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È necessario individuare nuove cultivar di banana resistenti al patogeno

Arriverà il giorno in cui dalle nostre tavole spariranno le banane? Il dubbio sorge legittimo, dopo aver letto  “Bye Bye Bananas”,  un articolo pubblicato dal Washington Post, in cui viene ripresa l’analisi apparsa sulla rivista Plos Pathogens. A preoccupare è la diffusione del Tropical Race 4 (TR4), l’ultima evoluzione del fungo parassita (fusarium oxysporum cubense) responsabile della malattia di Panama, in grado di mettere a repentaglio il 95 per cento della produzione mondiale del popolare frutto. Secondo gli estensori del documento «l’attuale epidemia dovrebbe essere un campanello d’allarme per cambiare strategia». Il riferimento è alla necessità di individuare nuove cultivar di banana resistenti al patogeno.

La specie Cavendish  al momento protagonista del mercato delle banane ha guadagnato posizioni ed  è divenuta leader mondiale dopo gli anni ’50, quando i raccolti della cultivar Gros Michel furono decimati dalla malattia di Panama.  Da quel momento l’ascesa è stata repentina, e ora il 95 per cento della produzione mondiale corrisponde alla monocoltura Cavendish, una specie che fino a mezzo secolo fa veniva coltivata solo in alcuni orti botanici della contea del Derbyshire (Gran Bretagna). In assenza di biodiversità adesso il problema del fungo parassita viene considerato un problema molto serio. Il  fusarium oxysporum cubense attacca le radici e sottrae acqua e nutrimento, poi risale fino ai frutto e provoca l’essicazione della pianta. Al momento – a differenza di quanto accade in caso di infezione con il fungo Mycosphaerella fijiensis, responsabile di un’altra malattia dei banani – non esistono difese efficaci. Partito dall’Indonesia, in pochi decenni il Tropical Race 4 ha “colonizzato” l’Asia meridionale (Malesia, Pakistan, Giordania, Libano) per sbarcare poi  in Australia e in Africa, dove a farne le spese è stato il Mozambico con almeno centomila ettari di coltivazioni colpiti.

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È a rischio il 95 per cento della produzione mondiale di banane

Immune è rimasto soltanto il Centro-Sud America, da cui proviene l’ottanta per cento delle esportazioni: dirette  verso gli Stati Uniti e l’Europa. Per i ricercatori il problema è capire quando il Tropical Race 4 colpirà altri Paesi  visto che la diffusione avviene attraverso materiale vegetale infetto, contatto con strumenti di lavoro, calzature con terreni contaminati o eventuali inondazioni. In prospettiva anche per la Cavendish si prospetta un futuro poco roseo. «Al momento nessuno strumento è in grado di arrestare la progressione del TR4 – afferma Giovanni Vannacci, ordinario all’Università di Pisa e presidente della Società Italiana di Patologia Vegetale (Sipav) -. Il precedente dei banani e l’arrivo della xylella fastidiosa in Puglia dimostrano che la globalizzazione rende quasi impossibile arrestare i patogeni alle frontiere». Un simile scenario comporterebbe danni enormi. Assieme a riso, grano e latte, la banana è uno degli alimenti più consumati nei Paesi in via di sviluppo. Oltre ai consumatori, a pagarne le conseguenze sarebbero i coltivatori locali, che forniscono  la materia prima a multinazionali come: Chiquita, Dole, Del Monte e Fyffies.

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Un’altra epidemia aveva colpito le patate Blight in Irlanda nel XIX secolo

La causa principale dell’epidemia – come già accaduto, oltre che con le banane Gros Michel, con le patate Blight in Irlanda nel diciannovesimo secolo –  è la  scelta di puntare su un’unica specie  redditizia e facile da coltivare. Sono diverse le cultivar di banane disponibili, sul mercato, ma a livello commerciale la Cavendish è la più utilizzata anche in seguito alle migliorie genetiche che ne hanno perfezionato le caratteristiche merceologiche. Diversamente non sarebbe possibile produrre enormi quantità di frutta a basso prezzo e renderla disponibile a tutte le latitudini. Il problema di oggi è come porre un argine alla diffusione del fungo patogeno. Il primo passo da compiere, secondo i ricercatori, è la distruzione degli alberi infetti. «Anche in questo caso – prosegue Vannacci – come per gli ulivi pugliesi, non esiste un’alternativa. La distruzione delle colture è la base di partenza, anche se non sempre è sufficiente. Tutti i patogeni hanno una fase di latenza e questo vuol dire che un banano apparentemente sano, potrebbe incubare la malattia ed essere destinato a seccare nel giro di poche settimane».

È anche necessario conoscere in maniera approfondita l’epidemiologia dell’infezione, per  concentrare gli sforzi in determinate zone. L’unica soluzione valida è di proporre sul mercato nuovecultivar di banane, in grado di soddisfare le esigenze dei consumatori e di resistere al fungo  Purtroppo si tratta di un  processo che richiede importanti investimenti in ricerca e empi medio lunghi. Fino a quando non saranno disponibili nuove specie in grado di approdare sul mercato, occorre supportare i piccoli produttori in qualsiasi modo, gestire la malattia e allungare la durata della vita commerciale delle banane già disponibili».

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Diego
Diego
21 Dicembre 2015 09:43

L’ Ingegneria genetica potrebbe dare una mano in questo caso, anzi già la sta dando.
http://www.hookii.it/banana-biotech/

luigi
luigi
29 Dicembre 2015 11:49

per la xylella fastidiosa, al momento, non sembra che l’eradicazione degli olivi sia il rimedio che trovi il consenso generale, tant’è che al momento le attività di estirpazione sono bloccate.