Vegetables grown under solar photovoltaic panelsSi chiama agrivoltaico ed è un approccio che, combinando l’agricoltura con la produzione di energia solare, promette di dare benefici per il raccolto, lo sfruttamento delle risorse, l’efficienza energetica e, non ultimo, la salute degli agricoltori, oltreché per le loro finanze. A studiarlo sul campo in modo rigoroso sono gli agronomi e gli ingegneri dell’Università dell’Arizona, che hanno raccontato su Nature Sustainability la loro singolarissima esperienza, riferendo anche quanto ottenuto in tre mesi di sperimentazioni.

I ricercatori hanno scelto come terreno di prova la parte esterna della Biosfera 2, una struttura creata negli anni Novanta nel deserto dell’Arizona da Roy Walford per sperimentare condizioni il più possibile simili a quelle di un ipotetico pianeta da colonizzare, e in seguito utilizzata per esperimenti di vario tipo. Lì sono stati montati i pannelli solari, elevati di 3-4 metri rispetto al suolo, in modo da consentire al di sotto la coltivazione di due varietà di peperoncino e una di pomodori ciliegini. La stessa cosa è stata fatta, come controllo, anche nei terreni circostanti,  in pieno campo sotto il sole. 

Tutte le piante sono state monitorate per tre mesi. In particolare, sono stati misurati parametri come  la quantità di luce sotto i pannelli, la temperatura dell’aria e la necessità di acqua, con particolare attenzione ai primi cinque centimetri di suolo. Entrambe le coltivazioni sono state irrigate con la stessa quantità di acqua tutti ogni 1-2 giorni.  I risultati sono andati al di là delle più ottimistiche aspettative. Il sistema agrivoltaico si è rivelato in grado di mantenere la temperatura più bassa e più costante e anche il terreno ha trattenuto il 15% in più di umidità. Tutto ciò ha comportato una  diminuzione della necessità di acqua per le coltivazioni, e la possibilità di raffreddare naturalmente i pannelli che di solito, con il tempo, tendono a surriscaldarsi. Quanto ai raccolti, la resa è stata tripla per un tipo di peperoncino (molto piccante, chiamato Chiltepin) rispetto a quella del campo, doppia per i pomodori e uguale per il secondo tipo di peperoncino (il Jalapeño). In quest’ultimo caso il mancato aumento della resa è stato compensato ampiamente dalla diminuzione della necessità di acqua: -65% rispetto al campo tradizionale.

Inoltre, sotto i pannelli ci sono stati in media 8°C in meno rispetto al campo aperto, e questo potrebbe avere una grande influenza sulla salute dei lavoratori. Negli ultimi anni è aumentato il numero di agricoltori colpiti da infarti e ictus per le elevate temperature: una situazione che sta diventando sempre più frequente a causa del riscaldamento globale.

agrivoltaico biosfera 2 coltivazioni pannelli solari
I ricercatori dell’Università dell’Arizona hanno sperimentato la resa di tre varietà di piante in agricoltaico, cioè coltivate sotto ai pannelli solari

Il sistema agrivoltaico risolve un’altra questione, quella dell’utilizzo della terra, considerando l’aumento dei campi dove non essendo possibile coltivare per l’esaurimento dei terreni e il surriscaldamento climatico, si installano pannelli solari.  Nelle zone ancora sfruttabili a fini agricoli la soluzione dei pannelli diventa interessante.

La soluzione potrebbe risiedere nell’agrivoltaico, che risponde al cosiddetto ‘approccio nexus’, teorizzato per la prima volta nel 2011 da Holger Hoff dell’Istituto per l’ambiente di Stoccolma e oggi considerato il più completo e adatto a rispondere alle sfide che abbiamo davanti. Si tratta di una soluzione che tiene sempre conto dell’interdipendenza tra acqua, energia e cibo per ottenere prodotti sempre più sostenibili e a impatto zero. 

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fabrizio_caiofabricius
fabrizio_caiofabricius
17 Settembre 2019 09:55

L’ultima spallata all’armonia millenaria del Paesaggio italiano.
Una vera, immonda schifezza
Energia sempre più necessaria Per stare a 24°in inverno e 18° in estate.

andrea larini
andrea larini
17 Settembre 2019 13:50

I pannelli fotovoltaici devono stare sui tetti degli edifici, ne abbiamo talmente tanti che produrremmo elettricità in maniera quasi incalcolabile, nn nei campi coltivati, distruggendo ulteriormente i nostri territori ed incrementando a dismisura il consumo di suolo sotto false spoglie avallate da ricercatori che nn hanno la minima idea di come poi funzioni realmente sul campo un’azienda, a partire dai problemi di ristagno di acqua nei mesi più freddi, fino ad arrivare al fatto che sto palo poi nell’effettivo esercizio aziendale possono essere urtati con i conseguenti problemi che ne derivano, fino all’esponenziale incremento dei costi di lavoro dei terreni che una struttura del genere implica, quindi prima di dire che sono solo un beneficio vediamocene bene

agnese codignola
agnese codignola
18 Settembre 2019 11:42

L’esperimento è in corso nel deserto: in situazioni del genere, che saranno purtroppo sempre più frequenti, ottimizzare lo sfruttamento del suolo non credo sia un’idea sbagliata, pur essendoci di sicuro ancora molti problemi. In un futuro molto prossimo dovremo produrre cibo ed energia per 10 miliardi di persone, e dovremo farlo anche nei deserti: meglio prepararci, cercare soluzioni e sperimentarle prima di doverlo fare in emergenza, no?
Inoltre esiste la competizione tra pannelli e ortaggi, e per quanto sia sbagliata, l’esperimento descritto è una delle risposte possibili.
Credo che per modificare i fallimentari modelli alimentari attuali i tentativi che si stanno facendo nel mondo, di diverso tipo, per giungere a un’agricoltura più sostenibile e circolare, vadano sempre osservati con interesse, perché ciascuno di essi potrebbe rivelarsi ottimale in condzioni specifiche, e tutti insieme potrebbero fare la differenza. Bisogna modificare il nostro modo di pensare, e in questo senso il primo passo è informarsi, capire che cosa si sta facendo e cercare di non avere pregiudizi e non pensare sempre che il passato sia l’età dell’oro.

Quanto ai ricercatori, hanno sempre idea di che cosa succeda: è il loro lavoro, a quello dedicano la vita, spesso essendo sottopagati e in condizioni di precariato a vita, e sarebbe bene smetterla di descrivere chi dedica tutto il suo tempo e le sue energie alla scienza e al miglioramento delle situazioni per tutta l’umanità come una specie di casta animata solo da chissà quali interessi, o scollegata dalla realtà: non è così e non fa bene a nessuno questo tipo di rappresentazione.

fabrizio_caiofabricius
fabrizio_caiofabricius
Reply to  agnese codignola
18 Settembre 2019 15:32

i ricercatori agronomi precari e stabilizzati sanno quello che serve per salvaguardare e migliorare l’agricoltura.

Certo non l’ennesima furbizia per aggirare i già fragili argini alla difesa del vergognoso, sterilizzante, irreversibile CONSUMO DI TERRITORIO.

Per il tornaconto di pochi furbetti, milioni di italiani viventi e ancora da nascere hanno perduto in pochi anni e PER SEMPRE MILIONI DI ETTARI (intere regioni) di prezioso TERRENO AGRICOLO, spesso di gran pregio perché fertile e di pianura.

fabrizio_caiofabricius
fabrizio_caiofabricius
18 Settembre 2019 15:55

Dimenticavo
“i fallimentari modelli alimentari attuali” hanno allontanato dal millenario spettro della fame miliardi di persone non solo nel perfido Occidente ,ma anche in India, Cina e America Latina. Il cibo è ormai a poco prezzo per quasi l’intera umanità, tanto che l’obesità è il vero problema perché le carenze ormai sono praticamente rimaste solo in alcune aree africane per motivi politici e di distribuzione, non certo di conoscenze agronomiche.

Ad inizio secolo le aspettative di vita alla nascita erano in Italia di circa 40 anni, oggi, grazie anche a “i fallimentari modelli alimentari attuali” sono oltre 80, semplicemente raddoppiate (fonte ISTAT). E soprattutto in BUONA SALUTE grazie alla varietà disponibile dei nutrienti. Oggi Bellissime signore di 60 anni contro le moribonde 40enni delle foto ingiallite
Specularmente in molti paesi è FORTUNATAMENTE (o no? , Siamo troppi in effetti per tutto ‘sto cibo) accaduta la stessa cosa: ad es. in TURCHIA ancora negli anni’60 l’aspettativa di vita alla nascita era di ca 40 anni, poi, soprattutto, grazie a “i fallimentari modelli alimentari attuali” hanno fatto rapidamente impennare la curva e oggi sono a 75.
Ci vorrebbe la macchina del tempo per chiedere come giudicasse un 40enne italiano nel 1902 o turco nel 1962 i “modelli alimentari attuali” : fallimentari ? mmhhh… malgrado i due diversi credi religiosi, sicuramente
M I R A C O L O S I

fabrizio_caiofabricius
fabrizio_caiofabricius
18 Settembre 2019 17:57

Ecco qualche numero…
Dati Istat 2018 denunciano che nell’arco di una generazione l’Italia ha perso il 28% dei propri campi coltivati a causa della cementificazione (e asfalto) e DEL CONSUMO DI SUOLO che ha ridotto la superficie agricola utilizzabile a circa 12,8 milioni di ettari.

L’Italia è fra i paesi europei con la maggiore incidenza (6,9%) di superfici sepolte sotto asfalto e cemento.

L’espansione delle superfici artificiali rischia di avere pesanti conseguenze, visto che la disponibilità di terra coltivata significa produzione agricola di qualità, sicurezza alimentare e ambientale per i cittadini nei confronti del degrado e del rischio idrogeologico. Un territorio meno ricco e più fragile per il consumo di suolo è più vulnerabile ai cambiamenti climatici, che vedono le precipitazioni sempre più intense e frequenti con vere e proprie bombe d’acqua che il terreno non riesce ad assorbire. Il 91% dei comuni italiani si trova in zone a rischio frane e/o alluvioni. L’Italia avrebbe dovuto più difendere il proprio patrimonio di terre agricole coltivabili e la propria disponibilità di terra fertile con adeguati e prioritari riconoscimenti sociali nei riguardi dell’attività agricola.

fabrizio_caiofabricius
fabrizio_caiofabricius
19 Settembre 2019 10:24

Presentato il Rapporto 2019 SNPA sul consumo di suolo in Italia: situazione sempre più grave. Aumenta lo spreco di suolo soprattutto all’interno delle città italiane e, in particolare, nelle aree urbane ad alta densità: solo nel 2018 abbiamo perso 24 metri quadrati per ogni ettaro di area verde. In totale, quasi la metà della perdita di suolo nazionale dell’ultimo anno si concentra nelle aree urbane, il 15% in quelle centrali e semicentrali, il 32% nelle fasce periferiche e meno dense. La cementificazione avanza senza sosta soprattutto nelle aree già molto compromesse: il valore è 10 volte maggiore rispetto alle zone meno consumate e il fenomeno non procede di pari passo con la crescita demografica.
Il consumo di suolo in città ha un forte legame anche con l’aumento delle temperature: dalla maggiore presenza di superfici artificiali a scapito del verde urbano, infatti, deriva anche un aumento dell’intensità del fenomeno delle isole di calore. La differenza di temperatura estiva delle aree urbane rispetto a quelle rurali raggiunge spesso valori superiori a 2°C nelle città più grandi.
Ma il consumo di suolo – non necessariamente abusivo – cresce anche nelle aree protette (+108 ettari nell’ultimo anno), nelle aree vincolate per la tutela paesaggistica (+1074 ettari), in quelle a pericolosità idraulica media (+673 ettari) e da frana (+350 ettari) e nelle zone a pericolosità sismica (+1803 ettari).
Negli ultimi sei anni l’Italia ha perso superfici che erano in grado di produrre tre milioni di quintali di prodotti agricoli e ventimila quintali di prodotti legnosi, nonché di assicurare lo stoccaggio di due milioni di tonnellate di carbonio e l’infiltrazione di oltre 250 milioni di metri cubi di acqua di pioggia

gianni
gianni
19 Settembre 2019 15:37

In effetti le foto che accompagnano il servizio sono discutibili , capisco e concordo con i paesi che realizzano grandi impianti fotovoltaici nei terreni impossibili da coltivare oppure che realizzano parchi eolici in mare , noi ne avremmo ampia disponibilità , ma ficcare dei pali stretti su terreni fertili non mi convince.
Non so quale sarà il futuro delle coltivazioni agricole , biologica come spero o altre cose , ma spero sarà composta da tantissime attività che occuperanno tantissimo spazio e procureranno giuste retribuzioni a moltissime persone; coerentemente è ora di dire basta alle cementificazioni nuove mentre si lasciano nell’indifferenza amministrativa migliaia di vecchie costruzioni abbandonate, degradate e pericolose.
Anche nella gloriosa e civile Emilia Romagna , alle porte di Bologna dove abito abbiamo innumerevoli esempi di pessima gestione del territorio.

gianni
gianni
19 Settembre 2019 15:53

Comunque preferisco avere vicino a me un pannello solare o una pala eolica piuttosto che una raffineria di petrolio o un impianto nucleare.