare l’opinione pubblica e spingere l’azienda americana a rivedere i propri piani aziendali, Greenpeace ha lanciato una raccolta firme affinché Coca-Cola prenda pubblicamente impegni per ridurre la quantità di plastica monouso prodotta, contribuendo sensibilmente all’inquinamento dei nostri oceani.

Ma partiamo da qualche dato. Coca-Cola è una società operante in oltre 200 Paesi con un mercato stimato da oltre 178 miliardi di dollari, 500 brand e più di 3.500 prodotti differenti. La multinazionale distribuisce quotidianamente nel mondo 1.9 miliardi di bevande e si stima produca ogni anno tra 100 e 130 miliardi di bottiglie di plastica. Greenpeace, nel presentare questi dati, tiene subito a precisare che si tratta di calcoli: Coca-Cola, infatti, mette a disposizione informazioni molto limitate ed è l’unica azienda che non ha voluto rendere pubblico il volume di plastica immessa annualmente sul mercato. Mentre l’azienda sostiene che si tratta di un’“informazione commercialmente riservata”, Greenpeace solleva, tra le tante accuse, anche quella di mancata trasparenza verso i consumatori.

Greenpeace stima che Coca-Cola produca tra 100 e 130 miliardi di bottiglie di plastica monouso

L’accusa più grande da parte dell’organizzazione, però, è la mancanza di una politica per la riduzione dell’impiego di plastica per i propri imballaggi. Le bottiglie monouso costituiscono quasi il 60% di tutti gli imballaggi delle bevande che Coca-Cola vende nel mondo ed è innegabile che miliardi di bottiglie di plastica non riescano ad essere recuperate finendo nell’ambiente, sulle spiagge, nelle discariche, negli oceani. Il loro utilizzo da parte della multinazionale sta anzi aumentando a discapito di quelle riutilizzabili: le bottiglie di plastica monouso costituiscono il 12% in più del totale rispetto a un decennio fa, mentre la percentuale di contenitori riusabili è scesa da poco meno di un terzo a solo un quarto. Secondo Greenpeace: “Coca-Cola racconta ai suoi clienti di essere responsabile nei confronti del riciclo, ma il gigante delle bevande analcoliche non ha raggiunto nemmeno la metà del suo target fissato per il 2015 che prevedeva di utilizzare per il 25% delle bottiglie di plastica “fonti riciclate o rinnovabili”. Attualmente l’azienda usa un misero 7% di plastica riciclata nei propri prodotti ma è bene precisare che il passaggio a bottiglie completamente realizzate in plastica riciclata è tecnicamente attuabile come dimostrano diversi casi già sul mercato.”

E ancora, l’organizzazione ambientalista accusa il gigante delle bevande analcoliche di avere addirittura lottato contro misure politiche che avrebbero potuto aumentare il riutilizzo e il riciclaggio. Il grande potere economico e l’influenza sul mercato metterebbero Coca-Cola in una posizione dominante anche nelle fasi decisionali da parte dei Governi: lo dimostrerebbero l’opposizione alla politica di DRS (Deposit return scheme), ovvero del vuoto a rendere su cauzione, che prossimamente verrà avviato anche in Italia. Un sistema che sta avendo grande successo in Germania, Norvegia ed Olanda con oltre il 95% dei resi raccolti e che, secondo l’organizzazione, in alcuni Paesi come l’Inghilterra non è ancora stato avviato proprio a causa della multinazionale americana.

Greenpaece accusa Coca-Cola di aver ostacolato politiche per aumentare il riuso delle bottiglie, come il vuoto a rendere, per favorire la plastica monouso

Cosa chiede quindi Greenpeace con questo dossier? Un’azione concreta da parte di Coca-Cola per incentivare il sistema dell’economia circolare secondo i tre concetti fondamentali, ovvero riduzione, riuso e riciclo della plastica, e una definizione esatta dei target aziendali per il raggiungimento degli obbiettivi, tempi certi e tappe stabilite. Tra la crescente preoccupazione per l’inquinamento marino e l’aumento delle prove secondo cui la plastica è già entrata nella catena alimentare dei pesci e degli esseri umani, nel luglio i partner europei di Coca-Cola hanno annunciato che, entro il 2020, aumenteranno la quantità di plastica riciclata nelle bottiglie fino al 50%. Ma chissà se in quella data i nostri oceani avranno ancora abbastanza stomaco per digerire tutta la plastica che quotidianamente viene riversata.

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bischia
bischia
21 Ottobre 2017 21:17

Due anni fa compravo la coca cola in cassetta da 24 bottiglie piccole in vetro ed erano vuoto a rendere, dopodiché sono diventate a perdere.La verita’ e’ che la coca cola guarda solo al profitto e non si interessa dell’ecologia d

ezio
ezio
22 Ottobre 2017 12:07

E’ sempre la somma che fa l’enorme totale! Di plastica siamo ormai fatti, costruiti e circondati.
Il larghissimo impiego ha prodotto enormi vantaggi e per primo quello economico per i consumi di massa.
Ma i danni? Sotto lo zerbino.
Quando si ragiona solo in termini di economia di mercato, si fanno calcoli che non oltrepassano il classico palmo dal naso.
La vera economia di mercato si fa ragionando sul lungo e lunghissimo periodo, con i ritorni e la quadratura di tutti i cerchi coinvolti.
Le maggiori responsabilità però sono a carico delle agenzie scientifiche e sanitarie che orientano le decisioni governative mondiali e nazionali.
Le aziende e le multinazionali, al di là dei proclami e delle apparenti campagne pubblicitarie, singolarmente non sono in grado di prendere questo tipo di decisioni.