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L’esposizione dei consumatori a furano e metilfurani nei prodotti alimentari potrebbe causare danni a lungo termine al fegato. Il gruppo di persone più esposte è quello dei bambini piccoli, principalmente tramite il consumo di alimenti pronti in scatola o in vasetto. L’esposizione di altre fasce della popolazione è legata soprattutto al consumo di caffè e alimenti a base di cereali, e varia a seconda dell’età e delle abitudini. Lo afferma l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa), che ha effettuato questa valutazione dopo aver eseguito un monitoraggio dei livelli di furano negli alimenti e aver giudicato l’esposizione dei consumatori.

Il furano e i relativi composti 2 e 3-metilfurani sono contaminanti chimici che si formano naturalmente durante il trattamento termico degli alimenti, compresa la cottura. I furani si formano a partire da una molteplicità di sostanze naturalmente presenti negli alimenti, come la vitamina C, i carboidrati, gli amminoacidi, gli acidi grassi insaturi e i carotenoidi. Le condizioni di cottura o trasformazione contribuiscono a determinare quanto furano si forma, si perde (principalmente per evaporazione), e quanto ne è presente al momento di consumare i cibi.

Il caffé è la principale fonte di esposizione al furano per la popolazione adulta

L’Efsa indica in quale maniera le modalità di cottura potrebbero ridurre l’esposizione alimentare a questi contaminanti. Ad esempio – spiega Helle Knutsen, presidente del gruppo di esperti scientifici dell’Autorità sui contaminanti nella catena alimentare – “a causa della volatilità del furano, riscaldare i cibi pronti per lattanti e bambini piccoli a bagnomaria senza coperchio può ridurre l’esposizione di circa il 15-30%. Metodi diversi di preparazione del caffè provocano perdite diverse di concentrazioni di furano. Le perdite nel caffè bollito/turco sono 3-4 volte maggiori che nel caffè americano e nell’espresso. Il livello di furano nel pane tostato aumenta a seconda del tempo di tostatura e del grado di rosolatura, anche se il pane tostato contribuisce in maniera limitata all’esposizione complessiva al furano”.

Sulla base di studi su animali l’Efsa ha concluso che “i danni al fegato e il cancro al fegato sono gli effetti più gravi sulla salute” provocati dal furano. In che modo questa molecola possa causare il cancro negli animali “non è ben chiaro”, afferma la dottoressa Knutsen. “Dal momento che il gruppo di esperti non poteva escludere che ciò potrebbe essere dovuto a una diretta interazione con il DNA, non siamo stati in grado di fissare un limite di sicurezza, la cosiddetta dose giornaliera tollerabile. Abbiamo invece calcolato un ‘margine di esposizione’. Analogamente al comitato misto Fao-Oms di esperti sugli additivi alimentari (Jecfa), abbiamo concluso che il livello di esposizione al furano contenuto nei prodotti alimentari è motivo di preoccupazione per la salute umana”.

Il livello di furano nel pane tostato cresce con l’aumentare del tempo di tostatura

Anche se per la maggior parte dei consumatori l’assunzione media di alimenti contenenti furano non dà adito a grosse preoccupazioni per la salute, afferma l’Efsa, l’esposizione dei forti consumatori è invece fino a tre volte superiore a quella che sarebbe considerata di scarsa preoccupazione per la salute pubblica. L’esposizione alimentare risulta più elevata anche se si prende in considerazione il 2 e il 3-metilfurano; per esempio i livelli di 2-metilfurano nel caffè possono essere quattro volte superiori a quelli del furano. L’Efsa dichiara poi che ci sono alcune lacune nelle conoscenze circa la tossicità del furano e dei metilfurani, e sull’esposizione a essi. “Tuttavia, per tener conto di tali incertezze, gli esperti dell’Efsa hanno probabilmente sovrastimato il rischio per la salute più che averlo sottovalutato.”

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Costante
Costante
27 Novembre 2017 13:07

Cerchiamo di non creare un altro ” mostro mediatico”, e impedire , con comportamento attento e responsabile, che si trasformi in una valanga di fake-news e interpretazioni farlocche da audience, tantopiù che finora sembra che l’argomento non abbia interessato la massima parte dei nutrizionisti seri, e lasciamo lavorare gli scienziati e gli enti di riferimento. ed anche i tecnologi. D’altra parte sono tanti anni (decine, a partire dagli anni ’60 del secolo scorso (Peri, Pompei..etc.)) che le istituzioni scientifiche e l’industria alimentare e impiantistica cercano in tutti i modi di minimizzare i trattamenti termici degli alimenti con tecnologie “MILD”, compatibilmente con la sicurezza microbiologica, se non altro per ridurre l’effetto organolettico rispetto alle materie prime di riferimento. Ne ho esperienza diretta su diverse matrici: latte, frutta, ortaggi… a cominciare dai prodotti destinati alla prima infanzia.